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zoo de roma

By: heidiesse
folder Italian › Originals
Rating: Adult +
Chapters: 10
Views: 888
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Disclaimer: This is a work of fiction. Any resemblance of characters to person(s) living or dead, is purely coincidental. The author holds exclusive rights to the work.
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"vogliamo tutto senza darvi un cazzo."


[9] "vogliamo tutto senza darvi un cazzo."

“lo senti il bambino?” mi acchiappò bruscamente la testa, portandosela all’altezza del ventre. sotto il mio timpano leso, budella guizzanti, a sprazzi, si facevano largo tra brontolii furiosi di stomaci asciutti. “non c’è nessun bambino, lisa”. la sua faccia indispettita mi voltava aspramente le spalle, rivolgendo il medesimo, assurdo, quesito al micio randagio. l’emaciato corpo piegato, in una posa quanto più eccitante, per accorciare le distanze col felino spelacchiato. fanali infuocati, di decappottabili volkswagen, bruciavano l’asfalto raschiandolo con gomme chiodate, appesantite dagli ampi fondoschiena moldavi, che si accomodavano, a pagamento, sui viscidi sedili lustrati in cuoio. “usted tiene las drogas?” farfugliò una, con il rossetto squagliato dallo sperma e le mani aggrappate ai miei boxer cascanti. un paio di minuti dopo, già mi prendeva a borsate in muso, dandomi del maiale.



° ° °



imprigionati, tra le serrate mascelle convulse, muti gargarismi, al sapore di decotto alla marijuana. orifizi estranei, che mi si aggiravano, ansimanti, lungo il lambito corpo cinico, quando l’unica cosa che avvertivo erano le minuscole dita gelide, dei ruvidi piedi nudi, tra i quali svuotavo. “stai a sborà” un’altra insipida pastiglia, ingollata per noia, che l’azzittì inesorabile. le ossigenate bionde, attorcigliate sotto le coperte, si intrattenevano, giocando all’empirico chirurgo, con la mia salma spoglia. adocchiai la mezzanotte e mezza, riportata in cifre cubitali, rosso sangue, sullo schermo elettronico del mio orologio da polso, brillare, ad intermittenza, lungo la sconnessa superficie riverberante, incastonata al muro. imbruttito, dalle travolgenti scene acrobatiche, che la mia smunta sagoma, grottescamente accartocciata attorno a quelle, esageratamente formose, di sconosciute prive di volto, compiva, durante l’amplesso, fissavo lo specchio, imbambolato. una fluida chioma scossa, a solleticarmi, fastidiosamente, la schiena, mentre l’umido foro anale di qualcuno combaciava perfettamente all’inguine. partecipai all’azione, addentando capezzoli deformi e polposi, alla rinfusa, marchiandomi di animaleschi graffi su di una guancia e morbide carezze sull’altra. sottili polveri bianche sturavano i nostri nasi ghiotti, laddove, le mie lucide mani sudate, castigavano, spietate, i loro sederi arrossati, oppure, si allacciavano, ossessive, attorno a quegli interminabili colli fluenti, nella folle parodia di uno strangolamento.



° ° °



li contavo, sempre, con estremo compiacimento, come durante la commemorazione di un diabolico rito, prima di prendere sonno, i vorticosi tocchetti di cibo annacquato, galleggiare, inviolati, nella sudicia tazza del water, mezzi sciolti dai succhi gastrici di chi, quella sera, non aveva retto la botta. “scalcia” nuovamente, lisa che, persino durante una rozza depilazione ai polpacci, per mezzo di un’arrugginita lametta usurata, riusciva a farmelo drizzare. mani sulla pelle, mentre i miei arti sozzi, di pulsioni carnali, valicavano, fiacchi, quel lucido colle rigonfio di eccessi, continuando, incorreggibilmente, a captarne, solamente, le indomabili budella imbizzarrite dall’epatite.

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