zoo de roma
"call me godfather."
[10] "call me godfather."
io sono manu. faticavo a riconoscermi quando lisa mi camminava al fianco. aveva preso lo stronzo vizio di indossare a rotazione tutti i miei calzoni lerci di sborra e vagarci dentro tronfia. per la strada, additava avida le strabordanti fiche che le frusciavano turbinose accanto, sbirciandone bene il culo formoso una volta allontanatesi, poi mi sgomitava violenta le costole proferendo esplicite fantasie sconce sulla malcapitata e insisteva affinchè anche io partecipassi alla discussione. il portafoglio di un tizio le sbucava appena dalla tasca posteriore. io ci infilai svelto la mano dentro, indugiando un pò più del dovuto sulla natica piccola e soda affianco a me. le sottrassi la scura busta di cuoio e ci guardai dentro. il bottino sembrava modesto, così mi sbarazzai guardingo della custodia e mi incassai il malloppo. i documenti d'identità li avevo già stracciati un paio di bidoni addietro, poichè non lasciavamo mai tracce di quello che facevamo. amsterdam non era come roma. i palazzi barricati non assorbivano la pioggia, stagnando puzzolenti, dalle sei alle diciotto la gente preferiva segregarsi in casa a scopare e i marciapiedi non sdrucciolavano terribilmente come piste da pattinaggio. sciotto marciva in prigione. dovevamo sparire ancora per poco. appollaiato sulla tazza del cesso, sfogliavo un giornale. non lo capivo il polacco. lisa schizzava acqua dappertutto, poi usciva dalla doccia nuda e non faceva caso a me. strizzandosi in un asciugamano, si dirigeva gocciolante in camera mia recuperando un paio di indumenti. io mi sollevavo pigro dalla tazza, strisciando un rotolo di carta igenica sul culo, e tiravo lo sciacquone. rammentavo tristemente l'ultimo giorno trascorso nella capitale italiana. appena varcato l'ingresso del penitenziario, il profilo affilato e smunto di sciotto sporgeva tagliente tra le sbarre mentre le cavità vuote delle guance sfregavano contro il freddo metallo. le chiavi sferragliarono e mi ritrovai ad osservare il suo naso gocciolante a meno di un centimetro di distanza dal mio. passai cupamente le braccia attorno al suo ossuto busto, nella farsa di un abbraccio, mentre le mani le imboscavo in tasche segrete cucite appositamente negli abiti. un paio di panetti riuscii a farceli scivolare tacitamente dentro. "buona giornata" mi fece l'agente all'uscita. lisa e g presero a montarsi a vicenda nella mia stanza. troppo pigro per interessarmene, mi riappollaiai sulla tazza e forse dormire.