Alexandros-degno di Alessandro
folder
Italian › Movies
Rating:
Adult ++
Chapters:
1
Views:
1,355
Reviews:
0
Recommended:
0
Currently Reading:
0
Category:
Italian › Movies
Rating:
Adult ++
Chapters:
1
Views:
1,355
Reviews:
0
Recommended:
0
Currently Reading:
0
Disclaimer:
I do not own the movie(s) this fanfiction is written for, nor any of the characters from it. I do not make any money from the writing of this story.
Alexandros-degno di Alessandro
L’esercito era schierato, un’immensa distesa di uomini in armature lucenti; una foresta di sarisse, e davanti a tutti lui, un generale tra i suoi uomini, un Dio tra gli dei.
Di lui si raccontano molte storie, non tutte vere e non tutte false. Si dice che sua madre sia una strega, una principessa dell’Epiro ancora dedita alla barbarie dei culti dionisiaci, quegli stessi culti estirpati dal suolo greco da centinaia di anni. Una donna che ama i serpenti più del suo sposo e che si racconta abbia concepito quel figlio non con Filippo II di Macedonia ma con il Dio a cui è fedele, se non addirittura con Zeus stesso.
Qualunque sia la verità sulle sue origini non è dato conoscerla, tutto quello che è possibile sapere è che questo giovane uomo è caro agli Dei, e che le sue vittorie superano di gran lunga la sua giovane età.
Il cavallo nero su cui avrebbe guidato l’attacco era irrequieto, fremente per l’attesa e come il suo cavaliere sembrava impaziente di scattare al galoppo, caricando sull’esercito che li fronteggiava, l’ultimo baluardo delle difese di Tebe, la più grande e splendente città di tutta la Tessaglia. Il re di quelle terre insieme ai figli era a capo delle difese.
“Credete che potremmo avere qualche speranza?”
Il sovrano, un uomo dai grandi occhi neri guardò il generale che aveva parlato.
“Solo se lui fa un errore, ma da quello che ho sentito dire solo l’esercito persiano potrebbe rappresentare per lui una minaccia…”
Sapeva che entro l’alba tutto sarebbe finito e fu allora che il suo pensiero corse alla reggia dove aveva lasciato la sposa insieme alla figlia maggiore e una preghiera corse rapida agli Dei, che almeno la sua retroguardia potesse sfuggire al massacro e galoppare fino a casa dove le donne della sua famiglia avrebbero potuto decidere da sole in che modo concludere le proprie vite, senza che l’offesa e l’umiliazione le ricoprissero.
“Tutta la famiglia reale è presente?”
La voce del Re aveva scosso gli uomini dalla stasi che precede la battaglia.
“Il re e due dei suoi figli, Cratilo, l’erede al trono ed il principe Efestione, il figlio più piccolo!”
Il suono di quel nome accese lo sguardo del Macedone, da quando infatti aveva deciso di portare il suo esercito sul suolo Tessalo le storie sulla bellezza del figlio minore del re erano giunte alle sue orecchie sempre più insistenti, e da sempre lui era stato un uomo curioso.
Fece scorrere gli occhi sull’esercito che li fronteggiava e non ci mise molto a riconoscere i tre uomini di cui Clito, uno dei suoi comandanti aveva appena parlato.
Il mantello rosso del re e dei principi spiccava il contrasto con il bianco delle tuniche di tutti gli altri e il bronzo delle armature.
“Clito, porta l’ala destra dell’esercito sulla strada per la reggia di Tebe, che cavalchino veloci come il vento… al mio arrivo voglio che il massacro sia concluso!”
“Come tu desideri mio re!”
La nuvola che si alzò avvertì il re che i suoi calcoli erano sbagliati. Si era aspettato di sostenere la carica dell’intero esercito macedone, ma evidentemente il suo avversario era di un'altra opinione.
Vide una parte della cavalleria muoversi veloce tra terre che erano state ben studiate e seppe che per la sua città e la sua sposa non ci sarebbe stata pietà.
“Massacrate il re e il suo erede, ma che nessuno osi toccare il principe Efestione… né durante la battaglia né dopo…”
Le parole erano state chiare alle orecchie di tutti, e nessuno avrebbe disubbidito a quell’ordine, nessuno che tenesse alla vita almeno.
Il re combatté con la morte nel cuore, mentre i suoi uomini venivano infilzati dalle sarisse nemiche e la falange oplita sbaragliava il muro che il suo esercito cercava invano di formare.
Mai nei suoi lunghi anni di guerre aveva visto uomini combattere in quel modo. Aveva sentito delle modifiche apportate da Filippo al modo di combattere greco, ma non sapeva che il figlio avesse migliorato ulteriormente la fanteria.
Mentre il massacro si consumava davanti ai suoi occhi vide Cratilo, il suo erede cadere nella polvere e nel sangue, colpito a morte dalla spada del re nemico.
Tutto in quel momento fu perduto nel cuore del re. Il figlio che avrebbe dovuto prendere il suo posto aveva raggiunto il mondo dei morti prima di lui. Si augurò che quella fosse anche la sorte di Efestione, la cui voce aveva riempito e allietato le sale del suo palazzo e la cui bellezza faceva invidia agli dei stessi.
Pregò affinché le lame dei macedoni ferissero il petto del suo giovane figlio, procurandogli una morte veloce, altrimenti tremava al pensiero di che cosa quelle bestie venute dalle montagne avrebbero potuto fare a quella creatura.
L’immenso cavallo nero del re macedone stava caricando contro di lui; l’uomo passò accanto al principe Efestione e il re vide che lo superava invece di colpirlo come sarebbe stato logico fare.
Vide l’elsa della spada del suo nemico colpire la nuca esposta del giovane, vide i suoi occhi seguire la caduta del ragazzo e poi lo vide su di sé.
Cercò di parare i colpi, ma sembravano vibrati dalle braccia possenti di Briareo non da un ragazzo appena ventenne.
Sentì il suo sangue scorrere dalle numerose ferite che il suo corpo stava sopportando, e prima che le forze lo abbandonassero del tutto dette voce alla sua ultima preghiera, ma non implorò per avere salva la vita. Era un re, un uomo d’onore, e questo non avrebbe mai potuto farlo.
“Uccidi mio figlio… non permettere che i tuoi uomini…”
Il suo stesso sangue gli bloccò le parole in gola, invadendo la bocca del re con il suo sapore ferroso.
“I miei uomini non lo toccheranno… ma non ucciderò una simile bellezza!”
Il re di Tebe morì con la consapevolezza di quale sarebbe stato da quel momento il destino del figlio.
Efestione, nato dalle sue nozze con una nobile di Tracia, nato in seno alla famiglia reale di Tebe, principe e uomo libero, sarebbe diventato lo schiavo di Alessandro, signore di Macedonia.
Quando anche gli ultimi fuochi della battaglia furono spenti Alessandro smontò da cavallo, e lentamente si avvicinò al luogo dove giaceva il cadavere del re e poco distante, ancora svenuto c’era lui, il ragazzo cantato come uno dei più belli che mai la terra avesse conosciuto.
Si inginocchiò accanto al corpo e lentamente rimosse l’elmo.
Una cascata di capelli castani, morbidi al tatto come la più raffinata delle stoffe, nonostante il sangue apparve agli occhi del re, ad incorniciare un volto delicato e bellissimo.
Dunque era quello Efestione… decisamente i racconti sulla sua bellezza non gli rendevano giustizia.
Lo prese tra le braccia, sollevandolo dalla polvere e con il suo fardello camminò nuovamente verso Bucefalo, che lo attendeva immobile; tutti poterono vedere il re e il principe nemico che teneva in braccio, e tutti seppero che quella era proprietà di Alessandro, per loro ci sarebbero stati l’oro di Tebe e le donne e i ragazzi che ancora erano in vita, ma non il sangue della famiglia reale ormai estinta.
Alessandro cavalcò velocemente verso la reggia, con coloro in grado di seguirlo, per i feriti era stato invece allestito un campo vicino al luogo in cui si era combattuto e già i chirurghi erano a lavoro.
Una volta che il palazzo apparve ai suoi occhi poté constatare che i suoi ordini erano stati rispettati. I sopravvissuti aspettavano nella grande sala interna del palazzo che il nuovo signore di quelle terre decidesse della loro condizione.
“Mio signore, la regina e la principessa sono morte… i miei uomini hanno trovato i loro cadaveri una volta che sono riusciti ad entrare…”
“Sapevo che era una possibilità concreta Clito… non temere il mio rimprovero, e poi non avrei saputo che cosa farmene delle due donne di cui stai parlando. Nemiche troppo temibili per essere lasciate in vita!”
Clito osservava ciò che Alessandro stringeva ancora mentre il suo signore parlava.
“Il principe Efestione, tutto ciò che rimane della dinastia regnante… tutto ciò che rimane del sangue di Edipo che regnò in passato su questa città!”
“Il tuo schiavo mio signore?”
Il re annuì, muovendo la lunga chioma bionda, così innaturale per un macedone.
“Se posso permettermi mio signore, credo che sarebbe meglio se lo portassi nella camera da letto reale… da quello che ho potuto vedere non ci sono oggetti con cui il principe potrebbe cercare di togliersi la vita, e soprattutto è piena di oli e unguenti che potrebbero esservi utili!”
I due uomini si scambiarono un sorriso di intesa mentre il Re si muoveva per quei corridoi sconosciuti, guidato da un vecchio servo con le lacrime agli occhi.
Una volta arrivato nella stanza indicatagli depose il suo fardello sul grande letto e chiamò i suoi schiavi, affinché preparassero il bagno per il ragazzo e il suo medico personale perché gli dicesse in che condizioni erano le ferite che il ragazzo aveva riportato.
Una volta che le ferite del ragazzo furono medicate Alessandro lasciò la stanza; due uomini di guardia avrebbero impedito a chiunque di entrare ma soprattutto di uscire.
Efestione aprì gli occhi lentamente, la testa pesante e la vista offuscata.
Cercò di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava e allora riconobbe la stanza da letto dei suoi genitori e si chiese per quale motivo fosse lì. L’ultima cosa che ricordava era un grande cavallo nero che gli galoppava contro, poi c’era stato il buio.
Solo allora si accorse della presenza delle guardie e improvvisamente ebbe paura di comprendere la sua nuova posizione.
Vagò freneticamente con lo sguardo in cerca di una via di fuga, di qualunque tipo, ma non c’era niente nella stanza che avrebbe potuto permettergli di salvarsi.
Con la coda dell’occhio vide il sorriso beffardo che si era disegnato sui volti dei suoi carcerieri.
Un servo uscì allora dalla sala da bagno, un uomo che non aveva mai visto ma che non poteva essere libero, visto il collare che adornava il suo collo.
Lo sconosciuto si avvicinò al letto osservando il giovane per alcuni istanti.
“Il bagno è pronto, se volete seguirmi sarò felice di potermi prendere cura di voi!”
L’accento lo indicava chiaramente come un abitante dell’Illiria, dove era ancora in uso il dialetto dorico.
Il giovane principe non voleva muoversi, ma la prospettiva di togliersi di dosso la polvere e il sangue era troppo allentante per essere a lungo rifiutata.
Ubbidì lentamente e seguì l’uomo nella sala da bagno, mentre le guardie rimanevano ferme al loro posto.
Neppure in bagno trovò qualcosa che potesse essere usato per liberarsi.
Si immerse nella grande vasca, dopo essersi liberato della tunica sporca di fango e sangue. Improvvisamente i suoi muscoli, tesi, cominciarono a rilassarsi, mentre abili mani facevano cadere l’acqua profumata sui suoi lunghi capelli massaggiandoli e liberandoli dal sangue che li aveva incrostati.
Quel rituale durò a lungo mentre Efestione cercava di trattenere le lacrime che spingevano per uscire dai suoi occhi.
Troppi ricordi erano legati a quella reggia, ricordi di un tempo felice in cui vi aveva abitato in pace con le persone che amava.
Aveva visto suo fratello maggiore morire quella mattina, e poteva immaginare che la stessa sorte fosse toccata anche al padre; non volle pensare a quello che poteva essere successo a sua madre e a sua sorella.
La sua famiglia era stata cancellata, la sua vita distrutta, e tutto ad opera di un uomo dalla carnagione dorata e i capelli biondi, un uomo che in un’altra occasione non avrebbe esitato a definire bello, ma di cui in quel momento non poteva che avere terrore e per cui non poteva provare che odio e ribrezzo.
Fu riportato nella camera da letto e vestito con una lunga veste bianca che qualcuno aveva appoggiato sul letto.
Il servo gli pettinò a lungo i capelli una volta che furono asciutti, e li lasciò morbidi e sciolti sulle spalle del ragazzo.
Quando anche quella incombenza fu portata a termine lasciò la stanza senza dire una parola.
Il sole era tramontato da molte ore quando finalmente Alessandro fu in grado di lasciare la sala centrale della reggia, dove aveva deciso a chi alcuni tra le donne e i ragazzi presenti dovessero andare degli uomini che avevano combattuto per lui, e chi invece dovesse semplicemente essere venduto come schiavo.
Anche una parte del tesoro della città era stato diviso tra i generali e i comandanti, il resto sarebbe stato inviato ai capireparto affinché venisse diviso tra i soldati semplici.
Entrò nella grande stanza silenziosamente e le guardie dopo essersi inchinate al suo passaggio lasciarono il loro posto chiudendo la porta che prontamente fu fermata da Alessandro.
Il principe non si era accorto di niente, a lungo aveva cercato di combattere la spossatezza per accogliere il suo nemico, ma alla fine la stanchezza e la disperazione avevano avuto la meglio sul suo giovane corpo.
Alessandro si prese il suo tempo per osservare veramente la creatura che aveva reclamato come propria.
I lunghi capelli, pettinati e puliti erano sparsi sul cuscino, il volto pallido, ma rilassato nel sonno, avrebbe fatto invidia ad un Dio, mentre il suo corpo, rivestito dalla stoffa chiara e trasparente era quanto di più bello Alessandro avesse mai visto.
Si domandò quanti avessero avuto la fortuna di vederlo in quello stato, se c’erano stati amanti nella giovane vita del suo schiavo e si scoprì geloso di questa possibilità non poi così remota, in fin dei conti chi avrebbe potuto resistere a tanta bellezza?
Sfiorò il suo volto con un dito e si meravigliò di quanto liscia e morbida fosse la sua pelle, al cui confronto la seta d’oriente appariva ruvida e sgradevole.
Si soffermò a lungo sulle labbra rosse, morbide e carnose e fu curioso di scoprire che sapore avessero.
Scese velocemente, fino alle lunghe gambe del ragazzo; le accarezzò nonostante la stoffa, stringendo possessivamente la carne delle cosce mentre la sua mano si era introdotta oltre il lino, sollevando la veste in maniera oscena.
Gli occhi blu cobalto di Efestione si aprirono di colpo, ogni traccia di sonno cancellata dalla paura di quel tocco.
Non conosceva la dolcezza delle carezze di un amante, ma sapeva che cosa poteva accadere tra due uomini.
Cercò di sottrarsi a quella carezza non desiderata, scattò come un animale braccato, ma il suo cacciatore era esperto e si aspettava una reazione del genere.
Lo bloccò senza sforzo imprigionandolo su quel letto che aveva visto sua madre concepire tre figli, tre principi di cui non sarebbe rimasta memoria alcuna.
“Non temermi Efestione, non sono qui per farti del male!”
La voce di Alessandro era calda e gradevole, non gutturale e aspra come invece si sarebbe aspettato da un uomo delle montagne.
Efestione cercò di raccogliere tutto il coraggio che ancora aveva, Alessandro era più forte di lui e avrebbe potuto fargli tutto ciò che la sua mente gli avesse suggerito, questo non voleva certo dire che avrebbe mostrato debolezza o implorato quella bestia.
“No? E per cosa sei qui allora nobile Alessandro? Perché non te ne sei tornato a Pella dopo la vittoria? Dopo la distruzione di una città che aveva resistito a secoli di guerre, che era stata la più fedele e utile alleata di Atene? Patria di poeti ed eroi del passato che mai le tue terre potranno sperare di ospitare?”
“Dovevo distruggere Tebe, proprio per lanciare un messaggio ad Atene. Io posso unificare la Grecia contro Dario e la Persia, ma per fare ciò devo essere certo che durante la mia assenza le città non si rivoltino contro di me. Ho dovuto dimostrare che cosa sono capace di fare, ho dovuto far vedere ad Atene a che cosa va incontro se osa ribellarsi a me!”
“Non ti ho chiesto per quale motivo hai distrutto Tebe, non mi interessano le tue scuse Barbaro, come in realtà non mi interessa sentire la risposta alla mia domanda; sarebbero solo altre menzogne che probabilmente ti sei già raccontato centinaia di volte!”
Alessandro guardava quel ragazzo affascinato, non aveva creduto di trovare tanto carattere in una simile creatura all’apparenza delicata ed indifesa, e questo rendeva il tutto ancora più interessante, eccitante, potersi confrontare con qualcuno che avrebbe lottato e che non si sarebbe piegato ai suoi desideri solo perché era il Re.
Si era aspettato un principe pronto a diventare schiavo come se da sempre fosse stata quella la sua vera natura, e invece trovava un ragazzo che in quelle ore era diventato uomo.
Efestione si stava ancora domandando da dove fossero uscite le sue parole e perché Alessandro non lo avesse ancora colpito per la sua insolenza; stava pensando a tutto quello che sarebbe potuto succedere, ma nessuno dei suoi pensieri si era avvicinato alla realtà.
Alessandro afferrò il ragazzo per la vita, sollevandolo dal letto, incurante delle sue lunghe gambe che cercavano di scalciare come un puledro non ancora domato.
Uno strano suono, come quello di una risata vera, non di scherno uscì dalle labbra del macedone.
Se lo caricò su una spalla, come chiunque altro avrebbe fatto con un tappeto e della stoffa e si avvicinò ad una sala laterale, quella in cui i suoi genitori erano soliti cenare insieme, in intimità.
“Lasciami…lasciami immediatamente!”
“Per gli inferi ragazzo sei più rumoroso di uno stormo di corvi…ma decisamente più piacevole da avere tra le braccia!”
Lo depose su una poltrona imbottita che aveva fatto sistemare davanti alla tavola apparecchiata.
Efestione guardava il piatto che aveva davanti, riempito di verdure e carne e la coppa di vino che lo accompagnava ed improvvisamente si rese conto di essere affamato.
“Mangia Efestione, so che cosa vuol dire partecipare ad una battaglia, e so che a volte lo si fa a stomaco vuoto…”
Lo sguardo del principe andava dal cibo al volto del re macedone senza riuscire a prendere una decisione chiara.
“Il cibo non è drogato o avvelenato, se questo è ciò che ti preoccupa…”
“Sarebbe sciocco da parte tua avvelenarmi senza prima esserti preso quello che ti spetta di diritto… sono il tuo schiavo, hai potere di vita e di morte su di me, ma se avessi semplicemente voluto uccidermi non mi avresti vestito di lino bianco, come una vergine sacrificale portata davanti al suo uccisore.”
Alessandro era sempre più colpito da quel ragazzo, anche se sapeva che molte delle sue parole erano scudi dietro cui nascondere la paura non poteva fare a meno di vedere una fiamma bruciare dietro quegli occhi che parevano aver rubato il colore alle gemme più preziose in quel momento, mentre le sue emozioni li scurivano.
“E’ questo che sei?”
Prese distrattamente un pezzo di carne dal proprio piatto e la portò alle labbra.
“Una vergine sacrificale? Non potresti essere semplicemente una sposa condotta al talamo?”
Bevve dalla coppa mentre aspettava una risposta.
“Una sposa Alessandro avrebbe avuto facoltà di parola nella scelta del compagno con cui giacere, una vittima sacrificale non sceglie il pugnale con cui il suo sangue sarà fatto scorrere…”
Il re sorrise pensando se il ragazzo si fosse reso conto di come potevano essere interpretate le sue parole o se avesse parlato innocentemente.
“Tu eri un principe Efestione, dovresti sapere che tutti gli appartenenti alle famiglie reali non scelgono la donna che diverrà loro sposa, sono costretti a contrarre matrimoni organizzati per le alleanze, matrimoni che abbiano peso politico!”
Alessandro si era dimostrato meno crudele di quanto Efestione di fosse aspettato; almeno fino a quel momento non si era comportato come la bestia che invece il giovane si era aspettato entrasse nella stanza per reclamare la sua proprietà, ma aveva ugualmente messo in chiaro la sua posizione usando il tempo passato per definire la sua carica.
Era stato un principe, ora era solo un giocattolo tra le mani di colui che sicuramente avrebbe piegato l’aristocrazia greca, ormai vecchia e debole, abituata a guardarsi alle spalle per vivere della gloria passata ma totalmente corrotta e inutile nel presene.
“Non hai risposto alla mia domanda comunque… sei una vergine sacrificale? Sei vergine?”
Il ragazzo arrossì di colpo. Non si era aspettato una simile domanda, non apertamente e si chiese perché a quell’uomo interessasse sapere se era vergine o meno, qualunque fosse stata la sua risposta non avrebbe cambiato la sua posizione.
Per un istante prese in considerazione la possibilità di poter mentire, ma non sarebbe servito a niente, alla fine la verità sarebbe emersa comunque.
Prese un sorso vino dalla sua coppa prima di rispondere, sperando che il succo dell’uva schiacciata cancellasse o coprisse il motivo del rossore che aveva sentito bruciargli il volto.
Si forzò a buttare giù quello che aveva in bocca. Vino puro, forte e scuro. Non era abituato a quel tipo di bevanda, era solito diluire il vino di Corinto, più leggero con acqua o unirlo al miele.
Alessandro attendeva una risposta, osservando quel volto e la miriade di emozioni che la sua domanda aveva risvegliato. Stava cercando di capire se potesse essere vero che Efestione non conoscesse uomo.
“Si… sono vergine signore dei macedoni!”
Il re lo guardò attentamente, cercando di scorgere la menzogna in quelle iridi profonde.
Voleva disperatamente credere che quella fosse la verità, la sola idea di poter privare quella creatura della verginità, di poterla legare a sé come Achille aveva fatto con Patroclo era esaltante e aveva risvegliato la sua virilità, ma come poteva essere? Quali folli avevano abitato la reggia di Tebe se quel ragazzo non era mai stato toccato? E poi, lo aveva visto prendere parte all’ultima battaglia della città, non era possibile che una simile bellezza fosse passata inosservata tra uomini abituati a troppa solitudine?
Efestione aveva svuotato la coppa, quasi senza prendere fiato, tutto solo per cercare di non guardare gli occhi e il viso del macedone, tutto per non vedere lo scherno su quelle labbra e per cercare di cancellare l’imbarazzo che l’ammissione appena fatta aveva risvegliato in lui.
“Quanti anni hai Efestione?”
“Sedici!”
“Sedici anni e pretendi che io creda che sei ancora vergine? Non mentirmi Efestione, non prenderti gioco di me e della mia pazienza, potresti scoprire che è facile arrivare al limite di essa!”
non poteva sopportare che un suo schiavo gli mentisse spudoratamente, pretendendo anche di essere creduto.
“Io non ti sto mentendo, non ho mai conosciuto uomo, o donna, mia madre mi ha tenuto accanto a sé dalla nascita, pretendendo da mio padre il giuramento che mai nessuno dei comandanti dell’esercito e degli amici del re mi avrebbe reclamato come amante!”
“E perché mai tua madre avrebbe fatto una cosa del genere? Non aveva visto la tua bellezza?”
“Lo ha fatto per difendermi da uomini che avrebbero visto solo il mio aspetto fisico. Mia madre conosceva il mio spirito, sapeva che mai mi sarei unito ad un uomo per cui non provavo niente se non ribrezzo solo perché era ciò che le tradizioni richiedevano e se ci fosse stato un altro figlio maschio, per assicurare la discendenza anche se mio fratello Cratilo fosse perito, allora forse avrebbe chiesto al re mio padre di farmi intraprendere la vita sacerdotale! Dalla prima volta che vide il mio volto mia madre mi credette creatura destinata a servire gli immortali, non gli uomini che calpestano la polvere di questo mondo.”
“Questo non è accaduto però, tua madre non ha concepito un altro figlio maschio Efestione. Nessuno dei desideri di tua madre si è realizzato, allora dimmi, perché dovresti essere ancora vergine?”
“Perché nessuno poteva andare contro gli ordini di mio padre… nessuno poteva usare violenza al figlio del re!”
“Non esiste solo la violenza Efestione, potresti esserti concesso liberamente ad un uomo…”
“Non è accaduto Alessandro, ma in fin dei conti perché continuare a parlare se tanto non credi alle mie parole? Arriverà il momento in cui scoprirai da solo la verità…”
Aveva abbassato lo sguardo, tenuto fino a quel momento fisso negli occhi di Alessandro.
Il re non sapeva ancora che cosa fare, se credere o meno alle parole del ragazzo, ma improvvisamente la voce della madre, suadente come il sibilo di un serpente si risvegliò nella sua mente, con l’avvertimento che era solita ripetergli da quando era ancora un bambino affascinato dal corpo sinuoso degli animali della regina.
Non fidarti mai delle parole Alessandro, solo le certezze sono accettate da un re. L’evidenza non può essere cambiata, le parole possono ingannare anche se provengono dalla più pura e delicata delle persone.
Alessandro riempì ancora la sua coppa, lasciando quasi del tutto intatto il cibo, mentre il ragazzo mangiava lentamente nel silenzio che si era formato tra loro e che diventava sempre più pesante.
Efestione era teso, anche se non aveva rialzato gli occhi sapeva che quelli di Alessandro, così strani nella varietà del colore erano fissi su di lui, Sentiva quegli occhi studiarlo attentamente, esaminare il suo corpo. Sentiva lo sguardo dell’uomo posarsi sulle sue forme come se fosse tangibile, come se fossero le mani del re macedone a percorrerlo.
Alessandro invece sentiva crescere dentro di sé il desiderio di possedere quella creatura, di costringerla in un letto per ore, assaporando tutto quello che un corpo perfetto come il suo poteva concedere.
Non aveva mai sentito la passione scorrere nelle sue vene come in quel momento, con nessuno dei suoi amanti, uomini con cui era cresciuto e di cui conosceva ogni aspetto aveva mai provato una cosa del genere.
Quegli occhi lo avevano stregato come mai quelli della madre erano riusciti a fare, eppure lei era una strega, una donna esperta nelle arti magiche e nella preparazione di pozioni che potevano annebbiare la mente e annullare la volontà se non addirittura uccidere.
Si chiese se quel ragazzo che aveva davanti non fosse una punizione inviatagli dagli Dei per qualche colpa commessa, un assassino dalle forme perfette e invitanti; ma se quello era ciò che gli dei avevano scelto per lui, allora sarebbe stato felice di morire in un letto, dopo aver giaciuto con Efestione.
Lentamente la razionalità lo stava abbandonando, offuscata dal vino che continuava a bere, mentre i suoi occhi si ubriacavano della figura che aveva davanti e la sua mente immaginava come sarebbe stato averlo nudo, tra le braccia.
Come aveva fatto prima lo afferrò senza che il ragazzo potesse opporre resistenza, ma questa volta non c’era ilarità sul suo volto, offuscato dal desiderio.
Efestione cercò ancora di divincolarsi, ma tutto quello che ottenne fu l’accentuarsi della presa di Alessandro che ghermiva la carne delle sue natiche come un’aquila avrebbe fatto con una tenera preda.
Il corpo di Efestione si irrigidì quando il suo carceriere si fermò davanti al letto. Era giunto il momento dunque.
Riuscì a scendere da quell’immondo talamo, mettendo la larghezza del letto tra lui e il suo carceriere.
Il re di Macedonia osservava la scena come se non fosse impressionato da questa mossa.
“Cosa vuoi fare Efestione? Credi di poter scappare per sempre?”
Cominciò a muoversi, mentre il ragazzo, sorpreso dalla freddezza dell’uomo indietreggiava senza rendersi conto del muro che presto lo avrebbe imprigionato.
Quando le sue spalle toccarono la roccia fredda scattò ancora, sul fianco, ma questa volta Alessandro fu pronto a fermarlo.
Ancora una volta le sue mani calde toccarono la pelle del principe, e un fremito attraversò il suo corpo, un fremito che non seppe riconoscere.
Efestione lottò, con la forza dettata dalla sua disperazione, me le mani di Alessandro sembravano essere ovunque, sempre pronte a fermare i colpi che lui cercava di portare.
Cercò di graffiarlo, di arrivare ai suoi occhi con le dita affusolate, ma tutto fu inutile.
“Sei un gatto arrabbiato Efestione in questo momento, ma riuscirò a sentire le tue fusa…”
Lo afferrò per la veste di lino sollevandolo da terra e gettandolo sul letto.
Efestione cercò di scappare ancora, muovendosi freneticamente sul letto, scalciando con le lunghe gambe mentre Alessandro cercava di afferrargli le caviglie.
Neppure Bucefalo era stato così irrequieto prima di accettare la supremazia di Alessandro.
Domare quel puledro sarebbe stata la sfida più grande e sul suo orgoglio ci sarebbe riuscito, chiamava a testimone gli dei tutti.
Finalmente riuscì ad afferrare una delle gambe di Efestione, tirandolo verso di sé, mettendo fine a tutti i suoi tentativi di cercare di liberarsi.
Stettero immobili alcuni istanti, mentre il principe respirava affannosamente, sfiancato da quella lotta.
Al rumore del suo respiro presto se ne affiancò un altro, che fece sbarrare gli occhi blu del giovane.
La stoffa della sua veste fu strappata, rivelando agli occhi del suo padrone il suo corpo dalla pelle candida.
Efestione fissò Alessandro con occhi dilatati dalla paura. Aveva cercato di fare tutto ciò che era in suo potere per rimandare quel momento il più a lungo possibile, ma adesso tutto era nelle mani di un barbaro nei cui occhi la lussuria era leggibile, unita a qualcosa di pericolosamente simile alla rabbia. Rimase immobile con le gambe divaricate, mentre Alessandro, inginocchiato tra esse si spogliava a sua volta scrutando le reazione del prigioniero ad ogni sua mossa.
Efestione avrebbe voluto chiudere gli occhi, girare la testa da un’altra parte, ma tutto quello che fu in grado di fare fu osservare il re mentre spogliava il suo petto, dalla carnagione dorata, mentre metteva a nudo il suo corpo, simile a quello di un dio per perfezione.
Poté vedere decine di ferite su quella pelle e seppe che mai, nonostante la sua giovane età Alessandro si era tirato indietro durante una battaglia.
Vide le sue mani sciogliere la cintura ricamata d’oro, seguì la stoffa che cedeva morbida, priva ormai del solo appiglio che la legava a quel corpo, e finalmente i suoi occhi poterono vedere Alessandro, completamente nudo, una statua che lo atterriva e affascinava che desiderava toccare e che voleva sfuggire.
Non era in grado di comprendere i sentimenti che in quel momento agitavano il suo animo, ma mentre una lacrima solitaria scorreva sul suo viso, disse addio alla vita che aveva conosciuto fino a quel momento e chiese perdono ai suoi avi per la debolezza che avrebbe reso impossibile la vendetta del loro sangue.
In cuor suo sapeva che da quel momento sarebbe appartenuto ad Alessandro, niente di lui sarebbe più stato una sua proprietà, ma ancora non poteva sapere dove questa consapevolezza taciuta lo avrebbe portato.
Alessandro cancellò quella goccia cristallina con le sue labbra, e con il sapore salato assaggiò anche per la prima volta quello della pelle di Efestione.
Lo tirò a sé, in modo che il ragazzo fosse costretto in una posizione semiseduta e si avventò sulle sua labbra, divorandole, chiedendo incessantemente con piccole carezze della lingua e morsi leggeri accesso alla bocca.
Senza poterlo evitare Efestione cominciò a dischiudere le labbra, accogliendo la lingua di Alessandro, assaggiando il suo sapore mentre il re faceva lo stesso. Sentì la lingua dell’uomo scorrere sulla sua, succhiarla e seppe che gli dei avevano deciso questo per lui fin dal giorno della sua nascita.
Mosse le mani tra i capelli del suo prigioniero, immobilizzandolo, mentre prendeva totale controllo del bacio, impedendo all’altro qualunque movimento.
Scese poi sul collo, mordendo e marchiando, desiderando che tutti sapessero che quel corpo era stato posseduto da lui.
Dalle labbra di Efestione uscivano gemiti e lamenti. Troppe sensazioni contrastanti si erano svegliate nel suo corpo, alle quali non era abituato, di cui nessuno gli aveva mai parlato.
Alessandro interruppe quello che stava facendo solo per rimanere estasiato davanti allo spettacolo di quel volto, le labbra socchiuse e arrossate, ancora bagnate a causa dei baci, gli occhi chiusi e il collo reclinato, offerto come per un sacrificio. La pelle bianca poi aveva assunto una colorazione accesa. Il ritratto dell’innocenza e della passione.
Scese ancora, con le labbra e con le mani, sospinse il ragazzo a sdraiarsi, lo imprigionò in una rete fatta di carezze e baci. Attraversò il suo corpo con le labbra e la lingua, mentre sentiva Efestione agitarsi, cercare di allontanarlo da sé, ma alle stesso tempo una delle gambe del ragazzo cominciò a piegarsi, accarezzando il suo fianco, l’anima di Efestione lo stava combattendo, mentre il suo corpo lo implorava di non fermarsi.
“No…no lasciami…. Smettila…”
I sospiri rompevano le sue parole ma Alessandro fu certo che presto il ragazzo sarebbe scoppiato in singhiozzi.
“Lasciati andare Efestione, dai ascolto al tuo corpo, non combattere quello che sta accadendo, accettalo…”
Il ragazzo aveva afferrato le lenzuola che coprivano il letto, stringendole in maniera talmente forte che le nocche erano sbiancate per la mancanza di sangue.
Alessandro fece scorrere le mani aperte sulle gambe del ragazzo, assaporando quella sensazione, assorbendo il calore di quella carne. Sentiva i muscoli di Efestione irrigidirsi al suo tocco, ma non si fermava, a quel punto voleva tutto, tutto quello che gli dei sembravano disposti a donargli in quella notte.
Era vero quello che diceva sua madre? La fortuna aiuta gli audaci? Se sì, lui era stato il più audace degli uomini, aveva mosso guerra a Tebe, l’aveva rasa al suolo, cancellandone addirittura il ricordo, ma aveva lasciato in vita uno degli appartenenti della famiglia reale, un giovane che sarebbe potuto diventare il più pericoloso dei suoi avversari, il nemico che avrebbe potuto porre fine alla sua vita. Avrebbe dovuto ucciderlo, non intrattenersi con lui in un letto,
Afferrò le ginocchia del ragazzo, portandolo ad aprire le gambe il più possibile, godendo a quella vista. Efestione era completamente aperto per lui, indifeso a qualunque suo attacco; teneva gli occhi serrati.
“Apri gli occhi Efestione…guardami…”
Fece quello che gli era stato ordinato, aprì gli occhi e fissò Alessandro. Quello non poteva essere un uomo, non sapeva spiegare il perchè del suo pensiero, Semplicemente sapeva che Alessandro non poteva appartenere alla razza mortale.
Lo sentì avvicinarsi al suo corpo, stendersi lentamente su di lui, mentre la carne bollente del suo sesso si faceva strada nel suo corpo. Non trattenne un grido di dolore puro quando i suoi muscoli furono forzati ad aprirsi, quando la sua intimità fu violata per la prima volta dal suo nuovo padrone.
Gettò la testa all’indietro, mentre le lacrime avevano cominciato a uscire dai sui occhi blu.
Senza rendersene conto afferrò le spalle del suo amante, graffiandole in un disperato tentativo di trovare un appiglio per combattere il dolore che lo stava spezzando in due.
Sentiva la carne del suo interno lacerarsi, ma nonostante questo sapeva in cuor suo che Alessandro non gli stava usando violenza, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Sentì il bacino dell’uomo aderire perfettamente al suo corpo, una volta che lo ebbe accolto completamente.
Gli ansiti di entrambi riempivano la stanza.
Alessandro cominciò a muoversi ritmicamente dentro il suo corpo, portandolo lentamente a rispondere alle sue spinte. Efestione cominciò ad assecondare la sua velocità mentre l’intensità di quella danza aumentava e diminuiva a seconda della volontà del re.
Quello era anche per Efestione, quall’atto voleva e doveva celebrare la sua prima volta con un uomo, non poteva essere solo un atto per placare il suo desiderio. Per quello ci sarebbe stato tempo.
Efestione allacciò le gambe dietro la schiena di Alessandro, permettendo al re un più comodo accesso al suo corpo, e il macedone seppe che le parole del ragazzo erano state veritiere, seppe che aveva preso la verginità di Efestione e per questo non poté fare a meno di ringraziare gli dei con cui molti lo volevano imparentato.
Continuò a spingersi in lui, beandosi dei gemiti che pur timidi, fuoriuscivano dalle labbra del giovane.
La loro unione durò a lungo, mentre al di fuori della stanza le voci dei festeggiamenti per la vittoria erano solo lamenti indistinti, sovrastati dal ruggito di Alessandro, un leone che doma il proprio compagno.
Efestione sentì il corpo che lo stava sovrastando irrigidirsi e immobilizzarsi, poi sentì una sensazione di calore che invadeva il suo corpo, strana, ma non spiacevole e seppe che il suo signore si era liberato in lui.
Si morse a sangue le labbra per non dare voce al gemito di soddisfazione e appagamento che sentiva formarsi dentro di lui.
Alessandro si sdraiò sul corpo tremante sotto il suo, assaporando quegli istanti di pace dopo la tempesta dei sensi e la completezza che l’aver giaciuto con Efestione gli aveva donato.
Scivolò fuori dal suo corpo lentamente e stette immobile, a fissare quel ragazzo che era entrato prepotentemente nella sua mente ancora prima che i suoi occhi lo avessero visto.
Efestione giaceva sul letto, stremato, il viso, poggiato lateralmente sui cuscini, era in parte coperto dai capelli, ma era comunque possibile scorgere i suoi occhi, aperti e intenti a fissare un punto indefinito della stanza, cercando di riprendere il controllo che sembravano aver perduto. Le labbra erano macchiate di sangue. Il petto si alzava e abbassava freneticamente, mentre le gambe, ancora leggermente divaricate, non nascondevano l’evidenza di ciò che quel corpo aveva appena vissuto.
La lingua di Alessandro dardeggiò sulle labbra di Efestione, portando via il sangue che le tingeva, assaporandolo.
Prima le lacrime e adesso il sangue, Alessandro sembrava intenzionato ad assaporare tutto di quel corpo, anche i fluidi vitali.
Passò il palmo della mano destra sul collo e sul petto di Efestione, fino a raggiungere il suo ventre piatto, e poi ancora più giù.
Si concentrò sulla sensazione della carne di Efestione, lo accarezzò in mezzo alle gambe con lentezza estenuante e vide la vita tornare ad animare quegli occhi.
Efestione lo guardava stranito, non capiva che cosa stesse succedendo al suo corpo, sapeva solo che quella sensazione lo stava facendo impazzire. Il pungo di Alessandro si mosse a racchiudere il sesso del ragazzo che si stava svegliando sotto le sue carezze.
Cominciò a far scorrere la mano prima lentamente rendendo folle Efestione di un desiderio a cui non sapeva dare nome. Quando aumentò la velocità fu ripagato da gemiti sempre più udibile, da preghiere incomprensibile che fluivano dalle labbra come il più dolce degli incantesimi.
Sentì la carne pulsare e poi il seme del ragazzo ricoprire la sua meno.
Efestione gridò quando raggiunse il piacere e ricadde ancora una volta stremato.
Alessandro portò la mano alle labbra e assaggiò l’essenza stessa di Efestione, mentre il ragazzo scivolava lentamente nel sonno, incapace di combatterlo ancora.
Il re si distese accanto a lui, cingendolo nel suo abbraccio, e per la prima volta dopo anni dormì tranquillamente, senza il pugnale sotto il cuscino come invece sua madre gli aveva insegnato.
Se quella doveva essere l’ultima notte sulla terra allora era stato il più fortunato degli uomini ad averla trascorsa con Efestione.
La mattina giunse inaspettata e quando Efestione aprì gli occhi la prima cosa a cui fece caso fu il calore in cui era immerso.
Aveva dormito su un fianco, e la persona con cui aveva diviso il letto lo aveva avvolto in un abbraccio, un braccio gli cingeva la vita, mentre le gambe erano bloccate da una gamba muscolosa ma lunga.
Voltò lentamente la testa, almeno quanto la posizione potesse permetterglielo e guardò il volto di Alessandro, non era certo che molti altri avessero avuto la possibilità di vedere il re in quel modo. Tranquillamente addormentato, con il volto rilassato e sereno.
Un sorriso triste gli piegò gli angoli della bocca.
Non capiva, non capiva quello strano uomo di cui era divenuto l’amante. Si era aspettato dolore e umiliazione, magari la morte dopo aver soddisfatto i suoi desideri, e invece quello che aveva avuto era stata una notte strana, a fianco di uno degli uomini più incomprensibili che la terra avesse mai accolto nel suo grembo. Cercava di ricordare uno per uno tutti gli eroi le cui storie i suoi maestri gli avevano fatto imparare, ma nessuno era paragonabile ad Alessandro il macedone.
“A che cosa pensi?”
Una voce calda gli aveva parlato direttamente nell’orecchio, mentre le labbra baciavano il suo lobo, succhiandolo appena.
“Al fatto che non vi capisco… mio signore…”
Alessandro aveva sentito quanto difficile fosse stato per il ragazzo chiamarlo in quel modo, ma avrebbe dovuto abituarsi, soprattutto quando avrebbero fatto ritorno a Pella.
“Molti sono quelli che non mi capiscono, io stesso a volte mi interrogo sul perché di alcune mie azioni…tu che cosa non comprendi di me Efestione, per quel poco che mi conosci?”
“Il tuo… il vostro comportamento! La scorsa notte avreste semplicemente potuto entrare nella stanza e prendervi quello che è vostro di diritto…”
“E’ quello che ho fatto Efestione, mi sono preso la tua verginità, che come tutto di te mi apparteneva e mi apparterrà per sempre!”
“Sapete che cosa intendo in realtà. Avete parlato con me, mi avete fatto domande… vi siete comportato come solitamente non si fa in presenza di uno schiavo. Non mi illudo, so che questo è quello che sono adesso…”
“E lo accetti? Per te va bene essere il mio schiavo? Vorresti che altri…”
“NO… no mio signore!”
Si era accorto di aver urlato solo quando udì l’eco della sua voce.
Nella sua mente cominciarono a formarsi le immagini degli uomini che aveva visto il giorno precedente sulla piana della battaglia. Il suo corpo fu attraversato dai brividi.
“Calmati Efestione. Hai frainteso le mie parole… non in tendevo dire che permetterò ad altri di toccarti, che ti dividerò con altri se per te va bene essere mio… mi stavo solo domandando se per te questa padronanza va bene, se non ci fosse un altro a cui…”
“Platone una volta riportò la notizia della morte di Dionisio, tiranno di Siracusa, raccontando di come una vecchia piangesse disperata. Alla domanda sul perché del suo comportamento la donna rispose che piangeva perché sapeva che cosa aveva lasciato, ma non sapeva a che cosa sarebbe andata incontro. Non è bene per uno schiavo cambiare il proprio padrone, a meno che non sia il padrone a volersi liberare di lui…”
Alessandro si mosse, facendo sdraiare Efestione sulla schiena e fissando intensamente i suoi occhi blu.
“Io non mi stancherò mai di te Efestione, non so che cosa accadrà da adesso in poi, non so che cosa è stato scritto per me, ma so che qualunque cosa accada tu sarai al sicuro al mio fianco… questa è una promessa Efestione, e quando Alessandro promette è pronto ad andare fino alla fine del mondo per tener fede alla sua parola!”
Ancora confusione nella mente di Efestione, ma il suo cuore credeva alle parole che aveva appena ascoltato.
Alessandro lo baciò, e questa volta Efestione rispose a quella carezza intima senza esitare.
Alessandro si alzò dal letto e raccolse la sua veste senza fretta. Il sole era sorto da qualche ora ormai e i suoi doveri di re lo attendevano. C’erano molte cosa da fare prima di tornare in Macedonia, prima fra tutte ingraziarsi nuovamente gli dei dopo il massacro.
I due uomini non parlarono, Efestione guardò il re raccogliere la sua veste e ricoprirsi lentamente, mentre restava sdraiato, coperto dal lenzuolo dalla vita in giù.
Quando la porta si chiuse alle spalle del suo signore la tristezza invase il principe come non si era aspettato.
Si rese conto improvvisamente che la solitudine gli pesava in quel momento come mai era accaduto nella sua vita.
Prima che le lacrime scendessero ancora dal suo viso il servo che la sera precedente si era preso cura di lui entrò nella stanza con il vassoio della sua colazione, pronto a prendersi cura di tutto.
Alessandro incrociò Clito appena uscito dalla stanza del suo schiavo. Al comandante bastò una sola occhiata per capire come fosse trascorsa la notte della vittoria per il suo re.
“Il principe è stato di vostro gradimento mio re?”
Alessandro sorrise appena allo scherzo celato in quelle parole. Clito era stato il favorito di suo padre, lo aveva intorno da quando aveva memoria, e lo considerava un padre in qualche modo.
“La sua bocca è più dolce del miele e il suo corpo è seta bagnata e calda… vuoi sapere altro Clito, amico mio?”
“Credo che la tua descrizione sia più che sufficiente… mi chiedo solo che cosa ne farai di lui adesso, se lo porti a Pella dovrai accettare il giudizio di tua madre su di lui!”
“Lo porterò a Pella e Olimpiade sarà costretta ad accettare la mia scelta. Nelle vene di Efestione scorre sangue reale, non potrà obiettare sulla mia scelta…”
“Qual è la verità Alessandro? Che cosa è successo ieri sera in quella camera? Ti ho visto crescere, ti ho visto scegliere il tuo primo amante tra i tuoi amici, gli stessi con cui seguivi le lezioni di Aristetele, ma mai ho visto quella luce nei tuoi occhi quando eri con Cassandro!”
“Non so che cosa sia successo Clito, tutto quello che posso dirti è che è stato diverso dalle altre volte che mi sono unito ad un uomo… è stato più profondo, o almeno questo è il solo aggettivo che mi viene in mente in questo momento!”
Clito guardò il figlio del suo amante, il ragazzino che aveva visto crescere e a cui aveva insegnato a combattere, l’uomo che era diventato il suo re e seppe che qualcosa era cambiato nel suo cuore.
Si domandò se quel novello Achille non avesse finalmente incontrato il suo Patroclo.
“Mi auguro solo che tu possa essere felice Alessandro, che tu possa trovare tra le braccia del tuo schiavo quella pace che troppo a lungo è mancata alla tua anima!”
Prese congedo dal re senza aggiungere altro. Lo sguardo che il ragazzo aveva assunto in quel momento gli ricordava lo stesso con cui Filippo era solito guardarlo ai tempi in cui si erano scoperti innamorati, e quel ricordo faceva ancora male. Sperava per il giovane Efestione che Alessandro non avesse ereditato da suo padre la propensione a ferire coloro che amava.
Il re entrò in quella che era stata la sala del trono e vi trovò i suoi amici più stretti, i comandanti della falange e della cavalleria. Tutti aspettavano la sua venuta per ricevere gli ordini per il giorno.
Alessandro si sedette in mezzo a loro e cercò lo sguardo di ognuno, il solo che non riuscì a trovare fu quello di Cassandro; ma la rabbia che emanava da lui era più che evidente.
Gli spartani ritengono che l’amore tra uomini sia più puro, perché non genera figli e gelosia… ma quando tra due amanti nasce la gelosia allora quello è un amore tra uomini pericoloso e mortale per lo spirito.
Le parole di Aristotele tornarono alla sua mente, ma cercò di ignorarle, concentrandosi sui suoi doveri.
Entro due giorni sarebbero partiti alla volta di Pella, dopo aver fatto i sacrifici rituali e aver finito di sistemare la questione degli schiavi.
Efestione mangiò quello che gli era stato portato, fichi intinti nel miele e del pane, mentre il servo preparava il bagno.
“Se sei pronto il bagno ti attende…”
Un’altra cosa che non riusciva a capire, perché Alessandro dava ordine ad un altro di prendersi cura di lui se lui stesso era uno schiavo?
Scosse la testa e camminò lentamente verso la sala dove era atteso.
L’acqua era stata aromatizzata con petali di rose rosse che galleggiavano sulla sua superficie e il principe sorrise, nessun uomo a Tebe si sarebbe mai lavato in una simile vasca, quello era il bagno per una concubina o un’etera.
Si immerse e lasciò che il calore dell’acqua sciogliesse i suoi muscoli, quelli del suo interno e delle gambe soprattutto, mentre ancora le mani del servo toccavano il suo corpo, massaggiandogli le spalle.
Si rese conto che quel tocco estraneo lo disturbava.
Nuovamente fu portato nella camera da letto, dove tutto era stato sistemato durante la sua assenza. Questa volta sul letto era poggiato un corto chitone di un intenso blu, bordato in argento. Accanto ad esso era posato un largo bracciale in argento, con l’effige di un leone.
Efestione sfiorò la testa dell’animale, riconoscendovi l’emblema che aveva visto sullo scudo del re sul campo di battaglia e si ricordò che la corte macedone chiamava il suo signore Leone di Macedonia.
“Un dono di re Alessandro per te…”
Fu questa la domanda alla risposta che non ebbe il tempo di esprimere.
Ancora una volta la porta si aprì e si chiuse, lasciandolo solo e ancora una volta la malinconia lo assalì.
Clito, entrato nella sala del trono in ritardo prese il suo posto dopo aver chiesto scusa al re. I suoi occhi neri scorsero immediatamente la tensione che si era creata tra Alessandro e Cassandro. Aveva già visto quel genere di gelosia scatenarsi; in fin dei conti poteva dire che era stata una delle causa della morte di Filippo.
Nessun amante perdona mai in realtà, e Cassandro, figlio di Antipatro, uno degli uomini con più potere all’interno della reggia di Pella aveva ereditato dal padre la smodata brama di potere. Non avrebbe mai accettato di essere messo da parte per uno schiavo, anche se nelle vene di Efestione scorreva sangue reale, che lo avrebbe reso pari ad Alessandro in un’altra occasione.
Alessandro sciolse la seduta, lasciando liberi i suoi uomini di preparare la partenza, ma si accorse che Clito esitava a lasciare la stanza e seguire gli altri.
“Che cosa succede Clito?”
“Hai visto il suo sguardo?”
Non aveva bisogno di specificare a chi si stesse riferendo, era chiaro a entrambi.
“Sì, ma non so che cosa fare per calmarlo!”
“Fai attenzione Alessandro, la gelosia può portarlo ad azioni atroci, è già successo e tu lo sai forse meglio di chiunque altro!”
“Non può toccarmi, sarebbe troppo esposto all’ira degli altri, e soprattutto a quella di mia madre, ma nonostante questo so che le tue parole sono vere, che un grande male potrebbe derivare da lui…tutto quello che posso fare è aspettare e vedere che cosa accadrà!”
“Non può toccare te, ma può farti del male in altri modi Alessandro. Non sei più un ragazzo, sei un uomo, a capo di un popolo, imparerai che spesso sono le vendette trasversali, le più infide, ad essere usate per annientare!”
“Mi occuperò di questo quando accadrà, non adesso Clito, adesso tutto quello che conta è tornare a casa e lasciare questo posto. Non possiamo trattenerci in Tessaglia a lungo, gli antichi alleati di Tebe potrebbero decidere di attaccarci e io voglio unificare la Grecia, non essere costretto a distruggerla.”
“Allora è meglio che tu vada a parlare con i Sacerdoti, sono ancora offesi per quello che è successo, anche se hai risparmiato i templi questa era pur sempre la patria di Cadmo, al cui matrimonio si dice che tutti gli dei abbiano partecipato. Se non plachi i loro cuori sai meglio di me che domani si rifiuteranno di interpretare i sacrifici che farai!”
“Conosco i loro cuori Clito, e ti giuro che per niente al mondo vorrei trovarmi ad avere un sacerdote per nemico. Possono essere più letali di centomila uomini armati!”
“In questo la pensi esattamente come tuo padre…”
“Che non ha esitato a prendere una sacerdotessa come moglie. Sappiamo bene entrambi che a volte mio padre poteva essere del tutto incomprensibile, e sotto l’effetto del vino questa caratteristica aumentava, come la sua inclinazione…”
“A fare del male agli altri… non temere Alessandro, so che è questa la verità, non offendi la sua memoria semplicemente dicendo la verità su di lui!”
Si separarono ancora una volta e Alessandro si diresse verso il recinto dei Sacrifici, dove avevano luogo gli alloggi dei Sacerdoti con il cuore impegnato a combattere un senso di pericolo imminente che non riusciva a collegare con niente se non con le parole di Clito.
“Gli dei sono in collera mio signore… Tebe era una città antica, cara agli immortali…”
“Tanto cara che non hanno esitato a mettere sul trono Edipo, nonostante fosse già maledetto? Tanto cara che non hanno fatto niente quando i suoi figli, Eteocle e Polinice si sono uccisi in una guerra sanguinosa e intestina per il trono? Tanto cara da averli spinti a donare a Armonia, moglie di Cadmo la collana che più di tutte è stata simbolo di disgrazia e distruzione per le donne che l’hanno posseduta? Gli dei saranno placati con i sacrifici di domani, nessuna delle loro case è stata toccata dal fuoco, nessun sacerdote ucciso e nessuna sacerdotessa offesa dai miei uomini. Non hanno niente per cui essere adirati… altrimenti non mi avrebbero concesso la vittoria!”
i sacerdoti guardarono il re con aria stranita. Non si erano aspettati una difesa così strenua del proprio operato, avevano creduto di poter piegare il nuovo re ai loro voleri, ma si stavano accorgendo che il giudizio che avevano dato sul figlio di Filippo e Olimpiade era del tutto errato.
“I sacrifici saranno fatti mio signore, ma nessuno potrà costringere gli dei ad accettarli!”
“Nessuno potrà costringere gli Dei anche a non accettarli però…!”
Il messaggio era stato perfettamente chiaro.
Efestione osservava quello che rimaneva della sua città dalla grande finestra della stanza. Vedeva i macedoni affrettarsi a preparare la partenza, mentre giovani e donne che fino a poche ore prima erano stati liberi adesso aspettavano, in catene, che il loro fato si compisse.
Poteva essere anche lui tra quella gente, spaventata e sola, ma Alessandro aveva preferito tenerlo per sé, allontanando da lui l’ombra dei mercati do schiavi.
Si strinse le braccia intorno al corpo, cercando di scacciare i brividi che quella consapevolezza avevano scatenato.
Il sole stava tramontando e Efestione, troppo preso dai suoi ricordi e dalle immagini che avevano invaso la sua mente, non si era accorto che l’uomo intorno a cui tutti i suoi pensieri giravano, era entrato nella stanza e lo stava osservano.
“Stai dicendo addio alla tua terra natale?”
Il giovane sobbalzò, girandosi di scatto verso colui che aveva parlato, mentre i capelli si muovevano in maniera scomposta.
Abbassò gli occhi, vergognandosi per quella reazione stupida.
“Non abbassare la testa, non hai niente di cui vergognarti, eri immerso nei tuoi pensieri e non ti eri accorto della mia presenza… anche se non posso dire di esserne felice questa è una cosa che succede a tutti!”
Alessandro gli si avvicinò sollevandogli il mento con le dita, perdendosi ancora in quegli occhi.
Lo baciò, mentre le sue mani afferravano la veste del ragazzo, e il suo corpo lo spingeva contro il muro, imprigionandolo.
Le parole di Clito, gli occhi di Cassandro, la consapevolezza che Olimpiade sarebbe stata incontrollabile una volta ritornati a Pella, tutto quello che era accaduto quel giorno avevano risvegliato l’ansia nel cuore del re, che voleva soltanto dimenticare tutto e perdersi nel calore di Efestione, nella sua dolcezza.
Il ragazzo aprì le gambe, lieto di arrendersi a quell’assalto, allacciando le braccia intorno al corpo di Alessandro, portando il corpo dell’uomo ad aderire ancora di più al proprio, cingendolo in un abbraccio tenero e appassionato allo stesso modo.
Efestione sfuggì alle labbra di Alessandro solo quando non poté fare a meno di respirare, e ancora le sentì su tutto il viso, mentre gli baciava gli occhi e gli zigomi. Lo sentì raggiungere un orecchio, afferrare e succhiare il lobo, mordendolo leggermente, e poi ancora sul collo, dove la carne bianca stava diventando velocemente rossa per le attenzioni ricevute.
La mano destra di Alessandro stava accarezzando il fianco del principe, scendendo lungo la coscia, graffiando la pelle con le unghie.
Si spinse contro di lui, afferrandogli il ginocchio, costringendolo a piegarlo, e finalmente ebbe accesso a quel corpo che gli apparteneva. La veste del giovane era sollevata, intrappolata tra i loro corpi, mentre l’eccitazione del re si faceva strada in Efestione. La sensazione era bruciante… sentire la carne di Alessandro avanzare in lui, lentamente ma inesorabilmente era qualcosa che Efestione non poteva descrivere. Soffocò un grido di dolore e piacere appoggiando la bocca alla spalla del re, mordendolo quando sentì che l’uomo era entrato completamente in lui.
Gemette e gemette quando Alessandro cominciò a muovere il bacino, a spingersi in lui, gridando ancora una volta la sua proprietà su quel corpo.
“A…Alessandro…Alessandro…Alessandro…”
Mai il suo nome era suonato così melodioso come in quel momento. Una litania che Efestione ripeteva incessantemente, sospirando appena, mentre a sua volta assecondava i movimenti del re, e questa volta si riversò per primo tra i loro corpi allacciati, mentre il re si faceva strada nel suo corpo con disperazione quasi.
Con un’ultima spinta, la più profonda, si liberò in lui, assaporando ancora quella sensazione di completezza che il giovane gli donava.
Passarono molti minuti prima che Alessandro si muovesse, non avrebbe voluto avrebbe desiderato poter restare dentro di lui in eterno, ma sapeva che il suo corpo non era ancora abituato alla sua presenza, che presto sarebbe subentrato il dolore… e poi quella posizione non era delle più comode.
Lentamente lasciò andare la gamba di Efestione, poi, poggiando le labbra sul muro contro cui il suo amante era appoggiato scivolò fuori dal suo calore.
Gli porse una mano, che il giovane afferrò subito… non era certo che le sue gambe sarebbero state in grado di sorreggerlo ora che l’appoggio di Alessandro era venuto a mancare.
Il re lo condusse verso il letto e lo fece sdraiare, privandolo della veste che aveva addosso. Adesso Efestione rimaneva solo con il bracciale che gli aveva regalato addosso.
Si distese accanto al suo schiavo solo dopo essersi spogliato a sua volta, e ricoprì entrambi con le coltri finente lavorate.
Efestione tremava appena, ma non era in grado di dire se fosse a causa del freddo del letto o per le sensazioni che Alessandro stava risvegliando in lui e che non riusciva più a controllare.
Si sentì nuovamente abbracciare, mentre il re posava un bacio veloce tra i suoi capelli.
Ancora una volta si addormentò tra le braccia dell’uomo che avrebbe dovuto odiare e temere, e ancora una volta nessun incubo si affacciò alla sua mente.
Un bussare discreto alla porta fu ciò che svegliò Efestione quella volta. Dall’oscurità in cui era immersa la stanza capiva che non era ancora l’alba.
Il re dette ordine di entrare, la voce ancora assonnata.
L’uomo che entrò fece tramare Efestione, si ricordava di lui, lo aveva visto guidare la cavalleria lontana dal campo di battaglia, verso la reggia. Era colui che aveva guidato il massacro della sua gente.
“Clito… cosa succede?”
L’uomo fissava il letto su cui il suo re era sdraiato, lo schiavo ancora tra le sue braccia, e un’espressione talmente serena che fu portato a chiedersi se quello fosse davvero Alessandro, il giovane lacerato dall’odio dei suoi genitori e dalla consapevolezza i una grandezza che avrebbe potuto finire con lo schiacciarlo.
Tutto quello era merito di Efestione? Uno schiavo aveva veramente tanto potere da donare la pace a una persona che non l’aveva mai conosciuta?
Si riscosse dai suoi pensieri, ricordando che il re gli aveva fatto una domanda.
“Il campo si sta svegliando mio re, tutti sanno che oggi ci sono i sacrifici… credo che sia meglio se cominci a prepararti!”
Alessandro sciolse Efestione dal suo abbraccio, e stirò i muscoli, inarcando la schiena per scacciare completamente la voglia di stendersi nuovamente e lasciare agli Aruspici il compito di fare, per una volta, il loro lavoro.
“Verrai anche tu Efestione… la tua presenza, la discendenza di Cadmo ed Edipo deve essere presente!”
Il giovane accennò con la testa, senza permettere alla tenda naturale formata dai suoi capelli di scostarsi dal viso.
Alessandro poteva capire la tensione del suo corpo, percepiva chiaramente il disagio del ragazzo non solo per quello che gli era stato appena ordina, ma soprattutto, credeva, per la presenza di Clito.
Clito lasciò la stanza, per permettere ad Alessandro ed Efestione di prepararsi.
Il re si vestì con una lunga tunica color porpora, priva di mantello, la corona d’oro, intrecciata come rami di alloro splendeva sulla sua fronte. Il simbolo della regalità splendeva nonostante la mancanza di luce.
Efestione in vece indossò una veste bianca, tenuta ferma su una spalla da una fibula d’argento. Le braccia e l’altra spalla completamente nude ad eccezione del bracciale che il giovane non aveva ancora tolto, neppure per dormire quella notte.
Fu condotto fuori dalla stanza da Alessandro, che teneva una mano, poggiata alla fine della sua schiena, Era strano essere scortato per i corridoi del palazzo che lo aveva visto nascere, e che conosceva bene.
Tutti gli uomini che incontrarono sulla loro strada salutarono rispettosamente il re e gettarono occhiate ora curiose, ora cariche di qualcosa che il giovane non voleva definire alla creatura che avanzava al suo fianco.
Uscirono dalla reggia, e l’accoglienza fu la stessa, solo che questa volta i soldati e i comandanti erano più numerosi. Era quello l’esercito che aveva spazzato via il Battaglione Sacro, che aveva cancellato l’esercito di Tebe come se fosse stato fatto di creta. Quelli erano gli uomini che avevano sottomesso una delle città più fiere della Grecia.
La pressione della mano di Alessandro aumentò, mentre passavano tra due file schierate di uomini. Efestione cercava di mantenere lo sguardo abbassato, ma sentiva che tutti quegli occhi lo stavano scrutando, cerando di capire chi fosse il nuovo schiavo del re.
Giunsero finalmente al recinto sacrificale, e Alessandro avanzò tra i suoi amici più cari, la guardia scelta che avrebbe dovuto difendere il re da qualsiasi attacco.
Vide tra loro Clito, al fianco del quale il re si posizionò, davanti ai Sacerdoti adornati con rami fasciati e corone di alloro fresco.
Ad Efestione non fu permesso di lasciare il fianco del re, sebbene quella fosse una posizione non adatta ad uno schiavo.
Alzando lo sguardo per chiedere silenziosamente una spiegazione ad Alessandro incontrò gli occhi neri di uno della sua guardia.
In quegli occhi color dell’ossidiana bagnata poteva leggere chiaramente odio, anche se non ne comprendeva il motivo.
L’uomo voltò il capo, come se la sola vista di Efestione lo offendesse.
E’ dunque questa la tua puttana Alessandro?
Il toro per il sacrificio fu fatto entrare, un magnifica bestia bianca come la spuma del mare. Una corona di alloro intorno alla collo lo identificava come dono ad Apollo.
Il sommo sacerdote consegnò il pugnale rituale ad Alessandro. Il re parlò, dopo aver elevato una preghiera silenziosa al Dio. Se qualcosa fosse andato storto gli uomini si sarebbero fatti prendere dalla superstizione.
Recise la gola della bestia; il sangue schizzò sul suo viso e sulla sua veste mentre i sacerdoti intonavano il Peana.
Tutti aspettarono che le interiora fossero lette, nessuno parlava in quei momenti, come se tutti gli uomini fossero sotto l’incantesimo del Dio. L’unico che non sembrava interessato, che preferiva stare dietro ai propri pensieri era l’uomo con cui Efestione aveva incrociato lo sguardo. Era bello, ma una bellezza totalmente diversa da quella di Alessandro, non solo per i colori completamente opposti. Alessandro era caldo, bruciante come il sole nelle sue passioni, quell’uomo invece sembrava freddo come il ghiaccio che ricopre le montagne dell’Illiria, crudele se aveva ben interpretato la luce che ardeva nei suoi occhi.
“Alessandro, mio signore, il Dio ha accettato la tua offerta… bruceremo le carni di questa bestia per sapere quanto grande sarà la tua fortuna una volta tornato a casa… ma il ritorno sarà sicuro, illuminato dalla presenza di Apollo al tuo fianco…”
Urla di giubilo si levarono improvvisamente e quello che era apparso come un mare di uomini preda di un sonno indotto, adesso era festante e rumoroso come ogni organismo vivente di quelle dimensioni.
Efestione sentì il braccio di Alessandro cingergli la vita.
“Torniamo Efestione… gli uomini festeggeranno fino a domani, quando ci rimetteremo in viaggio. Tutto è pronto ormai e loro possono dare sfogo agli istinti… non è il posto adatto per te!”
Stava per dirigerlo verso l’uscita dal recinto quando una voce lo fermò.
“Non ci presenti il tuo nuovo amico Alessandro?”
Il re si girò, facendo fare lo stesso a Efestione, e quello che vide non lo sorprese.
“Cassandro… questo è Efestione, figlio minore del re di Tebe…”
“Il figlio minore del re? avevo capito che fosse tuo desiderio cancellare la memoria di Tebe, abbiamo trentamila civili da vendere come schiavi… e il principe vive ancora?”
Efestione fu attraversato da un fremito di disgusto mentre ascoltava le parole di quell’uomo, che parlava della vendita di persone che erano state libere, con tanta leggerezza.
“Efestione è il mio… schiavo Cassandro, e come re, non permetto a nessuno di pontificare sulle mie decisioni. Tebe è distrutta, in futuro si parlerà solo della sua rovina, non certo della gloria passata… a nessuno deve interessare se Efestione vive ancora o meno… ma tutti devono sapere e sapranno che è mio…”
Efestione vide i pugni dell’uomo contrarsi.
Fu spinto nuovamente verso l’uscita. Alessandro camminava tra i suoi uomini velocemente, mentre il sangue che ancora macchiava il suo corpo stava cominciando a rapprendersi e il suo odore si faceva pungente.
Voleva allontanarsi da tutti, non aveva gradito la reazione di Cassandro, anche se in fin dei conti se la aspettava.
La stanza era silenziosa, ma tutto lasciava intendere che era stata riordinata.
Il sangue cominciava ad essere insopportabile sulla pelle del re.
“Vuoi… vuoi che ti prepari il bagno mio signore?”
Alessandro mosse la testa in segno affermativo ma non parlò, mentre i pensieri del prossimo rientro affollavano la sua mente.
Olimpiade era un’alleata invincibile, ma anche una temibile rivale; se non avesse veramente approvato la scelta di prendere Efestione come schiavo allora il ragazzo sarebbe stato in pericolo a Pella, per non parlare poi di Cassandro. Lo sguardo di odio che l’amico aveva lanciato ad Efestione era una chiara dichiarazione di guerra, ed Efestione non aveva né le armi, né il potere per difendersi.
Che cosa devo fare Dei? Cederlo ad latri? Venderlo come schiavo in uno dei mercati della Macedonia? Il solo pensiero mi ripugna. La sola idea di fargli questo mi rivolta lo stomaco. Potrei lasciarlo libero allora, munirlo di una scorta e permettergli di riprendere una vita normale… non più principe di sangue reale, ma comunque uomo libero. Ma ancora la sola idea di rinunciare a lui, di vederlo allontanarsi da me mi è insopportabile. Preferirei recidere la sua gola piuttosto che vederlo camminare lontano.
Che cosa mi sta succedendo? Che cosa sono questi pensieri così indegni di un re? Che cosa i sentimenti che sento crescere in me giorno dopo giorno? Se qualcuno ha queste risposte vi prego dei, per l’amore che vi porto, per il sangue che mi scorre nelle vene e che deriva da Achille e da Eracle, vi scongiuro rispondetemi…
In uno scatto di rabbia scagliò a terra la coppa di vino che stringeva tra le mani, poi fece lo stesso con tutto quello che si prestava nella stanza.
Efestione guardava quella scena senza comprendere che cosa fosse accaduto, e si rese conto di non sapere niente dell’uomo che aveva la sua vita tra le mani. Non gli era mai successo di vedere suo padre in quello stato.
Quando Alessandro si voltò nella sua direzione vide che gli occhi del re erano dilatati, come se un dio possedesse il suo corpo in quel momento.
Vedendo lo sguardo perplesse e spaventato di efestione Alessandro riprese lentamente il controllo su se stesso.
“Non volevo spaventarti… scusami Efestione!”
Perché, perché stava giustificando le sue azioni davanti ad uno schiavo? Perché aveva chiesto scusa per qualcosa per cui non si era mai sentito in colpa? Non era nuovo a quel genere di comportamento. Non poteva evitarlo, e adesso invece sentiva che non era giusto mostrarsi in quello stato davanti al ragazzo.
“Il…il bagno è pronto!”
Quando Alessandro gli passò accanto Efestione poté sentire l’odore del sangue, unito a quello della rabbia, in un’unione che poteva descriversi come l’essenza stessa dell’uomo.
La veste giaceva a terra mentre Alessandro era immerso nell’acqua bollente, cercando di fare luce su se stesso.
“Avvicinati Efestione…”
Il ragazzo fece quello che gli era stato chiesto, sapendo che cosa si volesse in realtà da lui. La rinuncia totale al proprio passato.
Si inginocchiò accanto alla vasca, prendendo uno dei panni di lino che giacevano accanto ad essa e dopo averlo intinto nell’acqua e strizzato lo passò sul volto del re, cancellando gli schizzi di sangue.
Quando la stoffa fu tinta di rosso la lasciò cadere a terra, prendendo una pezza pulita con la quale fece cadere l’acqua sui capelli biondi di Alessandro. Quando furono completamente bagnati cominciò a massaggiarli, tergendoli completamente.
Con le mani scese poi lungo il collo del re, massaggiando i muscoli tesi come più volte i suoi servi avevano fatto con lui.
Cercava di ricordare che cosa avesse fatto il servo che Alessandro continuava a mandargli poche ore prima, ripetendo i suoi movimenti sulle spalle del re.
Alessandro reclinò la testa, mentre il respiro usciva dalle sua labbra formando gemiti inarticolati.
Efestione faceva scorrere le sue dita, sciogliendo la tensione che troppo a lungo si era accumulata su di lui.
“Non… non credevo fossi in grado di fare questo…”
Efestione continuò a massaggiarlo senza rispondere. Non lo credeva neppure lui.
Uscì dalla vasca quando l’acqua si stava facendo ormai fredda e Efestione avvolse il suo corpo in un grande telo con cui cominciò ad asciugarlo.
Si inginocchiò davanti a lui per asciugare le gocce che ancora bagnavano le sue gambe, e fu costretto a mordersi le labbra a sangue per evitare alle lacrime di vergogna di scendere sul suo viso.
Mai, mai nessuno aveva preteso una così totale sottomissione.
Il re si mosse verso la stanza da letto, ancora senza parlare, aspettando che Efestione lo seguisse.
Rimase immobile, accanto al letto senza accennare a voler prendere una delle vesti.
“Spogliati Efestione… voglio guardarti…”
Il ragazzo fece quello che gli era stato chiesto, cercando di combattere la vergogna. Slacciò la fibbia d’argento e lasciò che la stoffa cadesse ai suoi piedi, mostrando il suo corpo alla luce del sole.
Il re si sedete sul letto, allungando una mano in direzione di Efestione, invitandolo a raggiungerlo.
Pose le mani sui suoi fianchi, attirandolo a sé.
Aveva visto giovani belli, ma Efestione andava oltre la semplice bellezza. Era armonia allo stato puro.
Lasciò che le sue mani scivolassero fino ad accarezzare i suoi glutei, e sorrise quando sentì il fremito di quella pelle.
“Non sei ancora abituato ad essere toccato, ma presto imparerai!”
Il giovane annuì.
Alessandro si distese sul letto, portando con sé il suo schiavo. Prese tutto il tempo necessario per giocare con lui, insegnandoli che cosa amasse in un compagno, dove toccare e come per dargli piacere, e con somma soddisfazione si rese conto che Efestione dimenticava la sua naturale vergogna se si riusciva a metterlo a suo agio. Poteva essere restio i primi minuti, ma si trasformava in una creatura dedicata al piacere se si conquistava la sua fiducia e si aveva la capacità di allontanare la sua mente dalla realtà.
Si unì a lui a lungo, mai pago del suo sapore e dei gemiti che la sua bocca perfetta produceva, e mentre prendeva quel corpo si rendeva conto che tutte le preoccupazioni che sembravano pronte a sommergerlo semplicemente sparivano quando era con Efestione.
Il viaggio verso casa richiese più di due settimane di marcia quasi forzata.
Alessandro cavalcava alla testa dell’esercito, con i suoi comandanti e ancora gli amici più cari, mentre Efestione era stato fatto salire su un carro coperto, al cui interno si trovava il servo che si era preso cura di lui nei primi giorni di prigionia.
Da quando si erano messi in viaggio verso la Macedonia il ragazzo non aveva più visto il suo signore, ma poteva comunque sentire la sua voce.
Non sapeva in che punto della colonna si trovasse quando si erano messi in marcia, ma la voce del re gli aveva dato la consapevolezza di non essere distante dalla testa.
Più volte alle sue orecchie erano arrivate anche le parole di Clito e di Cassandro, e sempre quel tono lo faceva tremare.
Duro, anche con colui che avrebbe dovuto rispettare più di tutti gli altri.
Fu mentre cercava di capire che cosa desse a Cassandro la presunta libertà di poter parlare così a qualcuno che avrebbe potuto metterlo a morte senza bisogno di una accusa ben precisa che si rese conto di essere stato completamente cieco riguardo agli amanti di Alessandro.
Se la sua supposizione era esatta poteva anche spiegarsi il perché dell’odio, anche se tutti sanno che è sciocco essere gelosi di uno sciavo.
Olimpiade aspettava il ritorno di suo figlio in piedi, sulla soglia di entrata della reggia, circondata dalle sue ancelle.
Un serpente dalla pelle bianca le stava pigramente arrotolato intorno al collo, godendosi i raggi del sole che splendeva alto nel cielo.
Le erano arrivate strane voci, che volevano che suo figlio avesse preso come schiavo un tebano, con il quale amasse passare il suo tempo, e voleva vedere di persona se quella fosse la verità o meno.
Vide Alessandro e i suoi uomini cavalcare lentamente, e vide un carro coperto avanzare con loro.
Il re scese da cavallo e abbracciò la madre, trattandola con rispetto ma anche con distacco, e la cosa non sfuggì alla regina. Sapeva che dopo la morte di Filippo non sarebbe stato facile cancellare il dubbio dal cuore di suo figlio, ma non poteva perdere la creatura che più amava al mondo.
“Ben tornato figlio mio, gli dei sono stati al tuo fianco ancora una volta…”
“Si madre, Tebe è stata distrutta, adesso la Grecia sa che cosa può succedere se altre città vorranno rompere i trattati di alleanza!”
“Tuo padre credeva di poterli conquistare con le parole e con giochi matrimoniali in cui si faceva raffigurare come la tredicesima divinità; tu solo hai capito come agire con loro!”Alessandro non voleva parlare di suo padre in quel momento, ma Olimpiade non perdeva occasione per fare paragoni tra lui e il precedente re.
I comandanti intanto erano scesi da cavallo a loro volta e si erano allontanati verso i propri quartieri, lasciando il re e la madre a discutere.
Solo Clito era rimasto, accanto al carro che calava al suo interno Efestione.
“Ci sono delle voci Alessandro, voci che dicono tu abbia scelto uno schiavo di Tebe. Avresti dovuto uccidere tutti i suoi abitanti, o venderli come schiavi, non andare a letto con uno di loro. A che cosa pensavi mentre lo facevi? Che cosa ti ha spinto a fare una cosa tanto stupida se vera?”
Alessandro si allontanò da lei, dirigendosi a sua volta verso il carro, scambiando un’occhiata con Clito, che avrebbe spiegato più chiaramente che un fiume di parole quello che il re pensava.
Scostò i lembi della stoffa e aiutò Efestione a scendere.
Il ragazzo non sembrava aver risentito troppo di quello scomodo viaggio.
Clito seguì il re e il suo schiavo fino al luogo dove Olimpiade aspettava ancora.
“Credo che sia meglio raggiungere le mie stanze, non voglio che questo dialogo diventi di dominio pubblico!”
La donna si girò senza aspettare una risposta e entrò nella reggia, sicura che presto anche gli altri l’avrebbero seguita.
“Buona fortuna mio re, ne avrai bisogno… e buona fortuna anche a te ragazzo!”
Efestione guardava ora uno ora l’altro, senza riuscire a capire che cosa si nascondesse dietro il sorriso solo accennato che piegava le loro bocche.
“Olimpiade è una donna pericolosa Efestione, non permetterle mai di vedere i tuoi punti deboli, o li userà contro di te senza pensarci due volte se si sentirà minacciata dalla tua presenza!”
La reggia di Pella era del tutto diversa da quella in cui era cresciuto, i suoi corridoi erano più scuri, quasi contorti, come le vie di un labirinto.
“Il luogo dove si trovano le mie stanze è molto diverso da questo!”
Alessandro aveva visto l’inquietudine del giovane e aveva cercato di rassicurarlo.
Si fermarono solo quando una grande porta, finemente lavorata si parò davanti ai loro occhi.
“Ricorda quello che ti ho detto Efestione!”
La porta si aprì e le ancelle che erano nella stanza si sbrigarono a lasciarla, chiudendo poi battenti in modo che nessuno osasse disturbare la regina e suo figlio.
Olimpiade concentrò la sua attenzione su Efestione; era innegabile che il ragazzo fosse di una bellezza quasi sconvolgente, ma c’era dell’altro dietro i suoi occhi azzurri, qualcosa che aveva colpito suo figlio e che lei desiderava scorgere.
“Il tuo nome?”
“Efestione…”
Olimpiade guardò Alessandro e questi mosse la testa leggermente, in segno di affermazione.
“E così non uno schiavo tebano, ma il principe stesso di Tebe, ridotto in schiavitù… questo cambia molte cosa figlio mio… questo cambia tutto. La tua scelta è stata azzardata, non lo nego, ma anche giusta. Hai distrutto la sua città, e questo potrebbe renderlo in futuro un potenziale nemico, ma con il tuo gesto hai mostrato a tutta la Grecia che cosa può accadere anche all’uomo più libero se osa mettersi contro la tua grandezza!”
Uno dei serpenti della regina libero di girare per la sua stanza, si avvicinò ai piedi di Efestione, mentre la donna spiava la reazione del ragazzo a quella novità.
Efestione non sembrava spaventato o infastidito, anzi guardava l’animale con interesse.
“Mostralo a tutti, fai in modo che tutti sappiano chi è in realtà… fai in modo che agli orecchi dei tuoi nemici arrivi la voce che anche lui ti ama nonostante quello che hai fatto alla sua città!”
“Madre, adesso smettetela, è un viaggio lungo quello d Tebe a qui, e la città è caduta meno di venti giorni fa… come potete pensare ai persiani…”
“Penso sempre a loro. Dario ti vuole morto, il suo oro ha armato la mano di Pausania, e non esiterà a cercare di fare lo stesso anche con te. Fagli capire che non potrà comprare colui che scalda il tuo letto. Fagli capire che sei completamente diverso da tuo padre…”
Efestione intanto se ne stava in silenzio, con gli occhi bassi, cercando di capire perché le parole della regina lo avessero fatto arrossire.
Aveva sentito parlare della moglie di Filippo di Macedonia, più di una voce la definiva strega, e vedendola di persona Efestione non poté non pensare che qualcosa di vero ci fosse in quella definizione.
“Sono stanco madre, e preferisco ritirarmi. Finiremo questa conversazione in un altro momento!”
La stanza di Alessandro era completamente diversa da quella opprimente e oscura di Olimpiade, dove il profumo dell’incenso addormentava la mente e fiaccava il corpo.
Lì il sole splendeva, entrando dalla grande finestra dalle tende aperte. Le pareti erano bianche e il resto della mobilia era composto da un grande letto, una cassapanca ai piedi di questo e due divani vicini alle pareti.
Alessandro era seduto su uno dei divani, con la testa reclinata all’indietro, come se il confronto con la madre lo avesse stremato.
“Posso…posso fare qualcosa per voi?”
“Puoi venire qui e farti guardare…”
Efestione si avvicinò al divano, fermandosi a pochi passi da esso, dove Alessandro avrebbe potuto seguire tutte le sue mosse.
Si privò lentamente della veste, scoprendo il suo corpo e rimanendo poi immobile, mentre gli occhi del re lo studiavano imprimendosi nella mente ogni sua forma.
Gli era mancato, due settimane senza poterlo toccare o anche semplicemente guardare; era stato troppo, semplicemente troppo.
Si allungò verso di lui, arrivando a posare le mani sui suoi fianchi e lo attirò a sé. Lo baciò a lungo, quasi con disperazione e Efestione seppe che Alessandro amava ed odiava sua madre probabilmente con la stessa intensità.
Fece scorrere le mani sulle cosce del re, sollevandogli la tunica, fino a scoprire il suo sesso, poi senza che Alessandro lasciasse mai la presa sul suo corpo si sedette sulle sue gambe, facendo scivolare la virilità del suo compagno all’interno del proprio corpo. In tutte le loro unioni Alessandro aveva sempre voluto vedere il suo corpo, ma quella posizione era strana per Efestione. Permetteva ad Alessandro di spingersi nel suo corpo tanto quanto non aveva mai fatto. Si morse le labbra, gettando la testa all’indietro quando il dolore si svegliò nel suo corpo.
Sentiva la sua carne rischiare di lacerarsi, ma non se ne preoccupò, tutto quello che aveva importanza in quel momento era lo sguardo di Alessandro, i suoi occhi dilatati e scuriti dalla passione. Tutto quello che importava erano le sue spinte, quasi brutali nella loro frenesia ma mai violente, le sue mani, una poggiata sulla schiena, per sostenerlo, e l’altra fatta scorrere sul suo petto che si soffermava a carezzare e stringere i suoi capezzoli, così come fecero presto anche i suoi denti.
Importava solo il piacere che quella vista gli procurava. Questa volta fu lui a baciare Alessandro, ad assaporare le sue labbra e giocare con la sua lingua, e lo fece nel momento in cui sentì di essere sull’orlo del limite. Lo fece quando si liberò tra i loro corpi, mentre il re rilasciava la sua essenza nel suo corpo.
Si guardarono negli occhi, in silenzio, mentre i loro respiri affannati faticavano a tornare normali, e fu in quel momento che Efestione seppe perché le parole di Olimpiade lo avevano colpito, anche se non comprendeva come questo fosse possibile.
Si alzò con grazia quando fu certo che le gambe lo avrebbero retto, e senza ricoprire il suo corpo si diresse vero la sala dove avrebbe dovuto preparare il bagno per il suo signore.
Quando tutto fu pronto tornò nella camera da letto e rimase in silenzio qualche istante a guardare il re.
Si era privato della veste e ancora seduto sul divano che aveva supportato la loro unione stava osservando il cielo di Macedonia, con occhi attenti, come se sapesse che presto quella vista gli sarebbe stata negata.
Alessandro non ebbe bisogno che Efestione parlasse per sapere della sua presenza nella stanza. Si alzò e raggiunse il ragazzo, ponendo un bacio sulle sue labbra prima di seguirlo verso il bagno.
L’acqua calda era invitante, dopo due settimane passate a cavallo, lavandosi solo con l’acqua raccolta dai grandi fiumi o con quella contenuta negli otri.
Si immerse, ma questa volta, una volta che Efestione si fu avvicinato per adempiere ai suoi compiti, lo bloccò, facendolo entrare a sua volta nella grande vasca.
“Questa sera ci sarà un banchetto per celebrare la vittoria…”
Efestione conosceva quei generi di banchetti, sapeva che solitamente il vino scorreva a fiumi, e che la ragione faceva in fretta ad abbandonare i commensali.
“Tutti i nobili di Macedonia vi parteciperanno… voglio che ci sia anche tu, al mio fianco Efestione…”
“Io sono una tua proprietà Alessandro, se tu desideri la mia presenza ci sarò!”
Alessandro non si fidava di sua madre ormai da molto tempo, ma sapeva che la sua mente era più acuta di quella di tutti i suoi generali, e sapeva che Dario aveva spie a Pella, forse anche nella sua cerchia più intima, sapeva che doveva lanciare chiari segnali al re nemico, e mostrare Efestione poteva essere uno di quelli.
Si prepararono in silenzio, e al tramonto, quando ormai tutta la reggia era in fermento, lasciarono la stanza per dirigersi verso la sala del trono.
Tutti fecero silenzio non appena il re entrò nella sala, seguito da Efestione; la testa tenuta piegata, i capelli sciolti sulle spalle e una veste di lino scuro che metteva in risalto la chiarezza della pelle.
I commensali, senza eccezione alcuna videro il bracciale, unico ornamento di quello schiavo, e riconobbero l’effige.
La musica riprese non appena il re si fu seduto a capotavola. Efestione prese posto al suo fianco, seduto su alcuni cuscini che ornavano il pavimento.
Come si era aspettato il vino cominciò a circolare ancora prima che i cuochi fossero pronti a portare le pietanze.
Alessandro parlava con tutti, riceveva le congratulazioni dei burocrati e dei guerrieri, senza eccezione, ma mentre tutti gli altri si intrattenevano con donne o ragazzi, o erano impegnati in accese discussioni, una sola persona, nella penombra della sala sembrava essere totalmente estranea a quella scena.
Cassandro aveva indossato una tunica rossa, con ricami che riprendevano la moda greca sull’orlo, i lunghi capelli neri erano tenuti fermi da un nastro di cuoio, lontani dal volto, in modo tale che gli occhi fossero in evidenza.
Aveva le mani intrecciate davanti alla bocca, ed efestione sapeva che quegli occhi andavano da lui ad Alessandro senza guardare altro.
Cercò di scacciare l’inquietudine, concentrandosi sulle voci che sentiva intorno a sé, cercando di capire di che cosa gli uomini parlassero, ma si pentì della sua scelta quando si rese conto che lui era uno dei principali argomenti di conversazione.
“E’ lui dunque…il principe di Tebe?”
“Si dice che il re lo abbia colpito sul campo di battaglia e poi reclamato come schiavo!”
“Io invece ho sentito dire che Alessandro abbia avvertito gli uomini prima della battaglia, che nessuno osasse toccare il minore dei figli del re…”
“Le voci sulla bellezza del ragazzo evidentemente sono arrivate alle orecchie del nostro sovrano ancora prima che potesse mettere gli occhi addosso a quella meraviglia!”
“Avrebbe dovuto ucciderlo, cancellare per sempre quella dinastia!”
“E rinunciare alla possibilità di poter mostrare un così splendido trofeo? Tu devi essere pazzo amico mio, nessun uomo sano di mente avrebbe rinunciato alla possibilità di possedere qual corpo!”
“Attento Attalo, o rischi di fare la fine del tuo illustre omonimo… non posso pretendere di conoscere l’animo di Alessandro bene come altri in questa sala, ma dallo sguardo del re si capisce che è pronto a colpire tutti coloro che mettono gli occhi addosso al ragazzo!”
“Allora ti conviene guardare da un’altra parte Cratero, è tutta la sera che il tuo sguardo indugia un po’ troppo su quel corpo!”
“Non mi dirai che tu non l’hai guardato neppure una volta Clito!”
L’uomo guardò quasi con disprezzo colui che aveva parlato.
“Ti ho solo dato un consiglio vecchio amico, se non lo vuoi seguire sei libero di farlo, ma alla fine sarò io a ricevere l’ordine di punire la tua arroganza…”
Clito aveva posto fine alla discussione.
Il ragazzo cercò di cancellare l’imbarazzo, anche se si era aspettato una cosa del genere.
Solo la mano di Alessandro che si posò quasi casualmente tra i suoi capelli era in grado di allontanare dalla sua mente i pensieri negativi.
Il banchetto ebbe termine alle prime luci dell’alba, quando ormai tutti quelli che non si erano ancora ritirati giacevano sui triclini vinti dal vino, dal cibo e dalle donne o i ragazzi con cui avevano giaciuto.
Alessandro aiutò Efestione ad alzarsi, poi raggiunsero le stanze del re, dove, una volta chiusa la porta, tornarono ad essere nuovamente Alessandro ed Efestione, non il re e il suo trofeo di guerra.
Il tempo trascorreva a Pella senza che niente turbasse la tranquillità del re, che con i suoi amici più stretti aveva ripreso in mano le mappe di Filippo, e le carte che il precedente re aveva studiato pianificando l’invasione della Persia.
Anche le temibili tribù del nord sembravano finalmente aver accettato la supremazia di Alessandro, signore di Macedonia, ma in cuor suo il re sapeva che erano ancora nemici temibili e spietati nonostante gli atti di fedeltà che avevano compiuto.
Un greco non si fida mai di un barbaro del nord, soprattutto quando è ancora legato al concetto di tribù.
Olimpiade aveva chiesto più di una volta di parlare con il giovane schiavo di suo figlio, e Alessandro si era trovato nell’impossibilità di negare quegli incontri. L’unica cosa che aveva potuto fare era convincere la madre a condurre Efestione nei giardini privati della reggia, dove Clito era sempre presente.
Nonostante questo però tutte le volte che il giovane faceva ritorno in camera rimaneva silenzioso per ore, come se la regina fosse in grado di privarlo della vitalità.
Nonostante questo però, nonostante tutto il tempo che Alessandro passava con Efestione, a parlare o a giacere con lui, nonostante fosse tutto il mondo che ormai Efestione era abituato a considerare Alessandro sapeva che il cuore del suo schiavo nascondeva un segreto gelosamente custodito.
Ma la rabbia e la gelosia crescevano nel cuore di uno degli Amici del Re, con la stessa intensità con cui nel cuore di Alessandro si svegliava un sentimento tenero e mai provato per Efestione.
E fu questo che presto portò alla rovina, alla distruzione della cerchia più intima di Alessandro così come Pella era abituata a conoscerla fin dai tempi dell’infanzia del re, fin dai tempi dell’accademia di Mieza.
“Posso parlarti Clito?”
Alessandro aveva raggiunto il comandante della cavalleria nel recinto dei cavalli.
“Mi volete parlare come re oppure come Alessandro?”
“Una volta mio padre mi disse che avrei sempre potuto fidarmi di te, di trattarti come avrei trattato lui… è in questa veste che voglio parlarti!”
Un sorriso strano si dipinse per un attimo sulle labbra dell’uomo.
“Avrei dovuto saperlo che tuo padre mi avrebbe messo nei guai anche da vecchio!”
“Tu non sei vecchio Clito, e mio padre ti amava, di questo ne sono certo.”
Clito affermò lentamente.
“Come io amavo lui del resto Alessandro… ma il nostro amore era qualcosa di totalmente diverso da quello che ti lega in questo momento con morso doloroso. Io sapevo che lui aveva altri, anche quando stava con me, e lo accettavo, perché per me era lo stesso, ed era impensabile legarmi per sempre ad una sola persona. Tu invece stai pensando a questo, dico bene ragazzo?”
“E’ così evidente? Sono così facilmente comprensibile?”
“Solo per cloro a cui permetti di vedere il vero Alessandro. Tu sei un re adesso, e sai che il tuo desiderio è impossibile. Dovrai prendere una moglie, generare un erede… ma questo non ti impedirà di legare il tuo cuore ad una sola persona, e il tuo giacere con una futura moglie non sarà un tradimento, solo un dovere da cui non puoi esimerti!”
“Sai chi è la persona che amo Clito?”
“Efestione…”
Alessandro abbassò la testa.
“Se questo è ciò che gli dei hanno scelto per te, non ci sarà modo di fuggire ai loro desideri. Diglielo, sii sincero con lui… e poi fai ciò per cui i tuoi uomini ti crederanno pazzo…”
“Liberarlo dalla schiavitù, renderlo uomo libero e eleggerlo al ruolo di Compagno del re!”
“Esatto ragazzo!”
“E se lui…?”
Si sentiva il bambino che era stato un tempo, quando sua madre lo riteneva divino e suo padre debole. Non aveva mai capito che cosa fosse in realtà, e anche in quel momento il dubbio rimaneva.
“Non hai mai guardato i suoi occhi Alessandro? Oppure eri troppo preso dal cercare di capire i tuoi sentimenti da non accorgerti di quelli che stavano crescendo in lui? Sei sempre stato in grado di conoscere l’animo umano ragazzo, non lasciare che l’insicurezza generi in te confusione. Tu conosci la risposta alla tua domanda!”
Ritornò nella sua stanza ripensando a quello che Clito gli aveva appena detto, ma quando vi entrò il fiato gli si mozzò in gola.
Efestione era disteso sul letto, la lunga tunica che portava gli lasciava scoperti solo i piedi, mentre le gambe erano leggermente piegate, nel sonno era se possibile ancora più bello.
Si chiese quali sogni potessero essere portati dagli dei ad una creatura come quella.
Si distese accanto a lui, avvicinandosi il più possibile al suo corpo, arrivando a percepire il suo calore, ma senza svegliarlo.
Prima di chiudere gli occhi sussurrò qualcosa al buio della stanza, qualcosa che solo Afrodite, dea dei sussurri amorosi e dei segreti dell’intimità poté sentire.
Un nuovo banchetto fu indetto da Alessandro, nessuno ne conosceva bene il motivo, ma qualcuno sussurrava già che il re aveva deciso di darlo per salutare la macedonia tutta. Si diceva che in primavera Alessandro con un esercito di quarantamila uomini sarebbe partito per la Persia, in guerra contro Dario e i suoi duecentocinquantamila uomini.
Proprio quando Alessandro stava per raggiungere gli altri con Efestione al suo fianco una delle dame di Olimpiade si avvicinò con un messaggio da parte della regina.
“Precedimi Efestione… sembra che mia madre abbia cose urgenti di cui discutere con il re e sembra che non possa aspettare fino a domani…”
Un sorriso rassicurante fu quello che accompagnò il ragazzo lungo i corridoi della reggia.
Ormai era abituato a quel luogo, sapeva orientarsi abbastanza bene in quelle parti che era solito frequentare con il re. Passò davanti al giardino privato della regina, che con la fioca luce della luna appariva ancora più misterioso di quanto non fosse in realtà, di giorno, illuminato dai raggi del sole.
Olimpiade lo accolse seduta al suo scrittoio, ingombro di pergamene e papiri.
“Non fidarti di nessuno in Asia. Libera le loro città, usa i loro uomini per combattere ma non permettere a nessuno di coloro che non conosci di sapere cosa pensi veramente, di conoscere la tua strategia.
Il Grande Re ha migliaia di alleati e spie, assassini che agiscono nell’ombra e che scompaiono senza lasciare tracce. Il suo oro può comprare tutto, in grandi quantità anche un cuore saldo. Leggi le lettere che i miei fedeli hanno intercettato, comincia a comprendere come agisce e ragiona il tuo nemico, e fallo in fretta Alessandro. In Asia tu sei esposto e indifeso se non sai a che cosa vai incontro!”
Alessandro fu colpito dalle parole della regina, ma gli bastò una sola occhiata al carteggio per comprendere che le sue preoccupazioni erano fondate.
Se avesse vinto Grecia e Persia sarebbero state sotto la sua egida, se avesse perso in Persia la Grecia si sarebbe rivoltata.
Ci volle quasi un’ora prima che la regina lo lasciasse libero di raggiungere il banchetto.
Alessandro questa volta non fu accolto dal silenzio, il vino aveva già fatto sì che oltre metà dei partecipanti fosse completamente priva di controllo, ma il re non si era aspettato niente di diverso.
Fece vagare lo sguardo in ogni angolo della sala dopo che si fu accorto che Efestione non era seduto sui cuscini acanto al suo posto, ma non riusciva a vederlo.
“Hai lasciato Efestione in camera tua ragazzo?”
Alessandro si girò verso Clito come se tutto l’esercito persiano fosse alle sue spalle.
“Non è qui?”
“No… perché…”
Gli occhi di Alessandro si dilatarono, e Clito sentì e fece propria la preoccupazione del re.
“Aiutami a cercarlo Clito!”
Uscirono dalla sala senza che nessuno avesse dato prova di essersi accorto di quello scambio di battute.
Mani cattive afferrarono il suo corpo, trascinandolo tra gli alberi.
La sorpresa gli impedì una qualsiasi reazione immediata, e quando cominciò a capire quello che stava succedendo una mano gli tappò la bocca, mentre l’altra gli bloccava i polsi dietro la schiena. Non poteva fare assolutamente niente per liberarsi.
L’odore del vino era la sola cosa che riuscisse a percepire del suo assalitore, oltre alla sua forza ovviamente.
Quando fu certo di averlo portato abbastanza lontano lasciò libera la sua bocca, scendendo a sciogliere la cintura che teneva ferma la sua veste.
Gli legò le mani con quella, ferendogli i polsi tanto stretto fu il nodo.
Il ragazzo cercò di divincolarsi, una via di fuga del tutto inesistente e il suo assalitore tacitò ogni protesta colpendolo violentemente al volto. Il sapore del suo stesso sangue gli riempì la bocca.
Si sentì sollevare e spingere violentemente contro il tronco di un albero, ed poi sentì quelle mani strappare la sua veste, ghermire la sua pelle, sentì le sue unghie lacerare la pelle.
La nausea lo assalì mentre le lacrime cominciavano a scorrere libere sul suo viso.
“No… non…farlo… ti prego…”
La sua preghiera fu accolta da una risata di scherno, mentre altri colpi lo fecero tacere.
Gridò quando sentì il suo corpo violato, mentre il suo assalitore si faceva largo in lui senza dargli tregua.
Cercò di non pensare a quello che stava succedendo, ma le labbra sul collo, che mordevano e succhiavano, cercando di risalire il suo profilo, lo riportavano alla realtà.
Mentre quel sesso estraneo lo lacerava come Alessandro non aveva fatto neppure nel momento in cui prendeva la sua verginità. Sentì il calore del sangue scorrere sulle sue cosce bianche e provò ribrezzo di se stesso.
“BASTA, ti supplico basta…”
Le spinte si fecero selvagge, più lui pregava che quella tortura cessasse, più il suo aguzzino trovava modi di fargli del male.
Finalmente, quando ormai le forze lo stavano abbandonando e fu certo di non poter resistere oltre a tutto quel dolore sentì il suo assalitore liberarsi dentro il suo corpo.
“Questo è ciò che le puttane come te si meritano…”
Si accasciò scivolando a terra, vomitando tutto il dolore e l’umiliazione che provava.
Aveva riconosciuto quella voce.
Sentì i passi del suo aguzzino allontanarsi, ma non ebbe la forza di fare altro, se non accoccolarsi su se stesso e rimanere immobile, incurante del freddo.
Clito vide di sfuggita un’ombra che conosceva bene uscire dal giardino della regina Olimpiade. Scosse i lunghi capelli e sperando di sbagliarsi corse nel punto più folto.
Quello che vide gli gelò il sangue nelle vene, nonostante avesse visto quella scena più di una volta.
Efestione stava tremando, il corpo ricoperto di lividi, non lasciava spazio all’immaginazione. Quello che era successo era fin troppo evidente.
Si inginocchiò accanto a lui e lo coprì con il suo mantello. Lo sentì irrigidirsi quando fece passare un braccio intorno alla sua vita e uno sotto le gambe per sollevarlo, ma era troppo debole per opporre altra resistenza.
Riemerse da quell’oscurità opprimente solo per imbattersi in Alessandro.
“Non adesso ragazzo… adesso dobbiamo portarlo al riparo!”
Il re seguiva Clito come se non avesse più volontà, solo l’immagine del volto di Efestione, macchiato di sangue e lacrime, nella sua mente.
Clito depose Efestione sul letto, il ragazzo era svenuto pochi istanti dopo che lo aveva preso in braccio, ma nonostante questo ancora non osava scoprirlo.
Se il suo volto aveva sconvolto Alessandro non osava immaginare la reazione del suo re davanti alla vista dei lividi e delle escoriazioni.
“Alessandro… Alessandro abbiamo bisogno di acqua calda e di panni puliti…”
Il re si mosse e portò quello che gli era stato chiesto.
Solo allora Clito rimosse il mantello.
Alessandro strinse i pugni tanto forte che le unghie, conficcatesi nella carne crearono piccole ferite nei suoi palmi.
“Chi è stato? Clito chi è stato?”
Poteva mentirgli, poteva mentire ad un uomo il cui amore era stato violentato? Se lo faceva non tradiva solo il suo re, tradiva il figlio di Filippo, ma se diceva la verità sarebbe scoppiata una tragedia.
“Il tuo silenzio ti tradisce Clito…”
L’uomo lo guardò atterrito. Non poteva credere…
“Tu sai chi è stato… dimmelo, per la memoria di mio padre dimmi chi è stato a fare una cosa del genere!”
Clito tornò a dedicare la sua attenzione a Efestione, passando pezze bagnate sul suo corpo e il suo viso, portando via il sangue e le lacrime. Solo quando le gambe e i glutei del ragazzo furono le uniche parti che ancora dovevano essere puliti Clito si fermò.
“Forse… forse è meglio che sia tu a continuare… se si dovesse riprendere ora sentirebbe un tocco conosciuto… un tocco di cui si fida!”
Alessandro fece quello che Clito gli aveva detto.
Si morse le labbra per non urlare, per non scoppiare a piangere come un bambino. Sentiva il cuore scoppiare, mentre cancellava il sangue e lo sperma che deturpavano quel corpo.
Mentre copriva il suo corpo Efestione riaprì gli occhi. In un primo momento non riconobbe l’uomo il cui sguardo incontrò e il panico lo assalì, ma in pochi istanti riconobbe Alessandro. Adesso era al sicuro.
Cercò di sorridere quando vide la preoccupazione sul volto dell’uomo, ma il taglio sul labbro gli fece cambiare idea.
Sentì la mano del suo signore accarezzargli i capelli, ma nonostante la sensazione di tranquillità che quel gesto gli procurava si scostò da lui.
“No…non…non dovete farlo…io non sono degno…della vostra presenza!”
Clito abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto allontanarsi dalla stanza, lasciare Alessandro ed Efestione alla loro intimità, l’uno alle braccia dell’altro, ma sapeva che non poteva fino a che il nome non fosse venuto ala luce.
Alessandro si avvicinò ancora, sedendosi sul letto, accanto ad Efestione, abbracciandolo nonostante le resistenze del ragazzo, trasmettendogli tutto l’amore che aveva era nato nel suo cuore.
“Non dire assurdità Efestione, io non posso immaginare di stare lontano da te, non riesco neppure a pensare a questa evenienza.”
“Ma… ma sapete quello che è successo, che cosa ho fatto…”
“So quello che ti hanno fatto, so quello che hai dovuto subire e mi maledico mille e mille volte per aver accettato di raggiungere mia madre, lasciandoti solo… è solo per causa mia che hai dovuto vivere una cosa del genere!”
Efestione pose le dita sulle labbra dell’uomo, cercando di fermare quelle assurdità.
Mai, neppure per un istante aveva pensato che Alessandro avesse qualche colpa.
Efestione cessò ogni resistenza e lasciò che Alessandro lo avvolgesse nel suo abbraccio, cercando di non pensare alla sensazione di altre mani che toccavano il suo corpo.
“Devi riposare Efestione. Il tuo corpo ha bisogno di riprendersi. Cerca di dormire… io sarò qui!”
Efestione si accoccolò contro il corpo di Alessandro, e racchiuso nel suo calore, lasciò che la stanchezza e la disperazione vincessero quelle poche energie che gli restavano.
Quando fu certo che Efestione dormisse profondamente rivolse la sua attenzione a Clito.
“Il nome Clito… voglio quel nome!”
Mai aveva visto tanta determinazione negli occhi di Alessandro, anche durante l’assedio di Tebe aveva sempre mantenuto la sua umanità, ma in quel momento era semplicemente terrificante.
“Cassandro…”
Il re serrò gli occhi per un istante, poi domò le proprie emozioni.
Clito raggiunse la porta senza attendere che il suo re parlasse ancora, sapeva che non sarebbe successo.
All’alba Efestione aprì gli occhi. Tutto nel suo corpo faceva male, ma il calore che lo avvolgeva faceva in modo che quella sensazione fosse mitigata.
Alessandro era sveglio e lo guardava con la più dolce delle espressioni.
“Non…non avete dormito!”
Scosse la testa.
“Come ti senti Efestione, anche se è una domanda sciocca da fare!”
“Male e bene allo stesso tempo!”
Non aveva potuto dare una risposta diversa.
“Male per quello che è successo, per l’umiliazione che ho provato oltre che per il dolore. Non… non credevo che potesse essere così… così ributtante!”
Alessandro non sapeva che cosa dire, desiderava disperatamente avere la forza di cancellare la tristezza che leggeva in quegli occhi azzurri.
“Ma bene perché… perché…”
Un violento rossore gli salì al volto, mentre gli occhi si puntarono sulle mani, intrecciate nervosamente.
“Perché nonostante tutto tu sei ancora qui… al mio fianco…”
Aveva abbandonato il voi senza neppure rendersene conto.
“E questo ti fa piacere? Ti fa stare meglio?”
“Si… questo mi fa stare bene Alessandro!”
“Non più uno schiavo Efestione. Da questo momento io ti restituisco la tua libertà principe, e se lo accetti ti elevo al rango di compagno del re… un mio pari, con dignità e diritti… un uomo da amare e non solo da possedere!”
“Amare? Alessandro cosa…”
“Amare Efestione, come non ho mai fatto in vita mia. Avrei voluto dirtelo in un’altra occasione non adesso, dopo qualcosa di così terribile…”
Efestione non voleva credere alle proprie orecchie, stava cercando di convincere se stesso che quello era tutto un sogno, ma la presenza di Alessandro era così vera.
“Vuoi dire che ho la possibilità di amare? Di rivelare i miei veri sentimenti?”
“Hai il diritto di farlo, e il dovere nei tuoi confronti di non celare oltre quello che abita il tuo cuore!”
“Ti amo Alessandro, questa è la sola verità che abita il mio cuore, non so perché, non so come sia stato possibile, ma so che è così, che gli dei mi hanno condotto sulla tua strada e che mai, per tutta la durata della mia vita lascerò il tuo fianco, anche quando ti sarai stancato di avermi come amante… sarò ugualmente felice di continuare a seguirti come amico!”
Alessandro unì le loro labbra facendo attenzione a non provocare altro dolore al suo compagno.
“Per l’eternità Efestione… è questo il tempo che voglio trascorrere con te, al mio fianco, amico e amante allo stesso tempo!”
Lasciò la stanza dopo molte ore, passate a parlare, sfiorandosi appena, solo per assicurarsi l’uno della reale presenza dell’altro.
Ore trascorse a mettere a nudo i loro cuori e le proprie anime, ma nonostante tutto c’era ancora qualcosa che mancava alla totale pace di cui entrambi sentivano di avere bisogno.
I suoi comandanti lo aspettavano nella sala del trono. Tutti coloro che sapevano dell’imminente partenza erano riuniti per ricevere gli ultimi ordini.
Quando il re fece il suo ingresso Clito vide che qualcosa era cambiato in lui, vide una determinazione diversa nei suoi occhi.
Si sedette e parlò della partenza, dando gli ordini con voce chiara, senza lasciare spazio alla distrazione.
Quando ebbe finito tutti seppero che quella che stava per cominciare sarebbe stata la più grande impresa che mai mente umana fosse stata in grado di pianificare, e in quel momento, come mai prima, Alessandro non era il figlio di Filippo, ma il figlio di Zeus, amato dagli dei tutti.
Lasciarono la sala lentamente e in silenzio, come se una loro parola potesse infrangere l’incantesimo che la presenza di Alessandro aveva gettato in quel luogo; la reggia di Macedonia non era più la casa di un re, ma un tempio, dimora di un Dio immortale.
Poggiò una mano sulla spalla di Cassandro e prima che l’uomo potesse chiedere qualcosa, o che gli altri parlassero la lama del suo pugnale raggiunse famelica la gola.
Lo schizzò di sangue lo raggiunse in faccia, come era successo sulle rovine di Tebe, e come allora macchiò la sua tunica.
Alessandro, figlio di Zeus, dio tra i dodici immortali aveva reclamato il suo sacrificio.
Nessuno parlò, né allora né in futuro. Per tutti la morte di Cassandro era semplicemente stata necessaria.
Dai tempi di Omero si sacrificano uomini prima di grandi imprese, l’atto di Alessandro era stato un legame con un passato di gloria che la Macedonia doveva a tutti i costi fare proprio.
“Chi è questo Alessandro, figlio di Filippo che osa sfidare la mia forza?”
“Un giovane imberbe Grande Re, che schiaccerai senza problemi!”
Questa fu la risposta che Dario, seduto sul suo trono nella città di Babilonia, una delle quattro capitali del suo vasto impero ebbe da Besso, Satrapo tra i più fedeli e feroci.
“Non sottovalutare questo ragazzo Re dei Re!”
Arsite aveva preso la parola.
“Nonostante la sua giovane età questo Alessandro è capace di grandi passioni e temibili freddezze. Ama un uomo che ha reso schiavo e poi liberato, con tanta intensità che quella che poteva essere una debolezza si è rivelata invece la fonte della sua forza. Ha sacrificato la vita di uno dei suoi amici d’infanzia solo perché aveva osato toccare il suo compagno. Non abbiamo mai incontrato un uomo come lui Dario, mio signore: Suo padre era un folle che inseguiva sogni di gloria solo perché la Grecia strisciasse ai suoi piedi. Lui viene in Persia per possederla completamente. L’unico limite di Alessandro saranno i confini della terra stessa. Questo è l’uomo che già molti definiscono figlio di Zeus Ammone. Questo è il nemico che ci troveremo davanti!”
Alessandro e il suo esercito di quarantamila uomini attraversarono l’Ellesponto.
La mattina della grande battaglia la piana di Gaugamela sembrava il teatro per una rappresentazione tragica.
La sabbia del deserto sembrava già rossa, forse premonitrice del sangue che presto l’avrebbe bagnata.
Spronò Bucefalo, cavalcando verso il proprio destino e accanto a sé aveva Efestione, la sua forza, la sua stessa vita.
Il sole della Persia brillava nei loro occhi mentre avanzavano verso l’ignoto.
Insieme per sempre, come si erano promessi a Pella.
FINE
Di lui si raccontano molte storie, non tutte vere e non tutte false. Si dice che sua madre sia una strega, una principessa dell’Epiro ancora dedita alla barbarie dei culti dionisiaci, quegli stessi culti estirpati dal suolo greco da centinaia di anni. Una donna che ama i serpenti più del suo sposo e che si racconta abbia concepito quel figlio non con Filippo II di Macedonia ma con il Dio a cui è fedele, se non addirittura con Zeus stesso.
Qualunque sia la verità sulle sue origini non è dato conoscerla, tutto quello che è possibile sapere è che questo giovane uomo è caro agli Dei, e che le sue vittorie superano di gran lunga la sua giovane età.
Il cavallo nero su cui avrebbe guidato l’attacco era irrequieto, fremente per l’attesa e come il suo cavaliere sembrava impaziente di scattare al galoppo, caricando sull’esercito che li fronteggiava, l’ultimo baluardo delle difese di Tebe, la più grande e splendente città di tutta la Tessaglia. Il re di quelle terre insieme ai figli era a capo delle difese.
“Credete che potremmo avere qualche speranza?”
Il sovrano, un uomo dai grandi occhi neri guardò il generale che aveva parlato.
“Solo se lui fa un errore, ma da quello che ho sentito dire solo l’esercito persiano potrebbe rappresentare per lui una minaccia…”
Sapeva che entro l’alba tutto sarebbe finito e fu allora che il suo pensiero corse alla reggia dove aveva lasciato la sposa insieme alla figlia maggiore e una preghiera corse rapida agli Dei, che almeno la sua retroguardia potesse sfuggire al massacro e galoppare fino a casa dove le donne della sua famiglia avrebbero potuto decidere da sole in che modo concludere le proprie vite, senza che l’offesa e l’umiliazione le ricoprissero.
“Tutta la famiglia reale è presente?”
La voce del Re aveva scosso gli uomini dalla stasi che precede la battaglia.
“Il re e due dei suoi figli, Cratilo, l’erede al trono ed il principe Efestione, il figlio più piccolo!”
Il suono di quel nome accese lo sguardo del Macedone, da quando infatti aveva deciso di portare il suo esercito sul suolo Tessalo le storie sulla bellezza del figlio minore del re erano giunte alle sue orecchie sempre più insistenti, e da sempre lui era stato un uomo curioso.
Fece scorrere gli occhi sull’esercito che li fronteggiava e non ci mise molto a riconoscere i tre uomini di cui Clito, uno dei suoi comandanti aveva appena parlato.
Il mantello rosso del re e dei principi spiccava il contrasto con il bianco delle tuniche di tutti gli altri e il bronzo delle armature.
“Clito, porta l’ala destra dell’esercito sulla strada per la reggia di Tebe, che cavalchino veloci come il vento… al mio arrivo voglio che il massacro sia concluso!”
“Come tu desideri mio re!”
La nuvola che si alzò avvertì il re che i suoi calcoli erano sbagliati. Si era aspettato di sostenere la carica dell’intero esercito macedone, ma evidentemente il suo avversario era di un'altra opinione.
Vide una parte della cavalleria muoversi veloce tra terre che erano state ben studiate e seppe che per la sua città e la sua sposa non ci sarebbe stata pietà.
“Massacrate il re e il suo erede, ma che nessuno osi toccare il principe Efestione… né durante la battaglia né dopo…”
Le parole erano state chiare alle orecchie di tutti, e nessuno avrebbe disubbidito a quell’ordine, nessuno che tenesse alla vita almeno.
Il re combatté con la morte nel cuore, mentre i suoi uomini venivano infilzati dalle sarisse nemiche e la falange oplita sbaragliava il muro che il suo esercito cercava invano di formare.
Mai nei suoi lunghi anni di guerre aveva visto uomini combattere in quel modo. Aveva sentito delle modifiche apportate da Filippo al modo di combattere greco, ma non sapeva che il figlio avesse migliorato ulteriormente la fanteria.
Mentre il massacro si consumava davanti ai suoi occhi vide Cratilo, il suo erede cadere nella polvere e nel sangue, colpito a morte dalla spada del re nemico.
Tutto in quel momento fu perduto nel cuore del re. Il figlio che avrebbe dovuto prendere il suo posto aveva raggiunto il mondo dei morti prima di lui. Si augurò che quella fosse anche la sorte di Efestione, la cui voce aveva riempito e allietato le sale del suo palazzo e la cui bellezza faceva invidia agli dei stessi.
Pregò affinché le lame dei macedoni ferissero il petto del suo giovane figlio, procurandogli una morte veloce, altrimenti tremava al pensiero di che cosa quelle bestie venute dalle montagne avrebbero potuto fare a quella creatura.
L’immenso cavallo nero del re macedone stava caricando contro di lui; l’uomo passò accanto al principe Efestione e il re vide che lo superava invece di colpirlo come sarebbe stato logico fare.
Vide l’elsa della spada del suo nemico colpire la nuca esposta del giovane, vide i suoi occhi seguire la caduta del ragazzo e poi lo vide su di sé.
Cercò di parare i colpi, ma sembravano vibrati dalle braccia possenti di Briareo non da un ragazzo appena ventenne.
Sentì il suo sangue scorrere dalle numerose ferite che il suo corpo stava sopportando, e prima che le forze lo abbandonassero del tutto dette voce alla sua ultima preghiera, ma non implorò per avere salva la vita. Era un re, un uomo d’onore, e questo non avrebbe mai potuto farlo.
“Uccidi mio figlio… non permettere che i tuoi uomini…”
Il suo stesso sangue gli bloccò le parole in gola, invadendo la bocca del re con il suo sapore ferroso.
“I miei uomini non lo toccheranno… ma non ucciderò una simile bellezza!”
Il re di Tebe morì con la consapevolezza di quale sarebbe stato da quel momento il destino del figlio.
Efestione, nato dalle sue nozze con una nobile di Tracia, nato in seno alla famiglia reale di Tebe, principe e uomo libero, sarebbe diventato lo schiavo di Alessandro, signore di Macedonia.
Quando anche gli ultimi fuochi della battaglia furono spenti Alessandro smontò da cavallo, e lentamente si avvicinò al luogo dove giaceva il cadavere del re e poco distante, ancora svenuto c’era lui, il ragazzo cantato come uno dei più belli che mai la terra avesse conosciuto.
Si inginocchiò accanto al corpo e lentamente rimosse l’elmo.
Una cascata di capelli castani, morbidi al tatto come la più raffinata delle stoffe, nonostante il sangue apparve agli occhi del re, ad incorniciare un volto delicato e bellissimo.
Dunque era quello Efestione… decisamente i racconti sulla sua bellezza non gli rendevano giustizia.
Lo prese tra le braccia, sollevandolo dalla polvere e con il suo fardello camminò nuovamente verso Bucefalo, che lo attendeva immobile; tutti poterono vedere il re e il principe nemico che teneva in braccio, e tutti seppero che quella era proprietà di Alessandro, per loro ci sarebbero stati l’oro di Tebe e le donne e i ragazzi che ancora erano in vita, ma non il sangue della famiglia reale ormai estinta.
Alessandro cavalcò velocemente verso la reggia, con coloro in grado di seguirlo, per i feriti era stato invece allestito un campo vicino al luogo in cui si era combattuto e già i chirurghi erano a lavoro.
Una volta che il palazzo apparve ai suoi occhi poté constatare che i suoi ordini erano stati rispettati. I sopravvissuti aspettavano nella grande sala interna del palazzo che il nuovo signore di quelle terre decidesse della loro condizione.
“Mio signore, la regina e la principessa sono morte… i miei uomini hanno trovato i loro cadaveri una volta che sono riusciti ad entrare…”
“Sapevo che era una possibilità concreta Clito… non temere il mio rimprovero, e poi non avrei saputo che cosa farmene delle due donne di cui stai parlando. Nemiche troppo temibili per essere lasciate in vita!”
Clito osservava ciò che Alessandro stringeva ancora mentre il suo signore parlava.
“Il principe Efestione, tutto ciò che rimane della dinastia regnante… tutto ciò che rimane del sangue di Edipo che regnò in passato su questa città!”
“Il tuo schiavo mio signore?”
Il re annuì, muovendo la lunga chioma bionda, così innaturale per un macedone.
“Se posso permettermi mio signore, credo che sarebbe meglio se lo portassi nella camera da letto reale… da quello che ho potuto vedere non ci sono oggetti con cui il principe potrebbe cercare di togliersi la vita, e soprattutto è piena di oli e unguenti che potrebbero esservi utili!”
I due uomini si scambiarono un sorriso di intesa mentre il Re si muoveva per quei corridoi sconosciuti, guidato da un vecchio servo con le lacrime agli occhi.
Una volta arrivato nella stanza indicatagli depose il suo fardello sul grande letto e chiamò i suoi schiavi, affinché preparassero il bagno per il ragazzo e il suo medico personale perché gli dicesse in che condizioni erano le ferite che il ragazzo aveva riportato.
Una volta che le ferite del ragazzo furono medicate Alessandro lasciò la stanza; due uomini di guardia avrebbero impedito a chiunque di entrare ma soprattutto di uscire.
Efestione aprì gli occhi lentamente, la testa pesante e la vista offuscata.
Cercò di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava e allora riconobbe la stanza da letto dei suoi genitori e si chiese per quale motivo fosse lì. L’ultima cosa che ricordava era un grande cavallo nero che gli galoppava contro, poi c’era stato il buio.
Solo allora si accorse della presenza delle guardie e improvvisamente ebbe paura di comprendere la sua nuova posizione.
Vagò freneticamente con lo sguardo in cerca di una via di fuga, di qualunque tipo, ma non c’era niente nella stanza che avrebbe potuto permettergli di salvarsi.
Con la coda dell’occhio vide il sorriso beffardo che si era disegnato sui volti dei suoi carcerieri.
Un servo uscì allora dalla sala da bagno, un uomo che non aveva mai visto ma che non poteva essere libero, visto il collare che adornava il suo collo.
Lo sconosciuto si avvicinò al letto osservando il giovane per alcuni istanti.
“Il bagno è pronto, se volete seguirmi sarò felice di potermi prendere cura di voi!”
L’accento lo indicava chiaramente come un abitante dell’Illiria, dove era ancora in uso il dialetto dorico.
Il giovane principe non voleva muoversi, ma la prospettiva di togliersi di dosso la polvere e il sangue era troppo allentante per essere a lungo rifiutata.
Ubbidì lentamente e seguì l’uomo nella sala da bagno, mentre le guardie rimanevano ferme al loro posto.
Neppure in bagno trovò qualcosa che potesse essere usato per liberarsi.
Si immerse nella grande vasca, dopo essersi liberato della tunica sporca di fango e sangue. Improvvisamente i suoi muscoli, tesi, cominciarono a rilassarsi, mentre abili mani facevano cadere l’acqua profumata sui suoi lunghi capelli massaggiandoli e liberandoli dal sangue che li aveva incrostati.
Quel rituale durò a lungo mentre Efestione cercava di trattenere le lacrime che spingevano per uscire dai suoi occhi.
Troppi ricordi erano legati a quella reggia, ricordi di un tempo felice in cui vi aveva abitato in pace con le persone che amava.
Aveva visto suo fratello maggiore morire quella mattina, e poteva immaginare che la stessa sorte fosse toccata anche al padre; non volle pensare a quello che poteva essere successo a sua madre e a sua sorella.
La sua famiglia era stata cancellata, la sua vita distrutta, e tutto ad opera di un uomo dalla carnagione dorata e i capelli biondi, un uomo che in un’altra occasione non avrebbe esitato a definire bello, ma di cui in quel momento non poteva che avere terrore e per cui non poteva provare che odio e ribrezzo.
Fu riportato nella camera da letto e vestito con una lunga veste bianca che qualcuno aveva appoggiato sul letto.
Il servo gli pettinò a lungo i capelli una volta che furono asciutti, e li lasciò morbidi e sciolti sulle spalle del ragazzo.
Quando anche quella incombenza fu portata a termine lasciò la stanza senza dire una parola.
Il sole era tramontato da molte ore quando finalmente Alessandro fu in grado di lasciare la sala centrale della reggia, dove aveva deciso a chi alcuni tra le donne e i ragazzi presenti dovessero andare degli uomini che avevano combattuto per lui, e chi invece dovesse semplicemente essere venduto come schiavo.
Anche una parte del tesoro della città era stato diviso tra i generali e i comandanti, il resto sarebbe stato inviato ai capireparto affinché venisse diviso tra i soldati semplici.
Entrò nella grande stanza silenziosamente e le guardie dopo essersi inchinate al suo passaggio lasciarono il loro posto chiudendo la porta che prontamente fu fermata da Alessandro.
Il principe non si era accorto di niente, a lungo aveva cercato di combattere la spossatezza per accogliere il suo nemico, ma alla fine la stanchezza e la disperazione avevano avuto la meglio sul suo giovane corpo.
Alessandro si prese il suo tempo per osservare veramente la creatura che aveva reclamato come propria.
I lunghi capelli, pettinati e puliti erano sparsi sul cuscino, il volto pallido, ma rilassato nel sonno, avrebbe fatto invidia ad un Dio, mentre il suo corpo, rivestito dalla stoffa chiara e trasparente era quanto di più bello Alessandro avesse mai visto.
Si domandò quanti avessero avuto la fortuna di vederlo in quello stato, se c’erano stati amanti nella giovane vita del suo schiavo e si scoprì geloso di questa possibilità non poi così remota, in fin dei conti chi avrebbe potuto resistere a tanta bellezza?
Sfiorò il suo volto con un dito e si meravigliò di quanto liscia e morbida fosse la sua pelle, al cui confronto la seta d’oriente appariva ruvida e sgradevole.
Si soffermò a lungo sulle labbra rosse, morbide e carnose e fu curioso di scoprire che sapore avessero.
Scese velocemente, fino alle lunghe gambe del ragazzo; le accarezzò nonostante la stoffa, stringendo possessivamente la carne delle cosce mentre la sua mano si era introdotta oltre il lino, sollevando la veste in maniera oscena.
Gli occhi blu cobalto di Efestione si aprirono di colpo, ogni traccia di sonno cancellata dalla paura di quel tocco.
Non conosceva la dolcezza delle carezze di un amante, ma sapeva che cosa poteva accadere tra due uomini.
Cercò di sottrarsi a quella carezza non desiderata, scattò come un animale braccato, ma il suo cacciatore era esperto e si aspettava una reazione del genere.
Lo bloccò senza sforzo imprigionandolo su quel letto che aveva visto sua madre concepire tre figli, tre principi di cui non sarebbe rimasta memoria alcuna.
“Non temermi Efestione, non sono qui per farti del male!”
La voce di Alessandro era calda e gradevole, non gutturale e aspra come invece si sarebbe aspettato da un uomo delle montagne.
Efestione cercò di raccogliere tutto il coraggio che ancora aveva, Alessandro era più forte di lui e avrebbe potuto fargli tutto ciò che la sua mente gli avesse suggerito, questo non voleva certo dire che avrebbe mostrato debolezza o implorato quella bestia.
“No? E per cosa sei qui allora nobile Alessandro? Perché non te ne sei tornato a Pella dopo la vittoria? Dopo la distruzione di una città che aveva resistito a secoli di guerre, che era stata la più fedele e utile alleata di Atene? Patria di poeti ed eroi del passato che mai le tue terre potranno sperare di ospitare?”
“Dovevo distruggere Tebe, proprio per lanciare un messaggio ad Atene. Io posso unificare la Grecia contro Dario e la Persia, ma per fare ciò devo essere certo che durante la mia assenza le città non si rivoltino contro di me. Ho dovuto dimostrare che cosa sono capace di fare, ho dovuto far vedere ad Atene a che cosa va incontro se osa ribellarsi a me!”
“Non ti ho chiesto per quale motivo hai distrutto Tebe, non mi interessano le tue scuse Barbaro, come in realtà non mi interessa sentire la risposta alla mia domanda; sarebbero solo altre menzogne che probabilmente ti sei già raccontato centinaia di volte!”
Alessandro guardava quel ragazzo affascinato, non aveva creduto di trovare tanto carattere in una simile creatura all’apparenza delicata ed indifesa, e questo rendeva il tutto ancora più interessante, eccitante, potersi confrontare con qualcuno che avrebbe lottato e che non si sarebbe piegato ai suoi desideri solo perché era il Re.
Si era aspettato un principe pronto a diventare schiavo come se da sempre fosse stata quella la sua vera natura, e invece trovava un ragazzo che in quelle ore era diventato uomo.
Efestione si stava ancora domandando da dove fossero uscite le sue parole e perché Alessandro non lo avesse ancora colpito per la sua insolenza; stava pensando a tutto quello che sarebbe potuto succedere, ma nessuno dei suoi pensieri si era avvicinato alla realtà.
Alessandro afferrò il ragazzo per la vita, sollevandolo dal letto, incurante delle sue lunghe gambe che cercavano di scalciare come un puledro non ancora domato.
Uno strano suono, come quello di una risata vera, non di scherno uscì dalle labbra del macedone.
Se lo caricò su una spalla, come chiunque altro avrebbe fatto con un tappeto e della stoffa e si avvicinò ad una sala laterale, quella in cui i suoi genitori erano soliti cenare insieme, in intimità.
“Lasciami…lasciami immediatamente!”
“Per gli inferi ragazzo sei più rumoroso di uno stormo di corvi…ma decisamente più piacevole da avere tra le braccia!”
Lo depose su una poltrona imbottita che aveva fatto sistemare davanti alla tavola apparecchiata.
Efestione guardava il piatto che aveva davanti, riempito di verdure e carne e la coppa di vino che lo accompagnava ed improvvisamente si rese conto di essere affamato.
“Mangia Efestione, so che cosa vuol dire partecipare ad una battaglia, e so che a volte lo si fa a stomaco vuoto…”
Lo sguardo del principe andava dal cibo al volto del re macedone senza riuscire a prendere una decisione chiara.
“Il cibo non è drogato o avvelenato, se questo è ciò che ti preoccupa…”
“Sarebbe sciocco da parte tua avvelenarmi senza prima esserti preso quello che ti spetta di diritto… sono il tuo schiavo, hai potere di vita e di morte su di me, ma se avessi semplicemente voluto uccidermi non mi avresti vestito di lino bianco, come una vergine sacrificale portata davanti al suo uccisore.”
Alessandro era sempre più colpito da quel ragazzo, anche se sapeva che molte delle sue parole erano scudi dietro cui nascondere la paura non poteva fare a meno di vedere una fiamma bruciare dietro quegli occhi che parevano aver rubato il colore alle gemme più preziose in quel momento, mentre le sue emozioni li scurivano.
“E’ questo che sei?”
Prese distrattamente un pezzo di carne dal proprio piatto e la portò alle labbra.
“Una vergine sacrificale? Non potresti essere semplicemente una sposa condotta al talamo?”
Bevve dalla coppa mentre aspettava una risposta.
“Una sposa Alessandro avrebbe avuto facoltà di parola nella scelta del compagno con cui giacere, una vittima sacrificale non sceglie il pugnale con cui il suo sangue sarà fatto scorrere…”
Il re sorrise pensando se il ragazzo si fosse reso conto di come potevano essere interpretate le sue parole o se avesse parlato innocentemente.
“Tu eri un principe Efestione, dovresti sapere che tutti gli appartenenti alle famiglie reali non scelgono la donna che diverrà loro sposa, sono costretti a contrarre matrimoni organizzati per le alleanze, matrimoni che abbiano peso politico!”
Alessandro si era dimostrato meno crudele di quanto Efestione di fosse aspettato; almeno fino a quel momento non si era comportato come la bestia che invece il giovane si era aspettato entrasse nella stanza per reclamare la sua proprietà, ma aveva ugualmente messo in chiaro la sua posizione usando il tempo passato per definire la sua carica.
Era stato un principe, ora era solo un giocattolo tra le mani di colui che sicuramente avrebbe piegato l’aristocrazia greca, ormai vecchia e debole, abituata a guardarsi alle spalle per vivere della gloria passata ma totalmente corrotta e inutile nel presene.
“Non hai risposto alla mia domanda comunque… sei una vergine sacrificale? Sei vergine?”
Il ragazzo arrossì di colpo. Non si era aspettato una simile domanda, non apertamente e si chiese perché a quell’uomo interessasse sapere se era vergine o meno, qualunque fosse stata la sua risposta non avrebbe cambiato la sua posizione.
Per un istante prese in considerazione la possibilità di poter mentire, ma non sarebbe servito a niente, alla fine la verità sarebbe emersa comunque.
Prese un sorso vino dalla sua coppa prima di rispondere, sperando che il succo dell’uva schiacciata cancellasse o coprisse il motivo del rossore che aveva sentito bruciargli il volto.
Si forzò a buttare giù quello che aveva in bocca. Vino puro, forte e scuro. Non era abituato a quel tipo di bevanda, era solito diluire il vino di Corinto, più leggero con acqua o unirlo al miele.
Alessandro attendeva una risposta, osservando quel volto e la miriade di emozioni che la sua domanda aveva risvegliato. Stava cercando di capire se potesse essere vero che Efestione non conoscesse uomo.
“Si… sono vergine signore dei macedoni!”
Il re lo guardò attentamente, cercando di scorgere la menzogna in quelle iridi profonde.
Voleva disperatamente credere che quella fosse la verità, la sola idea di poter privare quella creatura della verginità, di poterla legare a sé come Achille aveva fatto con Patroclo era esaltante e aveva risvegliato la sua virilità, ma come poteva essere? Quali folli avevano abitato la reggia di Tebe se quel ragazzo non era mai stato toccato? E poi, lo aveva visto prendere parte all’ultima battaglia della città, non era possibile che una simile bellezza fosse passata inosservata tra uomini abituati a troppa solitudine?
Efestione aveva svuotato la coppa, quasi senza prendere fiato, tutto solo per cercare di non guardare gli occhi e il viso del macedone, tutto per non vedere lo scherno su quelle labbra e per cercare di cancellare l’imbarazzo che l’ammissione appena fatta aveva risvegliato in lui.
“Quanti anni hai Efestione?”
“Sedici!”
“Sedici anni e pretendi che io creda che sei ancora vergine? Non mentirmi Efestione, non prenderti gioco di me e della mia pazienza, potresti scoprire che è facile arrivare al limite di essa!”
non poteva sopportare che un suo schiavo gli mentisse spudoratamente, pretendendo anche di essere creduto.
“Io non ti sto mentendo, non ho mai conosciuto uomo, o donna, mia madre mi ha tenuto accanto a sé dalla nascita, pretendendo da mio padre il giuramento che mai nessuno dei comandanti dell’esercito e degli amici del re mi avrebbe reclamato come amante!”
“E perché mai tua madre avrebbe fatto una cosa del genere? Non aveva visto la tua bellezza?”
“Lo ha fatto per difendermi da uomini che avrebbero visto solo il mio aspetto fisico. Mia madre conosceva il mio spirito, sapeva che mai mi sarei unito ad un uomo per cui non provavo niente se non ribrezzo solo perché era ciò che le tradizioni richiedevano e se ci fosse stato un altro figlio maschio, per assicurare la discendenza anche se mio fratello Cratilo fosse perito, allora forse avrebbe chiesto al re mio padre di farmi intraprendere la vita sacerdotale! Dalla prima volta che vide il mio volto mia madre mi credette creatura destinata a servire gli immortali, non gli uomini che calpestano la polvere di questo mondo.”
“Questo non è accaduto però, tua madre non ha concepito un altro figlio maschio Efestione. Nessuno dei desideri di tua madre si è realizzato, allora dimmi, perché dovresti essere ancora vergine?”
“Perché nessuno poteva andare contro gli ordini di mio padre… nessuno poteva usare violenza al figlio del re!”
“Non esiste solo la violenza Efestione, potresti esserti concesso liberamente ad un uomo…”
“Non è accaduto Alessandro, ma in fin dei conti perché continuare a parlare se tanto non credi alle mie parole? Arriverà il momento in cui scoprirai da solo la verità…”
Aveva abbassato lo sguardo, tenuto fino a quel momento fisso negli occhi di Alessandro.
Il re non sapeva ancora che cosa fare, se credere o meno alle parole del ragazzo, ma improvvisamente la voce della madre, suadente come il sibilo di un serpente si risvegliò nella sua mente, con l’avvertimento che era solita ripetergli da quando era ancora un bambino affascinato dal corpo sinuoso degli animali della regina.
Non fidarti mai delle parole Alessandro, solo le certezze sono accettate da un re. L’evidenza non può essere cambiata, le parole possono ingannare anche se provengono dalla più pura e delicata delle persone.
Alessandro riempì ancora la sua coppa, lasciando quasi del tutto intatto il cibo, mentre il ragazzo mangiava lentamente nel silenzio che si era formato tra loro e che diventava sempre più pesante.
Efestione era teso, anche se non aveva rialzato gli occhi sapeva che quelli di Alessandro, così strani nella varietà del colore erano fissi su di lui, Sentiva quegli occhi studiarlo attentamente, esaminare il suo corpo. Sentiva lo sguardo dell’uomo posarsi sulle sue forme come se fosse tangibile, come se fossero le mani del re macedone a percorrerlo.
Alessandro invece sentiva crescere dentro di sé il desiderio di possedere quella creatura, di costringerla in un letto per ore, assaporando tutto quello che un corpo perfetto come il suo poteva concedere.
Non aveva mai sentito la passione scorrere nelle sue vene come in quel momento, con nessuno dei suoi amanti, uomini con cui era cresciuto e di cui conosceva ogni aspetto aveva mai provato una cosa del genere.
Quegli occhi lo avevano stregato come mai quelli della madre erano riusciti a fare, eppure lei era una strega, una donna esperta nelle arti magiche e nella preparazione di pozioni che potevano annebbiare la mente e annullare la volontà se non addirittura uccidere.
Si chiese se quel ragazzo che aveva davanti non fosse una punizione inviatagli dagli Dei per qualche colpa commessa, un assassino dalle forme perfette e invitanti; ma se quello era ciò che gli dei avevano scelto per lui, allora sarebbe stato felice di morire in un letto, dopo aver giaciuto con Efestione.
Lentamente la razionalità lo stava abbandonando, offuscata dal vino che continuava a bere, mentre i suoi occhi si ubriacavano della figura che aveva davanti e la sua mente immaginava come sarebbe stato averlo nudo, tra le braccia.
Come aveva fatto prima lo afferrò senza che il ragazzo potesse opporre resistenza, ma questa volta non c’era ilarità sul suo volto, offuscato dal desiderio.
Efestione cercò ancora di divincolarsi, ma tutto quello che ottenne fu l’accentuarsi della presa di Alessandro che ghermiva la carne delle sue natiche come un’aquila avrebbe fatto con una tenera preda.
Il corpo di Efestione si irrigidì quando il suo carceriere si fermò davanti al letto. Era giunto il momento dunque.
Riuscì a scendere da quell’immondo talamo, mettendo la larghezza del letto tra lui e il suo carceriere.
Il re di Macedonia osservava la scena come se non fosse impressionato da questa mossa.
“Cosa vuoi fare Efestione? Credi di poter scappare per sempre?”
Cominciò a muoversi, mentre il ragazzo, sorpreso dalla freddezza dell’uomo indietreggiava senza rendersi conto del muro che presto lo avrebbe imprigionato.
Quando le sue spalle toccarono la roccia fredda scattò ancora, sul fianco, ma questa volta Alessandro fu pronto a fermarlo.
Ancora una volta le sue mani calde toccarono la pelle del principe, e un fremito attraversò il suo corpo, un fremito che non seppe riconoscere.
Efestione lottò, con la forza dettata dalla sua disperazione, me le mani di Alessandro sembravano essere ovunque, sempre pronte a fermare i colpi che lui cercava di portare.
Cercò di graffiarlo, di arrivare ai suoi occhi con le dita affusolate, ma tutto fu inutile.
“Sei un gatto arrabbiato Efestione in questo momento, ma riuscirò a sentire le tue fusa…”
Lo afferrò per la veste di lino sollevandolo da terra e gettandolo sul letto.
Efestione cercò di scappare ancora, muovendosi freneticamente sul letto, scalciando con le lunghe gambe mentre Alessandro cercava di afferrargli le caviglie.
Neppure Bucefalo era stato così irrequieto prima di accettare la supremazia di Alessandro.
Domare quel puledro sarebbe stata la sfida più grande e sul suo orgoglio ci sarebbe riuscito, chiamava a testimone gli dei tutti.
Finalmente riuscì ad afferrare una delle gambe di Efestione, tirandolo verso di sé, mettendo fine a tutti i suoi tentativi di cercare di liberarsi.
Stettero immobili alcuni istanti, mentre il principe respirava affannosamente, sfiancato da quella lotta.
Al rumore del suo respiro presto se ne affiancò un altro, che fece sbarrare gli occhi blu del giovane.
La stoffa della sua veste fu strappata, rivelando agli occhi del suo padrone il suo corpo dalla pelle candida.
Efestione fissò Alessandro con occhi dilatati dalla paura. Aveva cercato di fare tutto ciò che era in suo potere per rimandare quel momento il più a lungo possibile, ma adesso tutto era nelle mani di un barbaro nei cui occhi la lussuria era leggibile, unita a qualcosa di pericolosamente simile alla rabbia. Rimase immobile con le gambe divaricate, mentre Alessandro, inginocchiato tra esse si spogliava a sua volta scrutando le reazione del prigioniero ad ogni sua mossa.
Efestione avrebbe voluto chiudere gli occhi, girare la testa da un’altra parte, ma tutto quello che fu in grado di fare fu osservare il re mentre spogliava il suo petto, dalla carnagione dorata, mentre metteva a nudo il suo corpo, simile a quello di un dio per perfezione.
Poté vedere decine di ferite su quella pelle e seppe che mai, nonostante la sua giovane età Alessandro si era tirato indietro durante una battaglia.
Vide le sue mani sciogliere la cintura ricamata d’oro, seguì la stoffa che cedeva morbida, priva ormai del solo appiglio che la legava a quel corpo, e finalmente i suoi occhi poterono vedere Alessandro, completamente nudo, una statua che lo atterriva e affascinava che desiderava toccare e che voleva sfuggire.
Non era in grado di comprendere i sentimenti che in quel momento agitavano il suo animo, ma mentre una lacrima solitaria scorreva sul suo viso, disse addio alla vita che aveva conosciuto fino a quel momento e chiese perdono ai suoi avi per la debolezza che avrebbe reso impossibile la vendetta del loro sangue.
In cuor suo sapeva che da quel momento sarebbe appartenuto ad Alessandro, niente di lui sarebbe più stato una sua proprietà, ma ancora non poteva sapere dove questa consapevolezza taciuta lo avrebbe portato.
Alessandro cancellò quella goccia cristallina con le sue labbra, e con il sapore salato assaggiò anche per la prima volta quello della pelle di Efestione.
Lo tirò a sé, in modo che il ragazzo fosse costretto in una posizione semiseduta e si avventò sulle sua labbra, divorandole, chiedendo incessantemente con piccole carezze della lingua e morsi leggeri accesso alla bocca.
Senza poterlo evitare Efestione cominciò a dischiudere le labbra, accogliendo la lingua di Alessandro, assaggiando il suo sapore mentre il re faceva lo stesso. Sentì la lingua dell’uomo scorrere sulla sua, succhiarla e seppe che gli dei avevano deciso questo per lui fin dal giorno della sua nascita.
Mosse le mani tra i capelli del suo prigioniero, immobilizzandolo, mentre prendeva totale controllo del bacio, impedendo all’altro qualunque movimento.
Scese poi sul collo, mordendo e marchiando, desiderando che tutti sapessero che quel corpo era stato posseduto da lui.
Dalle labbra di Efestione uscivano gemiti e lamenti. Troppe sensazioni contrastanti si erano svegliate nel suo corpo, alle quali non era abituato, di cui nessuno gli aveva mai parlato.
Alessandro interruppe quello che stava facendo solo per rimanere estasiato davanti allo spettacolo di quel volto, le labbra socchiuse e arrossate, ancora bagnate a causa dei baci, gli occhi chiusi e il collo reclinato, offerto come per un sacrificio. La pelle bianca poi aveva assunto una colorazione accesa. Il ritratto dell’innocenza e della passione.
Scese ancora, con le labbra e con le mani, sospinse il ragazzo a sdraiarsi, lo imprigionò in una rete fatta di carezze e baci. Attraversò il suo corpo con le labbra e la lingua, mentre sentiva Efestione agitarsi, cercare di allontanarlo da sé, ma alle stesso tempo una delle gambe del ragazzo cominciò a piegarsi, accarezzando il suo fianco, l’anima di Efestione lo stava combattendo, mentre il suo corpo lo implorava di non fermarsi.
“No…no lasciami…. Smettila…”
I sospiri rompevano le sue parole ma Alessandro fu certo che presto il ragazzo sarebbe scoppiato in singhiozzi.
“Lasciati andare Efestione, dai ascolto al tuo corpo, non combattere quello che sta accadendo, accettalo…”
Il ragazzo aveva afferrato le lenzuola che coprivano il letto, stringendole in maniera talmente forte che le nocche erano sbiancate per la mancanza di sangue.
Alessandro fece scorrere le mani aperte sulle gambe del ragazzo, assaporando quella sensazione, assorbendo il calore di quella carne. Sentiva i muscoli di Efestione irrigidirsi al suo tocco, ma non si fermava, a quel punto voleva tutto, tutto quello che gli dei sembravano disposti a donargli in quella notte.
Era vero quello che diceva sua madre? La fortuna aiuta gli audaci? Se sì, lui era stato il più audace degli uomini, aveva mosso guerra a Tebe, l’aveva rasa al suolo, cancellandone addirittura il ricordo, ma aveva lasciato in vita uno degli appartenenti della famiglia reale, un giovane che sarebbe potuto diventare il più pericoloso dei suoi avversari, il nemico che avrebbe potuto porre fine alla sua vita. Avrebbe dovuto ucciderlo, non intrattenersi con lui in un letto,
Afferrò le ginocchia del ragazzo, portandolo ad aprire le gambe il più possibile, godendo a quella vista. Efestione era completamente aperto per lui, indifeso a qualunque suo attacco; teneva gli occhi serrati.
“Apri gli occhi Efestione…guardami…”
Fece quello che gli era stato ordinato, aprì gli occhi e fissò Alessandro. Quello non poteva essere un uomo, non sapeva spiegare il perchè del suo pensiero, Semplicemente sapeva che Alessandro non poteva appartenere alla razza mortale.
Lo sentì avvicinarsi al suo corpo, stendersi lentamente su di lui, mentre la carne bollente del suo sesso si faceva strada nel suo corpo. Non trattenne un grido di dolore puro quando i suoi muscoli furono forzati ad aprirsi, quando la sua intimità fu violata per la prima volta dal suo nuovo padrone.
Gettò la testa all’indietro, mentre le lacrime avevano cominciato a uscire dai sui occhi blu.
Senza rendersene conto afferrò le spalle del suo amante, graffiandole in un disperato tentativo di trovare un appiglio per combattere il dolore che lo stava spezzando in due.
Sentiva la carne del suo interno lacerarsi, ma nonostante questo sapeva in cuor suo che Alessandro non gli stava usando violenza, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Sentì il bacino dell’uomo aderire perfettamente al suo corpo, una volta che lo ebbe accolto completamente.
Gli ansiti di entrambi riempivano la stanza.
Alessandro cominciò a muoversi ritmicamente dentro il suo corpo, portandolo lentamente a rispondere alle sue spinte. Efestione cominciò ad assecondare la sua velocità mentre l’intensità di quella danza aumentava e diminuiva a seconda della volontà del re.
Quello era anche per Efestione, quall’atto voleva e doveva celebrare la sua prima volta con un uomo, non poteva essere solo un atto per placare il suo desiderio. Per quello ci sarebbe stato tempo.
Efestione allacciò le gambe dietro la schiena di Alessandro, permettendo al re un più comodo accesso al suo corpo, e il macedone seppe che le parole del ragazzo erano state veritiere, seppe che aveva preso la verginità di Efestione e per questo non poté fare a meno di ringraziare gli dei con cui molti lo volevano imparentato.
Continuò a spingersi in lui, beandosi dei gemiti che pur timidi, fuoriuscivano dalle labbra del giovane.
La loro unione durò a lungo, mentre al di fuori della stanza le voci dei festeggiamenti per la vittoria erano solo lamenti indistinti, sovrastati dal ruggito di Alessandro, un leone che doma il proprio compagno.
Efestione sentì il corpo che lo stava sovrastando irrigidirsi e immobilizzarsi, poi sentì una sensazione di calore che invadeva il suo corpo, strana, ma non spiacevole e seppe che il suo signore si era liberato in lui.
Si morse a sangue le labbra per non dare voce al gemito di soddisfazione e appagamento che sentiva formarsi dentro di lui.
Alessandro si sdraiò sul corpo tremante sotto il suo, assaporando quegli istanti di pace dopo la tempesta dei sensi e la completezza che l’aver giaciuto con Efestione gli aveva donato.
Scivolò fuori dal suo corpo lentamente e stette immobile, a fissare quel ragazzo che era entrato prepotentemente nella sua mente ancora prima che i suoi occhi lo avessero visto.
Efestione giaceva sul letto, stremato, il viso, poggiato lateralmente sui cuscini, era in parte coperto dai capelli, ma era comunque possibile scorgere i suoi occhi, aperti e intenti a fissare un punto indefinito della stanza, cercando di riprendere il controllo che sembravano aver perduto. Le labbra erano macchiate di sangue. Il petto si alzava e abbassava freneticamente, mentre le gambe, ancora leggermente divaricate, non nascondevano l’evidenza di ciò che quel corpo aveva appena vissuto.
La lingua di Alessandro dardeggiò sulle labbra di Efestione, portando via il sangue che le tingeva, assaporandolo.
Prima le lacrime e adesso il sangue, Alessandro sembrava intenzionato ad assaporare tutto di quel corpo, anche i fluidi vitali.
Passò il palmo della mano destra sul collo e sul petto di Efestione, fino a raggiungere il suo ventre piatto, e poi ancora più giù.
Si concentrò sulla sensazione della carne di Efestione, lo accarezzò in mezzo alle gambe con lentezza estenuante e vide la vita tornare ad animare quegli occhi.
Efestione lo guardava stranito, non capiva che cosa stesse succedendo al suo corpo, sapeva solo che quella sensazione lo stava facendo impazzire. Il pungo di Alessandro si mosse a racchiudere il sesso del ragazzo che si stava svegliando sotto le sue carezze.
Cominciò a far scorrere la mano prima lentamente rendendo folle Efestione di un desiderio a cui non sapeva dare nome. Quando aumentò la velocità fu ripagato da gemiti sempre più udibile, da preghiere incomprensibile che fluivano dalle labbra come il più dolce degli incantesimi.
Sentì la carne pulsare e poi il seme del ragazzo ricoprire la sua meno.
Efestione gridò quando raggiunse il piacere e ricadde ancora una volta stremato.
Alessandro portò la mano alle labbra e assaggiò l’essenza stessa di Efestione, mentre il ragazzo scivolava lentamente nel sonno, incapace di combatterlo ancora.
Il re si distese accanto a lui, cingendolo nel suo abbraccio, e per la prima volta dopo anni dormì tranquillamente, senza il pugnale sotto il cuscino come invece sua madre gli aveva insegnato.
Se quella doveva essere l’ultima notte sulla terra allora era stato il più fortunato degli uomini ad averla trascorsa con Efestione.
La mattina giunse inaspettata e quando Efestione aprì gli occhi la prima cosa a cui fece caso fu il calore in cui era immerso.
Aveva dormito su un fianco, e la persona con cui aveva diviso il letto lo aveva avvolto in un abbraccio, un braccio gli cingeva la vita, mentre le gambe erano bloccate da una gamba muscolosa ma lunga.
Voltò lentamente la testa, almeno quanto la posizione potesse permetterglielo e guardò il volto di Alessandro, non era certo che molti altri avessero avuto la possibilità di vedere il re in quel modo. Tranquillamente addormentato, con il volto rilassato e sereno.
Un sorriso triste gli piegò gli angoli della bocca.
Non capiva, non capiva quello strano uomo di cui era divenuto l’amante. Si era aspettato dolore e umiliazione, magari la morte dopo aver soddisfatto i suoi desideri, e invece quello che aveva avuto era stata una notte strana, a fianco di uno degli uomini più incomprensibili che la terra avesse mai accolto nel suo grembo. Cercava di ricordare uno per uno tutti gli eroi le cui storie i suoi maestri gli avevano fatto imparare, ma nessuno era paragonabile ad Alessandro il macedone.
“A che cosa pensi?”
Una voce calda gli aveva parlato direttamente nell’orecchio, mentre le labbra baciavano il suo lobo, succhiandolo appena.
“Al fatto che non vi capisco… mio signore…”
Alessandro aveva sentito quanto difficile fosse stato per il ragazzo chiamarlo in quel modo, ma avrebbe dovuto abituarsi, soprattutto quando avrebbero fatto ritorno a Pella.
“Molti sono quelli che non mi capiscono, io stesso a volte mi interrogo sul perché di alcune mie azioni…tu che cosa non comprendi di me Efestione, per quel poco che mi conosci?”
“Il tuo… il vostro comportamento! La scorsa notte avreste semplicemente potuto entrare nella stanza e prendervi quello che è vostro di diritto…”
“E’ quello che ho fatto Efestione, mi sono preso la tua verginità, che come tutto di te mi apparteneva e mi apparterrà per sempre!”
“Sapete che cosa intendo in realtà. Avete parlato con me, mi avete fatto domande… vi siete comportato come solitamente non si fa in presenza di uno schiavo. Non mi illudo, so che questo è quello che sono adesso…”
“E lo accetti? Per te va bene essere il mio schiavo? Vorresti che altri…”
“NO… no mio signore!”
Si era accorto di aver urlato solo quando udì l’eco della sua voce.
Nella sua mente cominciarono a formarsi le immagini degli uomini che aveva visto il giorno precedente sulla piana della battaglia. Il suo corpo fu attraversato dai brividi.
“Calmati Efestione. Hai frainteso le mie parole… non in tendevo dire che permetterò ad altri di toccarti, che ti dividerò con altri se per te va bene essere mio… mi stavo solo domandando se per te questa padronanza va bene, se non ci fosse un altro a cui…”
“Platone una volta riportò la notizia della morte di Dionisio, tiranno di Siracusa, raccontando di come una vecchia piangesse disperata. Alla domanda sul perché del suo comportamento la donna rispose che piangeva perché sapeva che cosa aveva lasciato, ma non sapeva a che cosa sarebbe andata incontro. Non è bene per uno schiavo cambiare il proprio padrone, a meno che non sia il padrone a volersi liberare di lui…”
Alessandro si mosse, facendo sdraiare Efestione sulla schiena e fissando intensamente i suoi occhi blu.
“Io non mi stancherò mai di te Efestione, non so che cosa accadrà da adesso in poi, non so che cosa è stato scritto per me, ma so che qualunque cosa accada tu sarai al sicuro al mio fianco… questa è una promessa Efestione, e quando Alessandro promette è pronto ad andare fino alla fine del mondo per tener fede alla sua parola!”
Ancora confusione nella mente di Efestione, ma il suo cuore credeva alle parole che aveva appena ascoltato.
Alessandro lo baciò, e questa volta Efestione rispose a quella carezza intima senza esitare.
Alessandro si alzò dal letto e raccolse la sua veste senza fretta. Il sole era sorto da qualche ora ormai e i suoi doveri di re lo attendevano. C’erano molte cosa da fare prima di tornare in Macedonia, prima fra tutte ingraziarsi nuovamente gli dei dopo il massacro.
I due uomini non parlarono, Efestione guardò il re raccogliere la sua veste e ricoprirsi lentamente, mentre restava sdraiato, coperto dal lenzuolo dalla vita in giù.
Quando la porta si chiuse alle spalle del suo signore la tristezza invase il principe come non si era aspettato.
Si rese conto improvvisamente che la solitudine gli pesava in quel momento come mai era accaduto nella sua vita.
Prima che le lacrime scendessero ancora dal suo viso il servo che la sera precedente si era preso cura di lui entrò nella stanza con il vassoio della sua colazione, pronto a prendersi cura di tutto.
Alessandro incrociò Clito appena uscito dalla stanza del suo schiavo. Al comandante bastò una sola occhiata per capire come fosse trascorsa la notte della vittoria per il suo re.
“Il principe è stato di vostro gradimento mio re?”
Alessandro sorrise appena allo scherzo celato in quelle parole. Clito era stato il favorito di suo padre, lo aveva intorno da quando aveva memoria, e lo considerava un padre in qualche modo.
“La sua bocca è più dolce del miele e il suo corpo è seta bagnata e calda… vuoi sapere altro Clito, amico mio?”
“Credo che la tua descrizione sia più che sufficiente… mi chiedo solo che cosa ne farai di lui adesso, se lo porti a Pella dovrai accettare il giudizio di tua madre su di lui!”
“Lo porterò a Pella e Olimpiade sarà costretta ad accettare la mia scelta. Nelle vene di Efestione scorre sangue reale, non potrà obiettare sulla mia scelta…”
“Qual è la verità Alessandro? Che cosa è successo ieri sera in quella camera? Ti ho visto crescere, ti ho visto scegliere il tuo primo amante tra i tuoi amici, gli stessi con cui seguivi le lezioni di Aristetele, ma mai ho visto quella luce nei tuoi occhi quando eri con Cassandro!”
“Non so che cosa sia successo Clito, tutto quello che posso dirti è che è stato diverso dalle altre volte che mi sono unito ad un uomo… è stato più profondo, o almeno questo è il solo aggettivo che mi viene in mente in questo momento!”
Clito guardò il figlio del suo amante, il ragazzino che aveva visto crescere e a cui aveva insegnato a combattere, l’uomo che era diventato il suo re e seppe che qualcosa era cambiato nel suo cuore.
Si domandò se quel novello Achille non avesse finalmente incontrato il suo Patroclo.
“Mi auguro solo che tu possa essere felice Alessandro, che tu possa trovare tra le braccia del tuo schiavo quella pace che troppo a lungo è mancata alla tua anima!”
Prese congedo dal re senza aggiungere altro. Lo sguardo che il ragazzo aveva assunto in quel momento gli ricordava lo stesso con cui Filippo era solito guardarlo ai tempi in cui si erano scoperti innamorati, e quel ricordo faceva ancora male. Sperava per il giovane Efestione che Alessandro non avesse ereditato da suo padre la propensione a ferire coloro che amava.
Il re entrò in quella che era stata la sala del trono e vi trovò i suoi amici più stretti, i comandanti della falange e della cavalleria. Tutti aspettavano la sua venuta per ricevere gli ordini per il giorno.
Alessandro si sedette in mezzo a loro e cercò lo sguardo di ognuno, il solo che non riuscì a trovare fu quello di Cassandro; ma la rabbia che emanava da lui era più che evidente.
Gli spartani ritengono che l’amore tra uomini sia più puro, perché non genera figli e gelosia… ma quando tra due amanti nasce la gelosia allora quello è un amore tra uomini pericoloso e mortale per lo spirito.
Le parole di Aristotele tornarono alla sua mente, ma cercò di ignorarle, concentrandosi sui suoi doveri.
Entro due giorni sarebbero partiti alla volta di Pella, dopo aver fatto i sacrifici rituali e aver finito di sistemare la questione degli schiavi.
Efestione mangiò quello che gli era stato portato, fichi intinti nel miele e del pane, mentre il servo preparava il bagno.
“Se sei pronto il bagno ti attende…”
Un’altra cosa che non riusciva a capire, perché Alessandro dava ordine ad un altro di prendersi cura di lui se lui stesso era uno schiavo?
Scosse la testa e camminò lentamente verso la sala dove era atteso.
L’acqua era stata aromatizzata con petali di rose rosse che galleggiavano sulla sua superficie e il principe sorrise, nessun uomo a Tebe si sarebbe mai lavato in una simile vasca, quello era il bagno per una concubina o un’etera.
Si immerse e lasciò che il calore dell’acqua sciogliesse i suoi muscoli, quelli del suo interno e delle gambe soprattutto, mentre ancora le mani del servo toccavano il suo corpo, massaggiandogli le spalle.
Si rese conto che quel tocco estraneo lo disturbava.
Nuovamente fu portato nella camera da letto, dove tutto era stato sistemato durante la sua assenza. Questa volta sul letto era poggiato un corto chitone di un intenso blu, bordato in argento. Accanto ad esso era posato un largo bracciale in argento, con l’effige di un leone.
Efestione sfiorò la testa dell’animale, riconoscendovi l’emblema che aveva visto sullo scudo del re sul campo di battaglia e si ricordò che la corte macedone chiamava il suo signore Leone di Macedonia.
“Un dono di re Alessandro per te…”
Fu questa la domanda alla risposta che non ebbe il tempo di esprimere.
Ancora una volta la porta si aprì e si chiuse, lasciandolo solo e ancora una volta la malinconia lo assalì.
Clito, entrato nella sala del trono in ritardo prese il suo posto dopo aver chiesto scusa al re. I suoi occhi neri scorsero immediatamente la tensione che si era creata tra Alessandro e Cassandro. Aveva già visto quel genere di gelosia scatenarsi; in fin dei conti poteva dire che era stata una delle causa della morte di Filippo.
Nessun amante perdona mai in realtà, e Cassandro, figlio di Antipatro, uno degli uomini con più potere all’interno della reggia di Pella aveva ereditato dal padre la smodata brama di potere. Non avrebbe mai accettato di essere messo da parte per uno schiavo, anche se nelle vene di Efestione scorreva sangue reale, che lo avrebbe reso pari ad Alessandro in un’altra occasione.
Alessandro sciolse la seduta, lasciando liberi i suoi uomini di preparare la partenza, ma si accorse che Clito esitava a lasciare la stanza e seguire gli altri.
“Che cosa succede Clito?”
“Hai visto il suo sguardo?”
Non aveva bisogno di specificare a chi si stesse riferendo, era chiaro a entrambi.
“Sì, ma non so che cosa fare per calmarlo!”
“Fai attenzione Alessandro, la gelosia può portarlo ad azioni atroci, è già successo e tu lo sai forse meglio di chiunque altro!”
“Non può toccarmi, sarebbe troppo esposto all’ira degli altri, e soprattutto a quella di mia madre, ma nonostante questo so che le tue parole sono vere, che un grande male potrebbe derivare da lui…tutto quello che posso fare è aspettare e vedere che cosa accadrà!”
“Non può toccare te, ma può farti del male in altri modi Alessandro. Non sei più un ragazzo, sei un uomo, a capo di un popolo, imparerai che spesso sono le vendette trasversali, le più infide, ad essere usate per annientare!”
“Mi occuperò di questo quando accadrà, non adesso Clito, adesso tutto quello che conta è tornare a casa e lasciare questo posto. Non possiamo trattenerci in Tessaglia a lungo, gli antichi alleati di Tebe potrebbero decidere di attaccarci e io voglio unificare la Grecia, non essere costretto a distruggerla.”
“Allora è meglio che tu vada a parlare con i Sacerdoti, sono ancora offesi per quello che è successo, anche se hai risparmiato i templi questa era pur sempre la patria di Cadmo, al cui matrimonio si dice che tutti gli dei abbiano partecipato. Se non plachi i loro cuori sai meglio di me che domani si rifiuteranno di interpretare i sacrifici che farai!”
“Conosco i loro cuori Clito, e ti giuro che per niente al mondo vorrei trovarmi ad avere un sacerdote per nemico. Possono essere più letali di centomila uomini armati!”
“In questo la pensi esattamente come tuo padre…”
“Che non ha esitato a prendere una sacerdotessa come moglie. Sappiamo bene entrambi che a volte mio padre poteva essere del tutto incomprensibile, e sotto l’effetto del vino questa caratteristica aumentava, come la sua inclinazione…”
“A fare del male agli altri… non temere Alessandro, so che è questa la verità, non offendi la sua memoria semplicemente dicendo la verità su di lui!”
Si separarono ancora una volta e Alessandro si diresse verso il recinto dei Sacrifici, dove avevano luogo gli alloggi dei Sacerdoti con il cuore impegnato a combattere un senso di pericolo imminente che non riusciva a collegare con niente se non con le parole di Clito.
“Gli dei sono in collera mio signore… Tebe era una città antica, cara agli immortali…”
“Tanto cara che non hanno esitato a mettere sul trono Edipo, nonostante fosse già maledetto? Tanto cara che non hanno fatto niente quando i suoi figli, Eteocle e Polinice si sono uccisi in una guerra sanguinosa e intestina per il trono? Tanto cara da averli spinti a donare a Armonia, moglie di Cadmo la collana che più di tutte è stata simbolo di disgrazia e distruzione per le donne che l’hanno posseduta? Gli dei saranno placati con i sacrifici di domani, nessuna delle loro case è stata toccata dal fuoco, nessun sacerdote ucciso e nessuna sacerdotessa offesa dai miei uomini. Non hanno niente per cui essere adirati… altrimenti non mi avrebbero concesso la vittoria!”
i sacerdoti guardarono il re con aria stranita. Non si erano aspettati una difesa così strenua del proprio operato, avevano creduto di poter piegare il nuovo re ai loro voleri, ma si stavano accorgendo che il giudizio che avevano dato sul figlio di Filippo e Olimpiade era del tutto errato.
“I sacrifici saranno fatti mio signore, ma nessuno potrà costringere gli dei ad accettarli!”
“Nessuno potrà costringere gli Dei anche a non accettarli però…!”
Il messaggio era stato perfettamente chiaro.
Efestione osservava quello che rimaneva della sua città dalla grande finestra della stanza. Vedeva i macedoni affrettarsi a preparare la partenza, mentre giovani e donne che fino a poche ore prima erano stati liberi adesso aspettavano, in catene, che il loro fato si compisse.
Poteva essere anche lui tra quella gente, spaventata e sola, ma Alessandro aveva preferito tenerlo per sé, allontanando da lui l’ombra dei mercati do schiavi.
Si strinse le braccia intorno al corpo, cercando di scacciare i brividi che quella consapevolezza avevano scatenato.
Il sole stava tramontando e Efestione, troppo preso dai suoi ricordi e dalle immagini che avevano invaso la sua mente, non si era accorto che l’uomo intorno a cui tutti i suoi pensieri giravano, era entrato nella stanza e lo stava osservano.
“Stai dicendo addio alla tua terra natale?”
Il giovane sobbalzò, girandosi di scatto verso colui che aveva parlato, mentre i capelli si muovevano in maniera scomposta.
Abbassò gli occhi, vergognandosi per quella reazione stupida.
“Non abbassare la testa, non hai niente di cui vergognarti, eri immerso nei tuoi pensieri e non ti eri accorto della mia presenza… anche se non posso dire di esserne felice questa è una cosa che succede a tutti!”
Alessandro gli si avvicinò sollevandogli il mento con le dita, perdendosi ancora in quegli occhi.
Lo baciò, mentre le sue mani afferravano la veste del ragazzo, e il suo corpo lo spingeva contro il muro, imprigionandolo.
Le parole di Clito, gli occhi di Cassandro, la consapevolezza che Olimpiade sarebbe stata incontrollabile una volta ritornati a Pella, tutto quello che era accaduto quel giorno avevano risvegliato l’ansia nel cuore del re, che voleva soltanto dimenticare tutto e perdersi nel calore di Efestione, nella sua dolcezza.
Il ragazzo aprì le gambe, lieto di arrendersi a quell’assalto, allacciando le braccia intorno al corpo di Alessandro, portando il corpo dell’uomo ad aderire ancora di più al proprio, cingendolo in un abbraccio tenero e appassionato allo stesso modo.
Efestione sfuggì alle labbra di Alessandro solo quando non poté fare a meno di respirare, e ancora le sentì su tutto il viso, mentre gli baciava gli occhi e gli zigomi. Lo sentì raggiungere un orecchio, afferrare e succhiare il lobo, mordendolo leggermente, e poi ancora sul collo, dove la carne bianca stava diventando velocemente rossa per le attenzioni ricevute.
La mano destra di Alessandro stava accarezzando il fianco del principe, scendendo lungo la coscia, graffiando la pelle con le unghie.
Si spinse contro di lui, afferrandogli il ginocchio, costringendolo a piegarlo, e finalmente ebbe accesso a quel corpo che gli apparteneva. La veste del giovane era sollevata, intrappolata tra i loro corpi, mentre l’eccitazione del re si faceva strada in Efestione. La sensazione era bruciante… sentire la carne di Alessandro avanzare in lui, lentamente ma inesorabilmente era qualcosa che Efestione non poteva descrivere. Soffocò un grido di dolore e piacere appoggiando la bocca alla spalla del re, mordendolo quando sentì che l’uomo era entrato completamente in lui.
Gemette e gemette quando Alessandro cominciò a muovere il bacino, a spingersi in lui, gridando ancora una volta la sua proprietà su quel corpo.
“A…Alessandro…Alessandro…Alessandro…”
Mai il suo nome era suonato così melodioso come in quel momento. Una litania che Efestione ripeteva incessantemente, sospirando appena, mentre a sua volta assecondava i movimenti del re, e questa volta si riversò per primo tra i loro corpi allacciati, mentre il re si faceva strada nel suo corpo con disperazione quasi.
Con un’ultima spinta, la più profonda, si liberò in lui, assaporando ancora quella sensazione di completezza che il giovane gli donava.
Passarono molti minuti prima che Alessandro si muovesse, non avrebbe voluto avrebbe desiderato poter restare dentro di lui in eterno, ma sapeva che il suo corpo non era ancora abituato alla sua presenza, che presto sarebbe subentrato il dolore… e poi quella posizione non era delle più comode.
Lentamente lasciò andare la gamba di Efestione, poi, poggiando le labbra sul muro contro cui il suo amante era appoggiato scivolò fuori dal suo calore.
Gli porse una mano, che il giovane afferrò subito… non era certo che le sue gambe sarebbero state in grado di sorreggerlo ora che l’appoggio di Alessandro era venuto a mancare.
Il re lo condusse verso il letto e lo fece sdraiare, privandolo della veste che aveva addosso. Adesso Efestione rimaneva solo con il bracciale che gli aveva regalato addosso.
Si distese accanto al suo schiavo solo dopo essersi spogliato a sua volta, e ricoprì entrambi con le coltri finente lavorate.
Efestione tremava appena, ma non era in grado di dire se fosse a causa del freddo del letto o per le sensazioni che Alessandro stava risvegliando in lui e che non riusciva più a controllare.
Si sentì nuovamente abbracciare, mentre il re posava un bacio veloce tra i suoi capelli.
Ancora una volta si addormentò tra le braccia dell’uomo che avrebbe dovuto odiare e temere, e ancora una volta nessun incubo si affacciò alla sua mente.
Un bussare discreto alla porta fu ciò che svegliò Efestione quella volta. Dall’oscurità in cui era immersa la stanza capiva che non era ancora l’alba.
Il re dette ordine di entrare, la voce ancora assonnata.
L’uomo che entrò fece tramare Efestione, si ricordava di lui, lo aveva visto guidare la cavalleria lontana dal campo di battaglia, verso la reggia. Era colui che aveva guidato il massacro della sua gente.
“Clito… cosa succede?”
L’uomo fissava il letto su cui il suo re era sdraiato, lo schiavo ancora tra le sue braccia, e un’espressione talmente serena che fu portato a chiedersi se quello fosse davvero Alessandro, il giovane lacerato dall’odio dei suoi genitori e dalla consapevolezza i una grandezza che avrebbe potuto finire con lo schiacciarlo.
Tutto quello era merito di Efestione? Uno schiavo aveva veramente tanto potere da donare la pace a una persona che non l’aveva mai conosciuta?
Si riscosse dai suoi pensieri, ricordando che il re gli aveva fatto una domanda.
“Il campo si sta svegliando mio re, tutti sanno che oggi ci sono i sacrifici… credo che sia meglio se cominci a prepararti!”
Alessandro sciolse Efestione dal suo abbraccio, e stirò i muscoli, inarcando la schiena per scacciare completamente la voglia di stendersi nuovamente e lasciare agli Aruspici il compito di fare, per una volta, il loro lavoro.
“Verrai anche tu Efestione… la tua presenza, la discendenza di Cadmo ed Edipo deve essere presente!”
Il giovane accennò con la testa, senza permettere alla tenda naturale formata dai suoi capelli di scostarsi dal viso.
Alessandro poteva capire la tensione del suo corpo, percepiva chiaramente il disagio del ragazzo non solo per quello che gli era stato appena ordina, ma soprattutto, credeva, per la presenza di Clito.
Clito lasciò la stanza, per permettere ad Alessandro ed Efestione di prepararsi.
Il re si vestì con una lunga tunica color porpora, priva di mantello, la corona d’oro, intrecciata come rami di alloro splendeva sulla sua fronte. Il simbolo della regalità splendeva nonostante la mancanza di luce.
Efestione in vece indossò una veste bianca, tenuta ferma su una spalla da una fibula d’argento. Le braccia e l’altra spalla completamente nude ad eccezione del bracciale che il giovane non aveva ancora tolto, neppure per dormire quella notte.
Fu condotto fuori dalla stanza da Alessandro, che teneva una mano, poggiata alla fine della sua schiena, Era strano essere scortato per i corridoi del palazzo che lo aveva visto nascere, e che conosceva bene.
Tutti gli uomini che incontrarono sulla loro strada salutarono rispettosamente il re e gettarono occhiate ora curiose, ora cariche di qualcosa che il giovane non voleva definire alla creatura che avanzava al suo fianco.
Uscirono dalla reggia, e l’accoglienza fu la stessa, solo che questa volta i soldati e i comandanti erano più numerosi. Era quello l’esercito che aveva spazzato via il Battaglione Sacro, che aveva cancellato l’esercito di Tebe come se fosse stato fatto di creta. Quelli erano gli uomini che avevano sottomesso una delle città più fiere della Grecia.
La pressione della mano di Alessandro aumentò, mentre passavano tra due file schierate di uomini. Efestione cercava di mantenere lo sguardo abbassato, ma sentiva che tutti quegli occhi lo stavano scrutando, cerando di capire chi fosse il nuovo schiavo del re.
Giunsero finalmente al recinto sacrificale, e Alessandro avanzò tra i suoi amici più cari, la guardia scelta che avrebbe dovuto difendere il re da qualsiasi attacco.
Vide tra loro Clito, al fianco del quale il re si posizionò, davanti ai Sacerdoti adornati con rami fasciati e corone di alloro fresco.
Ad Efestione non fu permesso di lasciare il fianco del re, sebbene quella fosse una posizione non adatta ad uno schiavo.
Alzando lo sguardo per chiedere silenziosamente una spiegazione ad Alessandro incontrò gli occhi neri di uno della sua guardia.
In quegli occhi color dell’ossidiana bagnata poteva leggere chiaramente odio, anche se non ne comprendeva il motivo.
L’uomo voltò il capo, come se la sola vista di Efestione lo offendesse.
E’ dunque questa la tua puttana Alessandro?
Il toro per il sacrificio fu fatto entrare, un magnifica bestia bianca come la spuma del mare. Una corona di alloro intorno alla collo lo identificava come dono ad Apollo.
Il sommo sacerdote consegnò il pugnale rituale ad Alessandro. Il re parlò, dopo aver elevato una preghiera silenziosa al Dio. Se qualcosa fosse andato storto gli uomini si sarebbero fatti prendere dalla superstizione.
Recise la gola della bestia; il sangue schizzò sul suo viso e sulla sua veste mentre i sacerdoti intonavano il Peana.
Tutti aspettarono che le interiora fossero lette, nessuno parlava in quei momenti, come se tutti gli uomini fossero sotto l’incantesimo del Dio. L’unico che non sembrava interessato, che preferiva stare dietro ai propri pensieri era l’uomo con cui Efestione aveva incrociato lo sguardo. Era bello, ma una bellezza totalmente diversa da quella di Alessandro, non solo per i colori completamente opposti. Alessandro era caldo, bruciante come il sole nelle sue passioni, quell’uomo invece sembrava freddo come il ghiaccio che ricopre le montagne dell’Illiria, crudele se aveva ben interpretato la luce che ardeva nei suoi occhi.
“Alessandro, mio signore, il Dio ha accettato la tua offerta… bruceremo le carni di questa bestia per sapere quanto grande sarà la tua fortuna una volta tornato a casa… ma il ritorno sarà sicuro, illuminato dalla presenza di Apollo al tuo fianco…”
Urla di giubilo si levarono improvvisamente e quello che era apparso come un mare di uomini preda di un sonno indotto, adesso era festante e rumoroso come ogni organismo vivente di quelle dimensioni.
Efestione sentì il braccio di Alessandro cingergli la vita.
“Torniamo Efestione… gli uomini festeggeranno fino a domani, quando ci rimetteremo in viaggio. Tutto è pronto ormai e loro possono dare sfogo agli istinti… non è il posto adatto per te!”
Stava per dirigerlo verso l’uscita dal recinto quando una voce lo fermò.
“Non ci presenti il tuo nuovo amico Alessandro?”
Il re si girò, facendo fare lo stesso a Efestione, e quello che vide non lo sorprese.
“Cassandro… questo è Efestione, figlio minore del re di Tebe…”
“Il figlio minore del re? avevo capito che fosse tuo desiderio cancellare la memoria di Tebe, abbiamo trentamila civili da vendere come schiavi… e il principe vive ancora?”
Efestione fu attraversato da un fremito di disgusto mentre ascoltava le parole di quell’uomo, che parlava della vendita di persone che erano state libere, con tanta leggerezza.
“Efestione è il mio… schiavo Cassandro, e come re, non permetto a nessuno di pontificare sulle mie decisioni. Tebe è distrutta, in futuro si parlerà solo della sua rovina, non certo della gloria passata… a nessuno deve interessare se Efestione vive ancora o meno… ma tutti devono sapere e sapranno che è mio…”
Efestione vide i pugni dell’uomo contrarsi.
Fu spinto nuovamente verso l’uscita. Alessandro camminava tra i suoi uomini velocemente, mentre il sangue che ancora macchiava il suo corpo stava cominciando a rapprendersi e il suo odore si faceva pungente.
Voleva allontanarsi da tutti, non aveva gradito la reazione di Cassandro, anche se in fin dei conti se la aspettava.
La stanza era silenziosa, ma tutto lasciava intendere che era stata riordinata.
Il sangue cominciava ad essere insopportabile sulla pelle del re.
“Vuoi… vuoi che ti prepari il bagno mio signore?”
Alessandro mosse la testa in segno affermativo ma non parlò, mentre i pensieri del prossimo rientro affollavano la sua mente.
Olimpiade era un’alleata invincibile, ma anche una temibile rivale; se non avesse veramente approvato la scelta di prendere Efestione come schiavo allora il ragazzo sarebbe stato in pericolo a Pella, per non parlare poi di Cassandro. Lo sguardo di odio che l’amico aveva lanciato ad Efestione era una chiara dichiarazione di guerra, ed Efestione non aveva né le armi, né il potere per difendersi.
Che cosa devo fare Dei? Cederlo ad latri? Venderlo come schiavo in uno dei mercati della Macedonia? Il solo pensiero mi ripugna. La sola idea di fargli questo mi rivolta lo stomaco. Potrei lasciarlo libero allora, munirlo di una scorta e permettergli di riprendere una vita normale… non più principe di sangue reale, ma comunque uomo libero. Ma ancora la sola idea di rinunciare a lui, di vederlo allontanarsi da me mi è insopportabile. Preferirei recidere la sua gola piuttosto che vederlo camminare lontano.
Che cosa mi sta succedendo? Che cosa sono questi pensieri così indegni di un re? Che cosa i sentimenti che sento crescere in me giorno dopo giorno? Se qualcuno ha queste risposte vi prego dei, per l’amore che vi porto, per il sangue che mi scorre nelle vene e che deriva da Achille e da Eracle, vi scongiuro rispondetemi…
In uno scatto di rabbia scagliò a terra la coppa di vino che stringeva tra le mani, poi fece lo stesso con tutto quello che si prestava nella stanza.
Efestione guardava quella scena senza comprendere che cosa fosse accaduto, e si rese conto di non sapere niente dell’uomo che aveva la sua vita tra le mani. Non gli era mai successo di vedere suo padre in quello stato.
Quando Alessandro si voltò nella sua direzione vide che gli occhi del re erano dilatati, come se un dio possedesse il suo corpo in quel momento.
Vedendo lo sguardo perplesse e spaventato di efestione Alessandro riprese lentamente il controllo su se stesso.
“Non volevo spaventarti… scusami Efestione!”
Perché, perché stava giustificando le sue azioni davanti ad uno schiavo? Perché aveva chiesto scusa per qualcosa per cui non si era mai sentito in colpa? Non era nuovo a quel genere di comportamento. Non poteva evitarlo, e adesso invece sentiva che non era giusto mostrarsi in quello stato davanti al ragazzo.
“Il…il bagno è pronto!”
Quando Alessandro gli passò accanto Efestione poté sentire l’odore del sangue, unito a quello della rabbia, in un’unione che poteva descriversi come l’essenza stessa dell’uomo.
La veste giaceva a terra mentre Alessandro era immerso nell’acqua bollente, cercando di fare luce su se stesso.
“Avvicinati Efestione…”
Il ragazzo fece quello che gli era stato chiesto, sapendo che cosa si volesse in realtà da lui. La rinuncia totale al proprio passato.
Si inginocchiò accanto alla vasca, prendendo uno dei panni di lino che giacevano accanto ad essa e dopo averlo intinto nell’acqua e strizzato lo passò sul volto del re, cancellando gli schizzi di sangue.
Quando la stoffa fu tinta di rosso la lasciò cadere a terra, prendendo una pezza pulita con la quale fece cadere l’acqua sui capelli biondi di Alessandro. Quando furono completamente bagnati cominciò a massaggiarli, tergendoli completamente.
Con le mani scese poi lungo il collo del re, massaggiando i muscoli tesi come più volte i suoi servi avevano fatto con lui.
Cercava di ricordare che cosa avesse fatto il servo che Alessandro continuava a mandargli poche ore prima, ripetendo i suoi movimenti sulle spalle del re.
Alessandro reclinò la testa, mentre il respiro usciva dalle sua labbra formando gemiti inarticolati.
Efestione faceva scorrere le sue dita, sciogliendo la tensione che troppo a lungo si era accumulata su di lui.
“Non… non credevo fossi in grado di fare questo…”
Efestione continuò a massaggiarlo senza rispondere. Non lo credeva neppure lui.
Uscì dalla vasca quando l’acqua si stava facendo ormai fredda e Efestione avvolse il suo corpo in un grande telo con cui cominciò ad asciugarlo.
Si inginocchiò davanti a lui per asciugare le gocce che ancora bagnavano le sue gambe, e fu costretto a mordersi le labbra a sangue per evitare alle lacrime di vergogna di scendere sul suo viso.
Mai, mai nessuno aveva preteso una così totale sottomissione.
Il re si mosse verso la stanza da letto, ancora senza parlare, aspettando che Efestione lo seguisse.
Rimase immobile, accanto al letto senza accennare a voler prendere una delle vesti.
“Spogliati Efestione… voglio guardarti…”
Il ragazzo fece quello che gli era stato chiesto, cercando di combattere la vergogna. Slacciò la fibbia d’argento e lasciò che la stoffa cadesse ai suoi piedi, mostrando il suo corpo alla luce del sole.
Il re si sedete sul letto, allungando una mano in direzione di Efestione, invitandolo a raggiungerlo.
Pose le mani sui suoi fianchi, attirandolo a sé.
Aveva visto giovani belli, ma Efestione andava oltre la semplice bellezza. Era armonia allo stato puro.
Lasciò che le sue mani scivolassero fino ad accarezzare i suoi glutei, e sorrise quando sentì il fremito di quella pelle.
“Non sei ancora abituato ad essere toccato, ma presto imparerai!”
Il giovane annuì.
Alessandro si distese sul letto, portando con sé il suo schiavo. Prese tutto il tempo necessario per giocare con lui, insegnandoli che cosa amasse in un compagno, dove toccare e come per dargli piacere, e con somma soddisfazione si rese conto che Efestione dimenticava la sua naturale vergogna se si riusciva a metterlo a suo agio. Poteva essere restio i primi minuti, ma si trasformava in una creatura dedicata al piacere se si conquistava la sua fiducia e si aveva la capacità di allontanare la sua mente dalla realtà.
Si unì a lui a lungo, mai pago del suo sapore e dei gemiti che la sua bocca perfetta produceva, e mentre prendeva quel corpo si rendeva conto che tutte le preoccupazioni che sembravano pronte a sommergerlo semplicemente sparivano quando era con Efestione.
Il viaggio verso casa richiese più di due settimane di marcia quasi forzata.
Alessandro cavalcava alla testa dell’esercito, con i suoi comandanti e ancora gli amici più cari, mentre Efestione era stato fatto salire su un carro coperto, al cui interno si trovava il servo che si era preso cura di lui nei primi giorni di prigionia.
Da quando si erano messi in viaggio verso la Macedonia il ragazzo non aveva più visto il suo signore, ma poteva comunque sentire la sua voce.
Non sapeva in che punto della colonna si trovasse quando si erano messi in marcia, ma la voce del re gli aveva dato la consapevolezza di non essere distante dalla testa.
Più volte alle sue orecchie erano arrivate anche le parole di Clito e di Cassandro, e sempre quel tono lo faceva tremare.
Duro, anche con colui che avrebbe dovuto rispettare più di tutti gli altri.
Fu mentre cercava di capire che cosa desse a Cassandro la presunta libertà di poter parlare così a qualcuno che avrebbe potuto metterlo a morte senza bisogno di una accusa ben precisa che si rese conto di essere stato completamente cieco riguardo agli amanti di Alessandro.
Se la sua supposizione era esatta poteva anche spiegarsi il perché dell’odio, anche se tutti sanno che è sciocco essere gelosi di uno sciavo.
Olimpiade aspettava il ritorno di suo figlio in piedi, sulla soglia di entrata della reggia, circondata dalle sue ancelle.
Un serpente dalla pelle bianca le stava pigramente arrotolato intorno al collo, godendosi i raggi del sole che splendeva alto nel cielo.
Le erano arrivate strane voci, che volevano che suo figlio avesse preso come schiavo un tebano, con il quale amasse passare il suo tempo, e voleva vedere di persona se quella fosse la verità o meno.
Vide Alessandro e i suoi uomini cavalcare lentamente, e vide un carro coperto avanzare con loro.
Il re scese da cavallo e abbracciò la madre, trattandola con rispetto ma anche con distacco, e la cosa non sfuggì alla regina. Sapeva che dopo la morte di Filippo non sarebbe stato facile cancellare il dubbio dal cuore di suo figlio, ma non poteva perdere la creatura che più amava al mondo.
“Ben tornato figlio mio, gli dei sono stati al tuo fianco ancora una volta…”
“Si madre, Tebe è stata distrutta, adesso la Grecia sa che cosa può succedere se altre città vorranno rompere i trattati di alleanza!”
“Tuo padre credeva di poterli conquistare con le parole e con giochi matrimoniali in cui si faceva raffigurare come la tredicesima divinità; tu solo hai capito come agire con loro!”Alessandro non voleva parlare di suo padre in quel momento, ma Olimpiade non perdeva occasione per fare paragoni tra lui e il precedente re.
I comandanti intanto erano scesi da cavallo a loro volta e si erano allontanati verso i propri quartieri, lasciando il re e la madre a discutere.
Solo Clito era rimasto, accanto al carro che calava al suo interno Efestione.
“Ci sono delle voci Alessandro, voci che dicono tu abbia scelto uno schiavo di Tebe. Avresti dovuto uccidere tutti i suoi abitanti, o venderli come schiavi, non andare a letto con uno di loro. A che cosa pensavi mentre lo facevi? Che cosa ti ha spinto a fare una cosa tanto stupida se vera?”
Alessandro si allontanò da lei, dirigendosi a sua volta verso il carro, scambiando un’occhiata con Clito, che avrebbe spiegato più chiaramente che un fiume di parole quello che il re pensava.
Scostò i lembi della stoffa e aiutò Efestione a scendere.
Il ragazzo non sembrava aver risentito troppo di quello scomodo viaggio.
Clito seguì il re e il suo schiavo fino al luogo dove Olimpiade aspettava ancora.
“Credo che sia meglio raggiungere le mie stanze, non voglio che questo dialogo diventi di dominio pubblico!”
La donna si girò senza aspettare una risposta e entrò nella reggia, sicura che presto anche gli altri l’avrebbero seguita.
“Buona fortuna mio re, ne avrai bisogno… e buona fortuna anche a te ragazzo!”
Efestione guardava ora uno ora l’altro, senza riuscire a capire che cosa si nascondesse dietro il sorriso solo accennato che piegava le loro bocche.
“Olimpiade è una donna pericolosa Efestione, non permetterle mai di vedere i tuoi punti deboli, o li userà contro di te senza pensarci due volte se si sentirà minacciata dalla tua presenza!”
La reggia di Pella era del tutto diversa da quella in cui era cresciuto, i suoi corridoi erano più scuri, quasi contorti, come le vie di un labirinto.
“Il luogo dove si trovano le mie stanze è molto diverso da questo!”
Alessandro aveva visto l’inquietudine del giovane e aveva cercato di rassicurarlo.
Si fermarono solo quando una grande porta, finemente lavorata si parò davanti ai loro occhi.
“Ricorda quello che ti ho detto Efestione!”
La porta si aprì e le ancelle che erano nella stanza si sbrigarono a lasciarla, chiudendo poi battenti in modo che nessuno osasse disturbare la regina e suo figlio.
Olimpiade concentrò la sua attenzione su Efestione; era innegabile che il ragazzo fosse di una bellezza quasi sconvolgente, ma c’era dell’altro dietro i suoi occhi azzurri, qualcosa che aveva colpito suo figlio e che lei desiderava scorgere.
“Il tuo nome?”
“Efestione…”
Olimpiade guardò Alessandro e questi mosse la testa leggermente, in segno di affermazione.
“E così non uno schiavo tebano, ma il principe stesso di Tebe, ridotto in schiavitù… questo cambia molte cosa figlio mio… questo cambia tutto. La tua scelta è stata azzardata, non lo nego, ma anche giusta. Hai distrutto la sua città, e questo potrebbe renderlo in futuro un potenziale nemico, ma con il tuo gesto hai mostrato a tutta la Grecia che cosa può accadere anche all’uomo più libero se osa mettersi contro la tua grandezza!”
Uno dei serpenti della regina libero di girare per la sua stanza, si avvicinò ai piedi di Efestione, mentre la donna spiava la reazione del ragazzo a quella novità.
Efestione non sembrava spaventato o infastidito, anzi guardava l’animale con interesse.
“Mostralo a tutti, fai in modo che tutti sappiano chi è in realtà… fai in modo che agli orecchi dei tuoi nemici arrivi la voce che anche lui ti ama nonostante quello che hai fatto alla sua città!”
“Madre, adesso smettetela, è un viaggio lungo quello d Tebe a qui, e la città è caduta meno di venti giorni fa… come potete pensare ai persiani…”
“Penso sempre a loro. Dario ti vuole morto, il suo oro ha armato la mano di Pausania, e non esiterà a cercare di fare lo stesso anche con te. Fagli capire che non potrà comprare colui che scalda il tuo letto. Fagli capire che sei completamente diverso da tuo padre…”
Efestione intanto se ne stava in silenzio, con gli occhi bassi, cercando di capire perché le parole della regina lo avessero fatto arrossire.
Aveva sentito parlare della moglie di Filippo di Macedonia, più di una voce la definiva strega, e vedendola di persona Efestione non poté non pensare che qualcosa di vero ci fosse in quella definizione.
“Sono stanco madre, e preferisco ritirarmi. Finiremo questa conversazione in un altro momento!”
La stanza di Alessandro era completamente diversa da quella opprimente e oscura di Olimpiade, dove il profumo dell’incenso addormentava la mente e fiaccava il corpo.
Lì il sole splendeva, entrando dalla grande finestra dalle tende aperte. Le pareti erano bianche e il resto della mobilia era composto da un grande letto, una cassapanca ai piedi di questo e due divani vicini alle pareti.
Alessandro era seduto su uno dei divani, con la testa reclinata all’indietro, come se il confronto con la madre lo avesse stremato.
“Posso…posso fare qualcosa per voi?”
“Puoi venire qui e farti guardare…”
Efestione si avvicinò al divano, fermandosi a pochi passi da esso, dove Alessandro avrebbe potuto seguire tutte le sue mosse.
Si privò lentamente della veste, scoprendo il suo corpo e rimanendo poi immobile, mentre gli occhi del re lo studiavano imprimendosi nella mente ogni sua forma.
Gli era mancato, due settimane senza poterlo toccare o anche semplicemente guardare; era stato troppo, semplicemente troppo.
Si allungò verso di lui, arrivando a posare le mani sui suoi fianchi e lo attirò a sé. Lo baciò a lungo, quasi con disperazione e Efestione seppe che Alessandro amava ed odiava sua madre probabilmente con la stessa intensità.
Fece scorrere le mani sulle cosce del re, sollevandogli la tunica, fino a scoprire il suo sesso, poi senza che Alessandro lasciasse mai la presa sul suo corpo si sedette sulle sue gambe, facendo scivolare la virilità del suo compagno all’interno del proprio corpo. In tutte le loro unioni Alessandro aveva sempre voluto vedere il suo corpo, ma quella posizione era strana per Efestione. Permetteva ad Alessandro di spingersi nel suo corpo tanto quanto non aveva mai fatto. Si morse le labbra, gettando la testa all’indietro quando il dolore si svegliò nel suo corpo.
Sentiva la sua carne rischiare di lacerarsi, ma non se ne preoccupò, tutto quello che aveva importanza in quel momento era lo sguardo di Alessandro, i suoi occhi dilatati e scuriti dalla passione. Tutto quello che importava erano le sue spinte, quasi brutali nella loro frenesia ma mai violente, le sue mani, una poggiata sulla schiena, per sostenerlo, e l’altra fatta scorrere sul suo petto che si soffermava a carezzare e stringere i suoi capezzoli, così come fecero presto anche i suoi denti.
Importava solo il piacere che quella vista gli procurava. Questa volta fu lui a baciare Alessandro, ad assaporare le sue labbra e giocare con la sua lingua, e lo fece nel momento in cui sentì di essere sull’orlo del limite. Lo fece quando si liberò tra i loro corpi, mentre il re rilasciava la sua essenza nel suo corpo.
Si guardarono negli occhi, in silenzio, mentre i loro respiri affannati faticavano a tornare normali, e fu in quel momento che Efestione seppe perché le parole di Olimpiade lo avevano colpito, anche se non comprendeva come questo fosse possibile.
Si alzò con grazia quando fu certo che le gambe lo avrebbero retto, e senza ricoprire il suo corpo si diresse vero la sala dove avrebbe dovuto preparare il bagno per il suo signore.
Quando tutto fu pronto tornò nella camera da letto e rimase in silenzio qualche istante a guardare il re.
Si era privato della veste e ancora seduto sul divano che aveva supportato la loro unione stava osservando il cielo di Macedonia, con occhi attenti, come se sapesse che presto quella vista gli sarebbe stata negata.
Alessandro non ebbe bisogno che Efestione parlasse per sapere della sua presenza nella stanza. Si alzò e raggiunse il ragazzo, ponendo un bacio sulle sue labbra prima di seguirlo verso il bagno.
L’acqua calda era invitante, dopo due settimane passate a cavallo, lavandosi solo con l’acqua raccolta dai grandi fiumi o con quella contenuta negli otri.
Si immerse, ma questa volta, una volta che Efestione si fu avvicinato per adempiere ai suoi compiti, lo bloccò, facendolo entrare a sua volta nella grande vasca.
“Questa sera ci sarà un banchetto per celebrare la vittoria…”
Efestione conosceva quei generi di banchetti, sapeva che solitamente il vino scorreva a fiumi, e che la ragione faceva in fretta ad abbandonare i commensali.
“Tutti i nobili di Macedonia vi parteciperanno… voglio che ci sia anche tu, al mio fianco Efestione…”
“Io sono una tua proprietà Alessandro, se tu desideri la mia presenza ci sarò!”
Alessandro non si fidava di sua madre ormai da molto tempo, ma sapeva che la sua mente era più acuta di quella di tutti i suoi generali, e sapeva che Dario aveva spie a Pella, forse anche nella sua cerchia più intima, sapeva che doveva lanciare chiari segnali al re nemico, e mostrare Efestione poteva essere uno di quelli.
Si prepararono in silenzio, e al tramonto, quando ormai tutta la reggia era in fermento, lasciarono la stanza per dirigersi verso la sala del trono.
Tutti fecero silenzio non appena il re entrò nella sala, seguito da Efestione; la testa tenuta piegata, i capelli sciolti sulle spalle e una veste di lino scuro che metteva in risalto la chiarezza della pelle.
I commensali, senza eccezione alcuna videro il bracciale, unico ornamento di quello schiavo, e riconobbero l’effige.
La musica riprese non appena il re si fu seduto a capotavola. Efestione prese posto al suo fianco, seduto su alcuni cuscini che ornavano il pavimento.
Come si era aspettato il vino cominciò a circolare ancora prima che i cuochi fossero pronti a portare le pietanze.
Alessandro parlava con tutti, riceveva le congratulazioni dei burocrati e dei guerrieri, senza eccezione, ma mentre tutti gli altri si intrattenevano con donne o ragazzi, o erano impegnati in accese discussioni, una sola persona, nella penombra della sala sembrava essere totalmente estranea a quella scena.
Cassandro aveva indossato una tunica rossa, con ricami che riprendevano la moda greca sull’orlo, i lunghi capelli neri erano tenuti fermi da un nastro di cuoio, lontani dal volto, in modo tale che gli occhi fossero in evidenza.
Aveva le mani intrecciate davanti alla bocca, ed efestione sapeva che quegli occhi andavano da lui ad Alessandro senza guardare altro.
Cercò di scacciare l’inquietudine, concentrandosi sulle voci che sentiva intorno a sé, cercando di capire di che cosa gli uomini parlassero, ma si pentì della sua scelta quando si rese conto che lui era uno dei principali argomenti di conversazione.
“E’ lui dunque…il principe di Tebe?”
“Si dice che il re lo abbia colpito sul campo di battaglia e poi reclamato come schiavo!”
“Io invece ho sentito dire che Alessandro abbia avvertito gli uomini prima della battaglia, che nessuno osasse toccare il minore dei figli del re…”
“Le voci sulla bellezza del ragazzo evidentemente sono arrivate alle orecchie del nostro sovrano ancora prima che potesse mettere gli occhi addosso a quella meraviglia!”
“Avrebbe dovuto ucciderlo, cancellare per sempre quella dinastia!”
“E rinunciare alla possibilità di poter mostrare un così splendido trofeo? Tu devi essere pazzo amico mio, nessun uomo sano di mente avrebbe rinunciato alla possibilità di possedere qual corpo!”
“Attento Attalo, o rischi di fare la fine del tuo illustre omonimo… non posso pretendere di conoscere l’animo di Alessandro bene come altri in questa sala, ma dallo sguardo del re si capisce che è pronto a colpire tutti coloro che mettono gli occhi addosso al ragazzo!”
“Allora ti conviene guardare da un’altra parte Cratero, è tutta la sera che il tuo sguardo indugia un po’ troppo su quel corpo!”
“Non mi dirai che tu non l’hai guardato neppure una volta Clito!”
L’uomo guardò quasi con disprezzo colui che aveva parlato.
“Ti ho solo dato un consiglio vecchio amico, se non lo vuoi seguire sei libero di farlo, ma alla fine sarò io a ricevere l’ordine di punire la tua arroganza…”
Clito aveva posto fine alla discussione.
Il ragazzo cercò di cancellare l’imbarazzo, anche se si era aspettato una cosa del genere.
Solo la mano di Alessandro che si posò quasi casualmente tra i suoi capelli era in grado di allontanare dalla sua mente i pensieri negativi.
Il banchetto ebbe termine alle prime luci dell’alba, quando ormai tutti quelli che non si erano ancora ritirati giacevano sui triclini vinti dal vino, dal cibo e dalle donne o i ragazzi con cui avevano giaciuto.
Alessandro aiutò Efestione ad alzarsi, poi raggiunsero le stanze del re, dove, una volta chiusa la porta, tornarono ad essere nuovamente Alessandro ed Efestione, non il re e il suo trofeo di guerra.
Il tempo trascorreva a Pella senza che niente turbasse la tranquillità del re, che con i suoi amici più stretti aveva ripreso in mano le mappe di Filippo, e le carte che il precedente re aveva studiato pianificando l’invasione della Persia.
Anche le temibili tribù del nord sembravano finalmente aver accettato la supremazia di Alessandro, signore di Macedonia, ma in cuor suo il re sapeva che erano ancora nemici temibili e spietati nonostante gli atti di fedeltà che avevano compiuto.
Un greco non si fida mai di un barbaro del nord, soprattutto quando è ancora legato al concetto di tribù.
Olimpiade aveva chiesto più di una volta di parlare con il giovane schiavo di suo figlio, e Alessandro si era trovato nell’impossibilità di negare quegli incontri. L’unica cosa che aveva potuto fare era convincere la madre a condurre Efestione nei giardini privati della reggia, dove Clito era sempre presente.
Nonostante questo però tutte le volte che il giovane faceva ritorno in camera rimaneva silenzioso per ore, come se la regina fosse in grado di privarlo della vitalità.
Nonostante questo però, nonostante tutto il tempo che Alessandro passava con Efestione, a parlare o a giacere con lui, nonostante fosse tutto il mondo che ormai Efestione era abituato a considerare Alessandro sapeva che il cuore del suo schiavo nascondeva un segreto gelosamente custodito.
Ma la rabbia e la gelosia crescevano nel cuore di uno degli Amici del Re, con la stessa intensità con cui nel cuore di Alessandro si svegliava un sentimento tenero e mai provato per Efestione.
E fu questo che presto portò alla rovina, alla distruzione della cerchia più intima di Alessandro così come Pella era abituata a conoscerla fin dai tempi dell’infanzia del re, fin dai tempi dell’accademia di Mieza.
“Posso parlarti Clito?”
Alessandro aveva raggiunto il comandante della cavalleria nel recinto dei cavalli.
“Mi volete parlare come re oppure come Alessandro?”
“Una volta mio padre mi disse che avrei sempre potuto fidarmi di te, di trattarti come avrei trattato lui… è in questa veste che voglio parlarti!”
Un sorriso strano si dipinse per un attimo sulle labbra dell’uomo.
“Avrei dovuto saperlo che tuo padre mi avrebbe messo nei guai anche da vecchio!”
“Tu non sei vecchio Clito, e mio padre ti amava, di questo ne sono certo.”
Clito affermò lentamente.
“Come io amavo lui del resto Alessandro… ma il nostro amore era qualcosa di totalmente diverso da quello che ti lega in questo momento con morso doloroso. Io sapevo che lui aveva altri, anche quando stava con me, e lo accettavo, perché per me era lo stesso, ed era impensabile legarmi per sempre ad una sola persona. Tu invece stai pensando a questo, dico bene ragazzo?”
“E’ così evidente? Sono così facilmente comprensibile?”
“Solo per cloro a cui permetti di vedere il vero Alessandro. Tu sei un re adesso, e sai che il tuo desiderio è impossibile. Dovrai prendere una moglie, generare un erede… ma questo non ti impedirà di legare il tuo cuore ad una sola persona, e il tuo giacere con una futura moglie non sarà un tradimento, solo un dovere da cui non puoi esimerti!”
“Sai chi è la persona che amo Clito?”
“Efestione…”
Alessandro abbassò la testa.
“Se questo è ciò che gli dei hanno scelto per te, non ci sarà modo di fuggire ai loro desideri. Diglielo, sii sincero con lui… e poi fai ciò per cui i tuoi uomini ti crederanno pazzo…”
“Liberarlo dalla schiavitù, renderlo uomo libero e eleggerlo al ruolo di Compagno del re!”
“Esatto ragazzo!”
“E se lui…?”
Si sentiva il bambino che era stato un tempo, quando sua madre lo riteneva divino e suo padre debole. Non aveva mai capito che cosa fosse in realtà, e anche in quel momento il dubbio rimaneva.
“Non hai mai guardato i suoi occhi Alessandro? Oppure eri troppo preso dal cercare di capire i tuoi sentimenti da non accorgerti di quelli che stavano crescendo in lui? Sei sempre stato in grado di conoscere l’animo umano ragazzo, non lasciare che l’insicurezza generi in te confusione. Tu conosci la risposta alla tua domanda!”
Ritornò nella sua stanza ripensando a quello che Clito gli aveva appena detto, ma quando vi entrò il fiato gli si mozzò in gola.
Efestione era disteso sul letto, la lunga tunica che portava gli lasciava scoperti solo i piedi, mentre le gambe erano leggermente piegate, nel sonno era se possibile ancora più bello.
Si chiese quali sogni potessero essere portati dagli dei ad una creatura come quella.
Si distese accanto a lui, avvicinandosi il più possibile al suo corpo, arrivando a percepire il suo calore, ma senza svegliarlo.
Prima di chiudere gli occhi sussurrò qualcosa al buio della stanza, qualcosa che solo Afrodite, dea dei sussurri amorosi e dei segreti dell’intimità poté sentire.
Un nuovo banchetto fu indetto da Alessandro, nessuno ne conosceva bene il motivo, ma qualcuno sussurrava già che il re aveva deciso di darlo per salutare la macedonia tutta. Si diceva che in primavera Alessandro con un esercito di quarantamila uomini sarebbe partito per la Persia, in guerra contro Dario e i suoi duecentocinquantamila uomini.
Proprio quando Alessandro stava per raggiungere gli altri con Efestione al suo fianco una delle dame di Olimpiade si avvicinò con un messaggio da parte della regina.
“Precedimi Efestione… sembra che mia madre abbia cose urgenti di cui discutere con il re e sembra che non possa aspettare fino a domani…”
Un sorriso rassicurante fu quello che accompagnò il ragazzo lungo i corridoi della reggia.
Ormai era abituato a quel luogo, sapeva orientarsi abbastanza bene in quelle parti che era solito frequentare con il re. Passò davanti al giardino privato della regina, che con la fioca luce della luna appariva ancora più misterioso di quanto non fosse in realtà, di giorno, illuminato dai raggi del sole.
Olimpiade lo accolse seduta al suo scrittoio, ingombro di pergamene e papiri.
“Non fidarti di nessuno in Asia. Libera le loro città, usa i loro uomini per combattere ma non permettere a nessuno di coloro che non conosci di sapere cosa pensi veramente, di conoscere la tua strategia.
Il Grande Re ha migliaia di alleati e spie, assassini che agiscono nell’ombra e che scompaiono senza lasciare tracce. Il suo oro può comprare tutto, in grandi quantità anche un cuore saldo. Leggi le lettere che i miei fedeli hanno intercettato, comincia a comprendere come agisce e ragiona il tuo nemico, e fallo in fretta Alessandro. In Asia tu sei esposto e indifeso se non sai a che cosa vai incontro!”
Alessandro fu colpito dalle parole della regina, ma gli bastò una sola occhiata al carteggio per comprendere che le sue preoccupazioni erano fondate.
Se avesse vinto Grecia e Persia sarebbero state sotto la sua egida, se avesse perso in Persia la Grecia si sarebbe rivoltata.
Ci volle quasi un’ora prima che la regina lo lasciasse libero di raggiungere il banchetto.
Alessandro questa volta non fu accolto dal silenzio, il vino aveva già fatto sì che oltre metà dei partecipanti fosse completamente priva di controllo, ma il re non si era aspettato niente di diverso.
Fece vagare lo sguardo in ogni angolo della sala dopo che si fu accorto che Efestione non era seduto sui cuscini acanto al suo posto, ma non riusciva a vederlo.
“Hai lasciato Efestione in camera tua ragazzo?”
Alessandro si girò verso Clito come se tutto l’esercito persiano fosse alle sue spalle.
“Non è qui?”
“No… perché…”
Gli occhi di Alessandro si dilatarono, e Clito sentì e fece propria la preoccupazione del re.
“Aiutami a cercarlo Clito!”
Uscirono dalla sala senza che nessuno avesse dato prova di essersi accorto di quello scambio di battute.
Mani cattive afferrarono il suo corpo, trascinandolo tra gli alberi.
La sorpresa gli impedì una qualsiasi reazione immediata, e quando cominciò a capire quello che stava succedendo una mano gli tappò la bocca, mentre l’altra gli bloccava i polsi dietro la schiena. Non poteva fare assolutamente niente per liberarsi.
L’odore del vino era la sola cosa che riuscisse a percepire del suo assalitore, oltre alla sua forza ovviamente.
Quando fu certo di averlo portato abbastanza lontano lasciò libera la sua bocca, scendendo a sciogliere la cintura che teneva ferma la sua veste.
Gli legò le mani con quella, ferendogli i polsi tanto stretto fu il nodo.
Il ragazzo cercò di divincolarsi, una via di fuga del tutto inesistente e il suo assalitore tacitò ogni protesta colpendolo violentemente al volto. Il sapore del suo stesso sangue gli riempì la bocca.
Si sentì sollevare e spingere violentemente contro il tronco di un albero, ed poi sentì quelle mani strappare la sua veste, ghermire la sua pelle, sentì le sue unghie lacerare la pelle.
La nausea lo assalì mentre le lacrime cominciavano a scorrere libere sul suo viso.
“No… non…farlo… ti prego…”
La sua preghiera fu accolta da una risata di scherno, mentre altri colpi lo fecero tacere.
Gridò quando sentì il suo corpo violato, mentre il suo assalitore si faceva largo in lui senza dargli tregua.
Cercò di non pensare a quello che stava succedendo, ma le labbra sul collo, che mordevano e succhiavano, cercando di risalire il suo profilo, lo riportavano alla realtà.
Mentre quel sesso estraneo lo lacerava come Alessandro non aveva fatto neppure nel momento in cui prendeva la sua verginità. Sentì il calore del sangue scorrere sulle sue cosce bianche e provò ribrezzo di se stesso.
“BASTA, ti supplico basta…”
Le spinte si fecero selvagge, più lui pregava che quella tortura cessasse, più il suo aguzzino trovava modi di fargli del male.
Finalmente, quando ormai le forze lo stavano abbandonando e fu certo di non poter resistere oltre a tutto quel dolore sentì il suo assalitore liberarsi dentro il suo corpo.
“Questo è ciò che le puttane come te si meritano…”
Si accasciò scivolando a terra, vomitando tutto il dolore e l’umiliazione che provava.
Aveva riconosciuto quella voce.
Sentì i passi del suo aguzzino allontanarsi, ma non ebbe la forza di fare altro, se non accoccolarsi su se stesso e rimanere immobile, incurante del freddo.
Clito vide di sfuggita un’ombra che conosceva bene uscire dal giardino della regina Olimpiade. Scosse i lunghi capelli e sperando di sbagliarsi corse nel punto più folto.
Quello che vide gli gelò il sangue nelle vene, nonostante avesse visto quella scena più di una volta.
Efestione stava tremando, il corpo ricoperto di lividi, non lasciava spazio all’immaginazione. Quello che era successo era fin troppo evidente.
Si inginocchiò accanto a lui e lo coprì con il suo mantello. Lo sentì irrigidirsi quando fece passare un braccio intorno alla sua vita e uno sotto le gambe per sollevarlo, ma era troppo debole per opporre altra resistenza.
Riemerse da quell’oscurità opprimente solo per imbattersi in Alessandro.
“Non adesso ragazzo… adesso dobbiamo portarlo al riparo!”
Il re seguiva Clito come se non avesse più volontà, solo l’immagine del volto di Efestione, macchiato di sangue e lacrime, nella sua mente.
Clito depose Efestione sul letto, il ragazzo era svenuto pochi istanti dopo che lo aveva preso in braccio, ma nonostante questo ancora non osava scoprirlo.
Se il suo volto aveva sconvolto Alessandro non osava immaginare la reazione del suo re davanti alla vista dei lividi e delle escoriazioni.
“Alessandro… Alessandro abbiamo bisogno di acqua calda e di panni puliti…”
Il re si mosse e portò quello che gli era stato chiesto.
Solo allora Clito rimosse il mantello.
Alessandro strinse i pugni tanto forte che le unghie, conficcatesi nella carne crearono piccole ferite nei suoi palmi.
“Chi è stato? Clito chi è stato?”
Poteva mentirgli, poteva mentire ad un uomo il cui amore era stato violentato? Se lo faceva non tradiva solo il suo re, tradiva il figlio di Filippo, ma se diceva la verità sarebbe scoppiata una tragedia.
“Il tuo silenzio ti tradisce Clito…”
L’uomo lo guardò atterrito. Non poteva credere…
“Tu sai chi è stato… dimmelo, per la memoria di mio padre dimmi chi è stato a fare una cosa del genere!”
Clito tornò a dedicare la sua attenzione a Efestione, passando pezze bagnate sul suo corpo e il suo viso, portando via il sangue e le lacrime. Solo quando le gambe e i glutei del ragazzo furono le uniche parti che ancora dovevano essere puliti Clito si fermò.
“Forse… forse è meglio che sia tu a continuare… se si dovesse riprendere ora sentirebbe un tocco conosciuto… un tocco di cui si fida!”
Alessandro fece quello che Clito gli aveva detto.
Si morse le labbra per non urlare, per non scoppiare a piangere come un bambino. Sentiva il cuore scoppiare, mentre cancellava il sangue e lo sperma che deturpavano quel corpo.
Mentre copriva il suo corpo Efestione riaprì gli occhi. In un primo momento non riconobbe l’uomo il cui sguardo incontrò e il panico lo assalì, ma in pochi istanti riconobbe Alessandro. Adesso era al sicuro.
Cercò di sorridere quando vide la preoccupazione sul volto dell’uomo, ma il taglio sul labbro gli fece cambiare idea.
Sentì la mano del suo signore accarezzargli i capelli, ma nonostante la sensazione di tranquillità che quel gesto gli procurava si scostò da lui.
“No…non…non dovete farlo…io non sono degno…della vostra presenza!”
Clito abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto allontanarsi dalla stanza, lasciare Alessandro ed Efestione alla loro intimità, l’uno alle braccia dell’altro, ma sapeva che non poteva fino a che il nome non fosse venuto ala luce.
Alessandro si avvicinò ancora, sedendosi sul letto, accanto ad Efestione, abbracciandolo nonostante le resistenze del ragazzo, trasmettendogli tutto l’amore che aveva era nato nel suo cuore.
“Non dire assurdità Efestione, io non posso immaginare di stare lontano da te, non riesco neppure a pensare a questa evenienza.”
“Ma… ma sapete quello che è successo, che cosa ho fatto…”
“So quello che ti hanno fatto, so quello che hai dovuto subire e mi maledico mille e mille volte per aver accettato di raggiungere mia madre, lasciandoti solo… è solo per causa mia che hai dovuto vivere una cosa del genere!”
Efestione pose le dita sulle labbra dell’uomo, cercando di fermare quelle assurdità.
Mai, neppure per un istante aveva pensato che Alessandro avesse qualche colpa.
Efestione cessò ogni resistenza e lasciò che Alessandro lo avvolgesse nel suo abbraccio, cercando di non pensare alla sensazione di altre mani che toccavano il suo corpo.
“Devi riposare Efestione. Il tuo corpo ha bisogno di riprendersi. Cerca di dormire… io sarò qui!”
Efestione si accoccolò contro il corpo di Alessandro, e racchiuso nel suo calore, lasciò che la stanchezza e la disperazione vincessero quelle poche energie che gli restavano.
Quando fu certo che Efestione dormisse profondamente rivolse la sua attenzione a Clito.
“Il nome Clito… voglio quel nome!”
Mai aveva visto tanta determinazione negli occhi di Alessandro, anche durante l’assedio di Tebe aveva sempre mantenuto la sua umanità, ma in quel momento era semplicemente terrificante.
“Cassandro…”
Il re serrò gli occhi per un istante, poi domò le proprie emozioni.
Clito raggiunse la porta senza attendere che il suo re parlasse ancora, sapeva che non sarebbe successo.
All’alba Efestione aprì gli occhi. Tutto nel suo corpo faceva male, ma il calore che lo avvolgeva faceva in modo che quella sensazione fosse mitigata.
Alessandro era sveglio e lo guardava con la più dolce delle espressioni.
“Non…non avete dormito!”
Scosse la testa.
“Come ti senti Efestione, anche se è una domanda sciocca da fare!”
“Male e bene allo stesso tempo!”
Non aveva potuto dare una risposta diversa.
“Male per quello che è successo, per l’umiliazione che ho provato oltre che per il dolore. Non… non credevo che potesse essere così… così ributtante!”
Alessandro non sapeva che cosa dire, desiderava disperatamente avere la forza di cancellare la tristezza che leggeva in quegli occhi azzurri.
“Ma bene perché… perché…”
Un violento rossore gli salì al volto, mentre gli occhi si puntarono sulle mani, intrecciate nervosamente.
“Perché nonostante tutto tu sei ancora qui… al mio fianco…”
Aveva abbandonato il voi senza neppure rendersene conto.
“E questo ti fa piacere? Ti fa stare meglio?”
“Si… questo mi fa stare bene Alessandro!”
“Non più uno schiavo Efestione. Da questo momento io ti restituisco la tua libertà principe, e se lo accetti ti elevo al rango di compagno del re… un mio pari, con dignità e diritti… un uomo da amare e non solo da possedere!”
“Amare? Alessandro cosa…”
“Amare Efestione, come non ho mai fatto in vita mia. Avrei voluto dirtelo in un’altra occasione non adesso, dopo qualcosa di così terribile…”
Efestione non voleva credere alle proprie orecchie, stava cercando di convincere se stesso che quello era tutto un sogno, ma la presenza di Alessandro era così vera.
“Vuoi dire che ho la possibilità di amare? Di rivelare i miei veri sentimenti?”
“Hai il diritto di farlo, e il dovere nei tuoi confronti di non celare oltre quello che abita il tuo cuore!”
“Ti amo Alessandro, questa è la sola verità che abita il mio cuore, non so perché, non so come sia stato possibile, ma so che è così, che gli dei mi hanno condotto sulla tua strada e che mai, per tutta la durata della mia vita lascerò il tuo fianco, anche quando ti sarai stancato di avermi come amante… sarò ugualmente felice di continuare a seguirti come amico!”
Alessandro unì le loro labbra facendo attenzione a non provocare altro dolore al suo compagno.
“Per l’eternità Efestione… è questo il tempo che voglio trascorrere con te, al mio fianco, amico e amante allo stesso tempo!”
Lasciò la stanza dopo molte ore, passate a parlare, sfiorandosi appena, solo per assicurarsi l’uno della reale presenza dell’altro.
Ore trascorse a mettere a nudo i loro cuori e le proprie anime, ma nonostante tutto c’era ancora qualcosa che mancava alla totale pace di cui entrambi sentivano di avere bisogno.
I suoi comandanti lo aspettavano nella sala del trono. Tutti coloro che sapevano dell’imminente partenza erano riuniti per ricevere gli ultimi ordini.
Quando il re fece il suo ingresso Clito vide che qualcosa era cambiato in lui, vide una determinazione diversa nei suoi occhi.
Si sedette e parlò della partenza, dando gli ordini con voce chiara, senza lasciare spazio alla distrazione.
Quando ebbe finito tutti seppero che quella che stava per cominciare sarebbe stata la più grande impresa che mai mente umana fosse stata in grado di pianificare, e in quel momento, come mai prima, Alessandro non era il figlio di Filippo, ma il figlio di Zeus, amato dagli dei tutti.
Lasciarono la sala lentamente e in silenzio, come se una loro parola potesse infrangere l’incantesimo che la presenza di Alessandro aveva gettato in quel luogo; la reggia di Macedonia non era più la casa di un re, ma un tempio, dimora di un Dio immortale.
Poggiò una mano sulla spalla di Cassandro e prima che l’uomo potesse chiedere qualcosa, o che gli altri parlassero la lama del suo pugnale raggiunse famelica la gola.
Lo schizzò di sangue lo raggiunse in faccia, come era successo sulle rovine di Tebe, e come allora macchiò la sua tunica.
Alessandro, figlio di Zeus, dio tra i dodici immortali aveva reclamato il suo sacrificio.
Nessuno parlò, né allora né in futuro. Per tutti la morte di Cassandro era semplicemente stata necessaria.
Dai tempi di Omero si sacrificano uomini prima di grandi imprese, l’atto di Alessandro era stato un legame con un passato di gloria che la Macedonia doveva a tutti i costi fare proprio.
“Chi è questo Alessandro, figlio di Filippo che osa sfidare la mia forza?”
“Un giovane imberbe Grande Re, che schiaccerai senza problemi!”
Questa fu la risposta che Dario, seduto sul suo trono nella città di Babilonia, una delle quattro capitali del suo vasto impero ebbe da Besso, Satrapo tra i più fedeli e feroci.
“Non sottovalutare questo ragazzo Re dei Re!”
Arsite aveva preso la parola.
“Nonostante la sua giovane età questo Alessandro è capace di grandi passioni e temibili freddezze. Ama un uomo che ha reso schiavo e poi liberato, con tanta intensità che quella che poteva essere una debolezza si è rivelata invece la fonte della sua forza. Ha sacrificato la vita di uno dei suoi amici d’infanzia solo perché aveva osato toccare il suo compagno. Non abbiamo mai incontrato un uomo come lui Dario, mio signore: Suo padre era un folle che inseguiva sogni di gloria solo perché la Grecia strisciasse ai suoi piedi. Lui viene in Persia per possederla completamente. L’unico limite di Alessandro saranno i confini della terra stessa. Questo è l’uomo che già molti definiscono figlio di Zeus Ammone. Questo è il nemico che ci troveremo davanti!”
Alessandro e il suo esercito di quarantamila uomini attraversarono l’Ellesponto.
La mattina della grande battaglia la piana di Gaugamela sembrava il teatro per una rappresentazione tragica.
La sabbia del deserto sembrava già rossa, forse premonitrice del sangue che presto l’avrebbe bagnata.
Spronò Bucefalo, cavalcando verso il proprio destino e accanto a sé aveva Efestione, la sua forza, la sua stessa vita.
Il sole della Persia brillava nei loro occhi mentre avanzavano verso l’ignoto.
Insieme per sempre, come si erano promessi a Pella.
FINE