Sposo Reale
folder
Italian › Movies
Rating:
Adult +
Chapters:
1
Views:
1,078
Reviews:
0
Recommended:
0
Currently Reading:
0
Category:
Italian › Movies
Rating:
Adult +
Chapters:
1
Views:
1,078
Reviews:
0
Recommended:
0
Currently Reading:
0
Disclaimer:
I do not own the movie(s) this fanfiction is written for, nor any of the characters from it. I do not make any money from the writing of this story.
Sposo Reale
L’esercito macedone era entrato a Babilonia. Alessandro, il giovane che aveva sconfitto Dario e il suo esercito entrava nella città millenaria come il Re dei Re. Alla sua giovane età il nuovo padrone del mondo aveva potere di vita e di morte su tutta la Persia, e su tutti coloro che erano appartenuti a Dario e che il precedente re aveva amato.
Una tenda di pesante velluto venne richiusa velocemente, mentre la figura che stava assistendo alla scena dall’alto della torre si accasciava a terra e piangeva, non per la sua sorte, ma per quella dell’uomo che aveva grandemente amato e che sapeva non avrebbe più rivisto.
La reggia che adesso era di Alessandro presentava meraviglie agli occhi del suo nuovo padrone. Lo ammaliava con invitanti profumi, giovani donne dai corpi sinuosi e splendidi ragazzi dagli occhi truccati. Aveva visto l’harem, i giardini delle delizie come erano soliti chiamarli in quelle terre. Aveva visto i suoi uomini lasciarsi sedurre dai sensi, e come dare loro torto? Dopo mesi di battaglie, privi di qualunque forma di piacere come poteva rimproverarli ora se tanta bellezza faceva perdere loro la testa? Lui stesso non ne era immune.
Aveva conosciuto la figlia primogenita di Dario, l’aveva trattata con rispetto, come una principessa merita, e i suoi occhi si erano posati su più e più corpi che promettevano l’accesso ai campi Elisi, ma qualcosa gli diceva che non era ancora giunto il momento di riposare, di cercare il riposo e l’oblio dei sensi in quel luogo.
Statira era ancora ferma davanti a lui. Con i grandi occhi neri, così simili a quelli di Dario che lo guardavano, come se avesse altro da dire, ma non sapesse da che parete cominciare. Il suo interprete aveva gli occhi fissi a terra, come se sapesse che cosa la ragazza doveva ancora comunicare.
“Grande re Alessandro. Nella torre più alta dell’harem, si trova colui il cui volto non può essere visto da nessuno se non dallo stesso Re.”
Alessandro non aveva mai sentito parlare di una simile persona. Nessuno dei dignitari giunti a Pella nella sua infanzia aveva mai accennato a una cosa del genere.
“Lo Sposo Reale, il giovane che rubò il cuore a Dario, istruito alle più fini arti del piacere, alla musica e alla poesia… adesso vi appartiene come tutto ciò che è stato di Dario!”
“Cosa intendete dire con Sposo Reale?”
“Un giovane, di nobilissima nascita…intatto…vergine fino al giorno in cui il Re non lo reclamò come proprio. Fu unito a lui con una cerimonia svoltasi davanti al Dio, e da allora nessuno ha più potuto vederlo, pena la morte.”
“Dario aveva dunque sposato un uomo?”
“Sì, aveva amanti, come tu stesso puoi vedere, molti dei quali dalla bellezza indescrivibile, ma solo il suo sposo era amato, e si dice che la sua bellezza superi di gran lunga quella di tutti gli ospiti di questo luogo di piacere.”
“Se nessuno lo può vedere e nessuno può entrare nella sua stanza chi si prende cura di lui?”
“Servi che Dario scelse personalmente, eunuchi a cui fece tagliare la lingua, affinché non rivelassero mai quello che vedevano nelle stanze che servivano e servono tutt’ora!”
La curiosità ebbe la meglio su Alessandro, sebbene Clito lo mettesse in guardia dall’eventuale pericolo.
“Accompagnatemi alla torre, che io veda con i miei stessi occhi se questi racconti sono veri o fasulli.”
Statira precedette Alessandro, e al loro passaggio tutti chinarono la testa in segno di rispetto.
La principessa lasciò Alessandro davanti alla porta finemente lavorata che celava l’entrata alla stanza dello sposo di Dario. Neppure le camere della regina erano così ben sorvegliate.
Le guardie si inchinarono davanti al nuovo signore e aprirono le porte senza fare la minima resistenza. Lo stesso successe con gli eunuchi che lo attendevano appena oltre la porta, per farlo accomodare in quei luoghi mille e mille volte più belli dell’harem che il Re aveva appena lasciato.
Il silenzio in quella stanza era quasi irreale. I passi erano attutiti dai folti tappeti, perché niente disturbasse la creatura quasi divina che abitava quei luoghi misteriosi.
Morbide tende di seta leggera furono spostate davanti ad Alessandro, e finalmente la parte più interna delle stanze si mostrò ai suoi occhi, e con essa lui.
Era seduto su grandi cuscini, la tunica leggera lasciava intravedere il petto quel tanto che bastava per accendere il desiderio ma non per placarlo. I lunghi capelli erano morbidamente acconciati e tutto quello sarebbe stato comunque cancellato dalla bellezza del volto dove occhi azzurri come il cielo che incontra il mare splendevano attenti.
Era il ritratto della bellezza.
Non conosceva neppure il suo nome, ma Alessandro già sapeva che quel giovane doveva essere suo a tutti i costi.
“Parli la mia lingua?”
Alessandro si era rivolto a lui senza aspettare altro tempo, voleva ascoltare che voce potesse uscire da quelle labbra perfette, voleva sentire se sarebbe stata musicale e irreale come quella di un demone ingannatore… e lo fu…oh se lo fu.
“Parlo la vostra lingua… Re dei Re. Sono stato educato allo studio del greco quando ero ancora un fanciullo, in casa di mio padre!”
La follia che sempre lo coglieva in battaglia, la sentiva crescere nel suo cuore mentre i suoi occhi non potevano fare a meno di guardare quel corpo.
“Sai che sono il Re dei Re. Dunque sai anche che mi appartieni…”
“Sono stato lo Sposo Reale di Dario. So che adesso avete tutto quello che è stato suo…”
“Si dice che tu sia stato l’unico amato da Dario. Sei la cosa più preziosa che avesse. Più preziosa dell’oro e dell’argento, delle gemme e dei profumi che la tua terra regala…”
“Si dicono molte cose di me Re Adesso, ma vorrei che adesso foste voi a dirmi qualcosa. Che cosa avete intenzione di fare con me? Quale sarà la mia sorte Re dei Re?”
Sperava, sperava con tutto se stesso che lo avrebbe ucciso, che avrebbe immerso il suo pugnale nella tenera carne della sua gola e lo ricongiungesse in quel modo a Dario, al suo amore perduto, ma sapeva riconoscere il desiderio e la lussuria negli occhi degli uomini quando li vedeva, e Alessandro era accecato da quei sentimenti.
Pregò i suoi Dei di riuscire a sopportare un’umiliazione così grande come quella che avrebbe provato se solo quello straniero avesse osato sfiorare la sua pelle, quella pelle che conosceva il tocco delicato di una sola persona.
“Sei stato lo Sposo di Dario, adesso sei il mio. Non è così difficile da capire. La tua vita non cambierà molto da quella di adesso, solo saranno le mie visite che attenderai in queste stanze. Imparerai a conoscere il mio corpo, ciò che amo fare a letto, imparerai ad apprezzare tutto quello che ti verrà da me, e credimi alla fine non sarai più in grado di farne a meno. Da questo momento tu mi appartieni.”
Il ragazzo serrò gli occhi per un istante. Le parole che aveva temuto di sentire alla fine erano uscite dalla bocca dell’uomo che aveva ancora addosso il sangue di Dario e di tanti della sua gente.
Come, come potevano gli dei credere che si sarebbe abbassato a tanto? Come poteva quell’uomo pretendere qualcosa che non avrebbe mai e poi mai dovuto essere di altri se non del legittimo re di Persia? Alessandro poteva aver vinto la guerra, ma ai suoi occhi sarebbe stato sempre solo e soltanto un usurpatore.
Lo vide avvicinarsi, ma cercò di controllare quell’istinto che gli gridava di allontanarsi da lui.
Sentì le sue dita sollevargli il volto, prive di qualunque dolcezza. Un uomo rude, così diverso da ciò a cui era abituato, dal piacere che il semplice tocco delle dita lisce di Dario poteva trasmettere.
Un brivido attraversò la sua pelle e fece sorridere Alessandro.
“Ti abituerai presto… mio sposo!”
Avrebbe voluto gridare, rispondere a quel pazzo che pensava di potere tutto che lui non era il suo sposo, che non lo sarebbe mai stato. Lui non sapeva niente del vero significato del rito che aveva legato lui e Dario, di ciò che si era consumato nel ventre freddo del tempio, quando per la prima volta aveva conosciuto il suo signore.
“Il tuo nome… voglio conoscerlo prima di prenderti, prima di perdere la ragione nel tuo corpo. Voglio gridarlo quando mi riverserò in te…”
Quelle parole gli fecero abbassare lo sguardo. Non potevano appartenere ad un re, ad un soldato semplice, alle truppe sì, ma non ad un generale e sovrano, poi ricordò che lui non era un persiano, ma un barbaro venuto dalla Grecia per distruggere tutto quello che conosceva.
Non avrebbe aspettato allora, non gli avrebbe permesso di piangere il suo Sposo, l’unico che avrebbe mai voluto nella vita.
Una bestia, solo quello era il nuovo re ai suo occhi.
“Efestione…”
Alessandro sembrò stupito.
“Un nome greco?”
“Mia madre era greca, e volle che mi fosse messo il nome di suo padre…”
Alessandro non rispose, sembrò non aver neppure sentito le parole uscite dalle labbra del giovane.
Lo osservò per qualche altro istante prima di afferrarlo e caricarselo in spalla, come se fosse stato solo un oggetto.
Sapeva dove si trovava il letto, lo aveva visto di sfuggita celato da altre tende, appena scostate, di velluto, affinché nessuno osasse disturbare i giochi che Dario e Efestione dovevano aver condiviso.
Gli eunuchi che videro la scena si affettarono a chinare la testa, mai la creatura che servivano era stata trattata in quel modo.
Lui e Dario avevano giocato, sperimentato cose che non da tutti sarebbero state accettate, ma mai Efestione era stato considerato un oggetto o trattato come tale.
Efestione tremò quando il suo corpo toccò il letto, quello stesso oggetto che lo aveva visto felice e che adesso sarebbe stato testimone della sua umiliazione.
Quando Alessandro allontanò le mani da lui cercò di rialzarsi, non avrebbe reso facile all’assassino di Dario il possederlo.
“Bene, vedo che non sei una fanciulla indifesa allora…”
Efestione lo guardò con attenzione, e solo allora vide che il suo gesto non aveva scatenato la rabbia dell’uomo come invece aveva pensato; aveva acceso i suoi sensi la consapevolezza che il piacere di quel corpo non gli sarebbe stato donato senza combattere, che non avrebbe giaciuto con uno splendido oggetto, ma con un uomo dotato di volontà, un uomo che non riconosceva la nuova autorità che si era guadagnato sul campo di battaglia.
Efestione indietreggiava, mentre Alessandro, dopo aver agilmente superato il letto si avvicinava a lui lentamente.
Efestione aveva il corpo sinuoso e i suoi movimenti, senza mai perdere la grazia potevano essere rapidi come quelli di un serpente che attacca la sua preda.
Fu allora, mentre Alessandro osservava quel corpo che un bagliore attrasse la sua attenzione e fece esplodere la rabbia.
Un pugnale, Efestione stringeva un pugnale, e fu pronto ad attaccare Alessandro. Lottarono, e Alessandro fu sorpreso dalla bravura del giovane, ma la sua inesperienza ebbe presto la meglio sulla determinazione.
Alessandro gli afferrò il polso, stringendolo e piegandolo all’indietro fino a ché il giovane non fu costretto a lasciar cadere l’arma, ma la presa non si allentò.
“Imparerai che per quanto io possa amare avere nel mio letto qualcuno dotato di personalità, non permetto a nessuno di alzare un’arma contro di me!”
“Sei un assassino, e temi che qualcuno possa assassinare te?”
“Ho sconfitto Dario lealmente, sul campo di battaglia, non ho mandato sicari nella sua tenda, non ho pagato assassini affinché lo finissero, come invece lui ha fatto con mio padre e ha tentato di fare con me!”
Efestione lo guardò con rabbia. Come si permetteva quell’uomo di mentire così su Dario. Il precedente Re era stato un uomo d’onore, non un bugiardo come quello che lo fronteggiava in quel momento.
“Taci… stai mentendo. Dario non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Dario non avrebbe mai pagato per l’uccisione di tuo padre. Altre mani sono sporche di quel sangue. Mani che tu conosci bene si dice!”
Le voci del complotto organizzato a Pella erano giunte a Babilonia molto tempo prima, e con le voci anche il nome di colei che aveva organizzato tutto. Olimpiade, prima moglie di Filippo e madre di Alessandro, la strega dell’Epiro, dedita a riti che il solo nominare faceva accapponare la pelle a coloro che temono gli Dei.
Lo colpì violentemente al volto per tacitarlo. Efestione portò una mano alla guancia ferita; mai nessuno lo aveva toccato in quel modo, mai nessuno aveva osato sollevare una mano su di lui.
“Sta zitto Efestione! Non parlare di ciò che non sai… non sei stato generato per interessarti di politica, solo per il piacere!”
“Io non sono uno schiavo nobile Alessandro, se cerchi uno di loro l’harem ne è pieno. Io ero lo sposo di Dario, il suo confidente e consigliere, ma non pretendo che tu possa capire che cosa sto dicendo!”
“Osa pronunciare un’altra volta il nome di Dario Efestione, e pagherai un prezzo molto alto. Adesso è a me che appartieni, ogni altro nome che uscirà dalle tue labbra sarà considerato un tradimento della mia persona e punita come tutti i tradimenti meritano!”
Efestione sperò ancora una volta nella morte.
“E non sarà la morte la punizione che ti aspetta. Sarebbe un dono al mio nemico ucciderti e ricongiungerti a lui. Imparerai come un greco coglie il proprio piacere, come arriva ad amare il proprio compagno. Dimentica le mollezze a cui sei abituato. Sei un uomo, non un eunuco, e sarai trattato come tale.”
Non capiva di che cosa stesse parlando il Re, ma ben presto tutti i suoi dubbi furono fugati, a tutte le sue domande fu data risposta.
Sentì le mani di Alessandro afferrare la veste che indossava e udì il rumore della stoffa che viene strappata.
La sua nudità venne scoperta, la sua pelle chiara mostrata a quell’uomo che non ne aveva il diritto.
Sollevò le gambe, cercando di proteggersi, ma Alessandro era ovunque, e ben presto, senza riuscire veramente a capire quando, tutte le sue mosse furono bloccate dal peso del Re.
Alessandro era sopra di lui, lo teneva fermo, stringendo i suoi polsi in una morsa ferrea, ai lati della testa.
Efestione sentì l’eccitazione dell’uomo e tremò, non si era mai trovato in una situazione del genere.
Alessandro tenne fermi i polsi di Efestione con una sola mano, mentre con l’altra si sciolse la cintura che teneva ferma la sua veste.
“Cosa…cosa vuoi fare?”
Alessandro non rispose, si limitò a sorridere mentre legava i polsi di Efestione.
Contemporaneamente si privò della veste ormai aperta.
Il giovane non poté fare a meno di guardare quel corpo che aveva davanti, non poteva credere a quanto diverso fosse da quello di Dario. Mille cicatrice segnavano quella pelle chiara, anche se era stata a lungo baciata dal sole di Persia non aveva che assunto una sfumatura dorata che non serviva altro che a confermare le voci che lo volevano figlio di Zeus.
Non poteva negare a se stesso che era bello, di una bellezza così rara e maschile che mai i suoi occhi avevano potuto vedere.
“A quanto sembra quello che vedi è di tuo gradimento!”
Lo schernì, mentre Efestione serrava gli occhi e voltava la testa dalla parte opposta, affinché non potesse vedere il rossore che era certo gli avesse macchiato il volto, segno evidente che le sue parole erano vere.
Alesando gli afferrò il mento, costringendolo a voltarsi, e fu allora che le sue labbra incontrarono quelle di Efestione per la prima volta. Mai aveva accarezzato una pelle tanto morbida, liscia come seta e dolce come un frutto maturo.
Violò la sua bocca, immergendovi la lingua quando il giovane non fu più in grado di tenere le labbra serrate. Esplorò ogni millimetro di quel calore intossicante, accarezzando più e più volte la lingua di Efestione, quella lingua che sapeva essere velenosa, ma che racchiudeva tutta la dolcezza degli harem in quel momento.
Sebbene combattesse contro se stesso pur di non rispondere Efestione non poteva dimenticare tutto quello che gli era stato insegnato. Tutti i giochi sottili che aveva appreso per compiacere il proprio signore. Non poteva dimenticare se stesso.
Alessandro esultò quando sentì quel muscolo immoto cominciare a sua volta ad accarezzarlo, afferrò la lingua di Efestione con i denti, serrandoli appena, solo per avvertire il ragazzo di quello che poteva accadere. La succhiò come se da essa dipendesse la sua vita. Si staccò da lui solo quando il bisogno di respirare fu incontenibile, e ciò che vide lo deliziò; il petto di Efestione si alzava e abbassava freneticamente, le labbra erano turgide e bagnate della sua saliva, mentre un delizioso rossore adesso più evidente che mai tingeva quella pelle altrimenti candida.
Scese a baciare il collo, assaggiando il sapore della pelle. Dolce come neppure il succo dell’uva appena spremuta aromatizzato con miele poteva essere. Lo accarezzò con la lingua, stuzzicando il punto in cui sentiva il sangue pulsare velocemente. Mordicchiò la carne che ricopriva la vena e si inebriò dei piccoli gemiti che cominciavano a sfuggire dalle labbra del ragazzo, sebbene cercasse disperatamente di tenerle serrate.
Scese a dedicare le stesse attenzioni al petto, soffermandosi a lungo a giocare con i suoi capezzoli, arrivando a morderli crudelmente quando si accorse che Efestione aveva afferrato il suo labbro inferiore con i denti per impedire che i suoi gemiti riempissero l’aria.
“Voglio sentirti gridare Efestione…”
Il ragazzo mosse la testa da una parte all’altra, non fidandosi della sua voce era quello il solo modo in cui poteva dire di no. Non avrebbe mai dato quella soddisfazione al barbaro che era con lui in un letto che non gli apparteneva.
“Lo farai credimi… tutti sentiranno la tua voce… tutti sapranno quando diventerai mio…”
Stava ansimando, mai nella sua vita aveva conosciuto una desiderio così grande e doloroso.
Le parole di suo padre sulla passione e il desiderio tornarono improvvisamente alla sua mente, ma Filippo non sapeva di cosa parlava, Filippo non aveva mai provato quello che stava provando lui in quel momento.
Forse sua madre durante l’estasi e l’abbandono che la coglievano nei riti che praticava poteva aver provato qualcosa che si avvicinasse ai sentimenti che lo sconvolgevano in quel momento.
Coprì ancora una volta quella bocca che sapeva di miele, affondandovi la lingua, assaporandolo ancora e ancora, scoprendo che il suo sapore non lo saziava, che non lo avrebbe mai saziato.
Efestione si dimenava sotto di lui, consapevole di quello che sarebbe presto accaduto, sentendo l’eccitazione dell’uomo crescere, il suo sesso diventare duro ed eretto.
Lo sentì bloccarlo, farsi strada tra le sue cosce, posizionarsi tra esse e fermarsi.
Improvvisamente il tempo sembrò arrestarsi. Alessandro era immobile, sdraiato sul suo nuovo possesso, lo fissava negli occhi, specchiandosi in quell’oceano.
Efestione guardava il suo nuovo padrone, perdendosi in quegli occhi stranieri, così diversi da tutto quello che conosceva e scoprì che il suo animo desiderava sapere quali tempeste si nascondevano dietro la loro freddezza.
Gridò, come non gli era successo neppure quando Dario aveva preso la sua verginità.
Alessandro era entrato in lui con una sola spinta, scivolando nel suo corpo, costringendolo ad aprirsi per lui; non gli aveva dato tempo per abituarsi a qualcosa che non conosceva, al suo sesso che si faceva strada in lui, al peso sconosciuto che lo costringeva in un letto che aveva accolto solo Dario, al suo odore che gli riempiva le narici, stordendolo, drogandolo, al suo sapore…
Alessandro lo domava come se stesse montando un puledro recalcitrante, perdendosi nel suo calore, nella morbidezza delle sue cosce. Voleva cancellare tutto quello che Efestione aveva conosciuto fino a quel momento.
Il piacere saliva nel suo corpo, con ogni spinta dei suoi fianchi, con ogni sfregamento del suo bacino contro il corpo di Efestione, con ogni involontaria contrazione dei muscoli di Efestione che massaggiavano il suo sesso.
Il ragazzo stava piangendo, mentre il dolore che aveva ghermito il suo cuore superava quello del suo corpo.
Stava tradendo il suo vero signore, stava dando piacere al suo nemico, a colui che lo aveva ucciso, nelle stanze che lo avevano visto felice, nel letto che lo aveva accolto amato e protetto.
Alessandro si riversò in lui e il suo seme sembrò bruciare, marchiarlo definitivamente come un suo dominio.
Si lasciò cadere sul corpo di Efestione, come se l’orgasmo lo avesse privato di ogni forza.
Il ragazzo cominciò a singhiozzare, privo di qualunque vergogna.
Alessandro, disteso adesso sulla schiena, voltò la testa e lo fissò senza fare niente, anche se il primo istinto era stato quello di abbracciarlo.
“Piangi pure Efestione…per l’ultima volta piangi per quello che hai lasciato… ti do questa sola opportunità!”
Il ragazzo spalancò gli occhi, quanta freddezza in quelle parole, in quell’ordine impartito senza ripensamenti.
Aveva il regno di Dario, e così come aveva preteso che i suoi sudditi si dimenticassero del loro antico padrone, lo stesso pretendeva da colui che era stato lo sposo del re dei Re.
Alessandro si alzò e dopo essersi gettato sulle spalle la veste che aveva lasciato a terra uscì dalla stanza per raggiungere i propri appartamenti.
C’erano altre cose da fare, altre popolazioni da piegare, non poteva permettere che Efestione lo distraesse troppo dai suoi compiti.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Clito lo aspettava davanti alle porte delle sue stanze.
“Dalla tua espressione devo dedurre che il ragazzo è una vera bellezza?”
“Non ha paragone con niente di quello che abbiamo visto nella nostra vita Clito, amico mio…”
Il generale lo guardava cercando di capire il vero significato delle sue parole.
“Che cosa ne farai? Continuerai a tenerlo segregato in quelle stanze oppure lo porterai qui?”
“E’ tradizione che nessuno a parte il Re possa vedere il suo viso…”
“Vuoi che sia per te quello che è stato per Dario?”
“E’ il modo migliore per far capire a questo popolo che non siamo qui per cancellare la loro cultura, ma per unirla semplicemente alla nostra. Sarà il mio sposo, manterrà intatti i suoi privilegi e la sua posizione!”
“La sola cosa che cambierà sarà l’uomo da soddisfare a quanto ho capito… la principessa Statira è preoccupata per lui, crede che tu non gli abbia dato abbastanza tempo per abituarsi a questo cambiamento!”
“Statira non si deve preoccupare per Efestione… è solo affar mio!”
“Efestione… è un bel nome, un nome greco, un segno che gli dei non ti hanno abbandonato nonostante la distanza che hai messo tra te e loro!”
Alessandro sorrise a quelle parole.
Gli dei non lo avrebbero mai abbandonato, ma forse Efestione era veramente un segno… un dono per fargli capire che quello che aveva intrapreso era una cosa giusta!”
Entrarono nelle stanze che erano state di Dario e Clito si sorprese del lusso che racchiudevano.
Come poteva un uomo abituato a tante mollezze essere in grado di governare una nazione grande come la Persia?
Sperava che Alessandro non perdesse se stesso tra le sete pregiate e i profumi rari.
“I generali si aspettano che questa sera tu cominci con le ripartizioni del bottino di Dario!”
“Avranno quello che spetta loro, tutti avranno onori e denaro Clito. Vorrei solo che si rendessero conto che non è per l’oro e l’argento che ho cominciato questa guerra, vorrei solo che si rendessero conto che c’è altro al mondo, che tutti noi abbiamo la possibilità di fare qualcosa di grande, qualcosa che mai prima d’ora è stata ritenuta possibile!”
Clito sospirò, anche lui aveva un desiderio. Sperava che Alessandro si rendesse conto che gli uomini bramano sopra ogni cosa il potere e la ricchezza, sperava che comprendesse che il suo sogno non era qualcosa che si potesse dividere con gli altri, neppure con i suoi amici più cari.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione intanto aveva dato ordine ai suoi servi di preparargli il bagno e di cambiare le lenzuola tra le quali aveva giaciuto per la prima volta con Alessandro.
Sperava solo che l’acqua calda cancellasse la sensazione del corpo dell’altro ancora pressato contro il suo.
Lo sentiva ancora dentro di lui ad ogni passo che si costringeva a fare, sentiva il suo sapore tra le labbra, ancora gonfie per i baci e i morsi.
Il suo bagno durò più a lungo di quanto avesse previsto, ma la sua mente era troppo concentrata su quello che era appena acceduto per fare caso all’acqua che si raffreddava via via che il tempo passava.
Non aveva mai vissuto un’esperienza così intensa in tutti gli anni che aveva passato al fianco di Dario.
Alessandro era rude come il suo amore era stato gentile, privo del minimo freno durante la passione così come Dario era stato controllato e attento.
Dario non lo aveva mai ferito, Alessandro non aveva avuto esitazioni a prenderlo come si fa con un uomo, non con una statua di cristallo che rischia di rompersi se la si tratta con poca attenzione.
Tremò quando si rese conto di quello che aveva appena pensato e cercò di capire se fosse del tutto impazzito o il suo comportamento fosse solo dovuto a tutto quello che era successo negli ultimi giorni.
Non aveva mai pensato che Dario lo avesse trattato troppo delicatamente, era così che doveva essere, era a quello che da sempre era stato abituato.
Uscì dall’acqua senza curarsi di coprire la sua nudità o del liquido che cadde sul pavimento di marmo bianco.
Non si era mai comportato in quel modo, ma tutto era cambiato e niente sarebbe più stato come prima.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Alessandro era nella sala del trono, circondato dai suoi amici e dai generali che sotto il suo comando avevano reso possibile la vittoria contro il sovrano di Persia, ma la sua mente era ancora nella stanza in cima alla grande torre bianca.
Per quanto si sforzasse non era in grado di non pensare ad Efestione, al suo corpo, ma soprattutto ai suoi occhi.
Efestione non era uno schiavo o una puttana, Efestione era dotato di un cervello, di un’intelligenza che avrebbe piacevolmente colpito anche Aristotele, e soprattutto aveva coraggio da vendere se aveva osato combatterlo invece di cedere ai suoi voleri come tutti i sudditi che lo avevano accolto in Babilonia.
Guardava i suoi uomini, i greci che, si ritenevano tanto superiori al popolo che avevano appena sottomesso e che non pensavano ad altro se non a fare i conti di quante delle ricchezze della Persia sarebbero toccate loro.
Se Filippo fosse stato in quella stanza in quel momento si sarebbe comportato esattamente come loro.
Non riusciva più a capire a che tipo di vita appartenesse. Era greco, ma non vedeva nella Persia solo un territorio da depredare, e certo non la vedeva come tappa finale del viaggio che aveva intrapreso. Voleva andare oltre, spingersi fino ai confini del mondo, arrivare dove nessun uomo prima di lui aveva sperato di poter giungere.
Guardò un’altra volta i suoi amici e si rese conto che nessuno di loro avrebbe mai capito di che cosa aveva bisogno il suo animo, nessuno avrebbe mai capito la sua natura di sognatore.
Si alzò dal trono che occupava e lasciò la stanza sotto lo sguardo preoccupato di Clito
Il favorito di suo padre, che lo aveva visto crescere e trasformarsi da ragazzino spaventato a uomo troppo in fretta, e che adesso aveva definitivamente smesso di capire che cosa sconvolgesse la sua vita e la sua anima.
Prostitute, amanti e giovani bellissimi arrivarono poco dopo, mentre i servi portavano il vino e dolci speziati ai nuovi padroni.
Alessandro sentì la musica arrivare dalla sala che aveva appena lasciato, e seppe che cosa stava per accadere.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione sedeva sui cuscini come quella mattina, minimamente interessato al cibo che i suoi servi gli portavano, sperando che volesse mangiare qualcosa, almeno della frutta.
Sentì chiaramente la porta che veniva aperta e sollevò la testa nel momento in cui il Re entrava in quella zona dei suoi appartamenti.
Si fissarono in silenzio per un po’, poi Efestione fece cenno ad uno degli eunuchi di portare del vino per il suo signore.
Alessandro si sedete davanti a lui e aspettò che il servo tornasse.
Prese la coppa che gli veniva porta e mangiò un po’ della frutta che Efestione gli aveva messo davanti.
“Sembrate turbato Re dei Re.”
“Sono semplicemente consapevole che i miei uomini non hanno la più pallida idea del perché io abbia intrapreso questa impresa!”
Efestione stette in silenzio un attimo, poi parlò ancora.
“I tuoi uomini non lo hanno capito solo perché tu non lo hai detto neppure a te stesso. Rispondi alla mia domanda adesso Signore di Persia: perché hai cominciato questo viaggio? Perché hai lasciato la sicurezza della tua casa portando centinaia di migliaia di uomini lontani dalle loro spose?”
“Era ciò che doveva essere fatto. E’ la nostra natura di greci che ci spinge a cercare l’oriente!”
“E’ la tua natura di greco che ti spinge a farlo, a nessun altro dei tuoi uomini sarebbe mai venuto in mente di intraprendere un viaggio così lungo, verso una terra di cui si è solo sentito parlare ma che non si conosce!”
“La Grecia ha bisogno di quello che la tua terra può offrire!”
“Da che cosa state fuggendo? Tu che puoi affrontare un esercito tre volte più grande del tuo, di che cosa hai così paura da non poter restare nella tua patria?”
Alessandro serrò inconsapevolmente la mano che reggeva la coppa, causando la fuoriuscita del liquido rosso.
Possibile che quel ragazzo, conosciuto da poche ore, fosse riuscito a capire così bene la sua anima?
“Io non scappo da niente Efestione. Non ho paura di niente. Da quando ho memoria mia madre non ha fatto altro che ripetermi che non Filippo ma Zeus era il mio vero padre. Come può il figlio del Signore degli dei essere spaventato da qualcosa?”
Il ragazzo lo osservava attentamente e non gli era sfuggita l’espressione di dolore che aveva visto nei suoi occhi anche se solo per un momento.
“Il figlio di Zeus Ammone non deve temere niente, disonorerebbe suo padre altrimenti, ma il figlio di Filippo sarebbe semplicemente umano se avesse delle paure. Tutto sta a decidere che cosa siete Re dei Re, che cosa siete per voi, non per vostra madre o per il vostro popolo o per il vostro esercito. Che cosa sei per te stesso Alessandro, come ti consideri?”
Alessandro scosse la testa.
“Non lo so, io non lo so Efestione. A volte vorrei veramente credere a mia madre, farebbe molto meno male, a volte invece vorrei semplicemente essere il figlio del re di Macedonia, il suo erede legittimo, non un usurpatore che potrebbe anche aver tramato contro il suo predecessore!”
Efestione adesso poteva vedere chiaramente una piccola parte delle tempeste che sconvolgevano il cuore del suo nuovo padrone e senza sapersi spiegare il motivo seppe che voleva disperatamente trovare un modo per alleviare almeno un po’ il suo dolore.
Si sollevò con grazia dal posto che occupava e si inginocchio davanti ad Alessandro, prendendogli il volto tra le mani.
“Allora in queste stanze sarai ciò che il tuo cuore desidera Alessandro, figlio di Filippo…”
Alessandro lo baciò, e si sorprese quando sentì le labbra di Efestione schiudersi come un bocciolo carnoso davanti ai raggi del sole. Fu grato agli dei per questo dono. Non voleva combattere, desiderava solo sentire il calore di Efestione, desiderava solo essere amato, anche se sarebbe stata solo l’ennesima illusione della sua vita.
Lo spinse sui cuscini, mentre la veste di Efestione si apriva, scivolando sulle spalle perfette, coprendolo senza schiacciarlo.
Lo amò tra la seta e i colori, mentre il profumo d’incenso inebriava i suoi sensi facendo apparire tutto quanto come uno splendido sogno dal quale Alessandro desiderava non svegliarsi mai.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
“Sei stato ancora da lui a quanto pare…”
Clito lo aveva aspettato a lungo, davanti alle sua stanze, solo per vederlo comparire da uno dei grandi corridoi; la sua reazione la sera precedente il suo fuggire davanti allo spettacolo dei suoi uomini che si comportavano come bestie, accecati dal vino e dalla lussuria che la guerra aveva fatto dimenticare loro per troppo tempo, non era piaciuta al generale.
“Non puoi biasimare i tuoi uomini se si sono abbandonati ai loro sensi. Tu sai che cosa vuol dire combattere una guerra, stare lontani dai propri compagni o dalle proprie spose. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che abbiamo potuto giacere con qualcuno per un’intera notte, senza rubare un piacere amaro e troppo veloce prima di un consiglio di guerra?”
“Non sto biasimando nessuno Clito. Io stesso ho giaciuto con qualcuno finita la guerra, la sola cosa che non capisco è come si possa ridurre tutto a contare monete e abbandonarsi tra le braccia di donne e ragazzi di cui non si capisce la lingua, di cui non si arriva neppure a sapere il nome.”
“Tuo padre ti ha sempre accusato di essere un poeta e non un soldato. Hai dimostrato di saper combattere, smentendo una parte di quello che diceva, ma su una cosa non sbagliava. Il tuo cuore è troppo tenero Alessandro. Non commettere l’errore di paragonare i tuoi uomini con coloro che hai conquistato, che sono tuoi schiavi. Ricorda sempre di tendere una linea tra i tuoi pari e tutti gli altri. Tra i greci e tutti gli altri!”
“E’ questo che nessuno di voi capisce Clito. Non c’è differenza tra voi e loro, tra noi e loro. Il loro popolo è più antico del nostro, le loro usanze risalgono a secoli prima che noi imparassimo anche semplicemente a codificare la nostra lingua in una scrittura. Non siamo superiori a loro, siamo debitori in questa terra!”
“Prego gli dei che ti facciano tornare la ragione Alessandro!”
Clito guardava il suo re come se lo vedesse per la prima volta. Era dunque stata così forte l’influenza della strega Epirota?
“E io prego che alla fine possiate vedere quello che per adesso sembrate far finta di ignorare. Non ci guadagneremo niente a sottomettere e saccheggiare la Persia, se riusciamo ad unirla a noi, creeremo il regno più grande che mai uomo abbia potuto immaginare!”
Clito scosse la testa.
“Tu sei pazzo Alessandro. Non era scritto che dovessi diventare re dell’Asia, e adesso parli addirittura di unificare queste terre con la Grecia… creare un impero Alessandro, è dunque questo quello che vuoi? E a che prezzo giovane re? Quanto sangue chiederai ancora alla tua gente?”
Alessandro stava cominciando a perdere la pazienza. Sebbene Clito fosse la cosa più vicina ad un padre che gli fosse rimasta non accettava che gli parlasse in quel modo.
“Se hai qualcosa da obiettare sul mio modo di gestire i mio regno e il mio popolo Clito, fallo presente al prossimo consiglio, dove tutti voi avete sempre avuto libertà di parola, ma sii anche pronto a pagare le conseguenze delle tue azioni…”
Non aveva mai usato un tono così freddo con quell’uomo che lo aveva visto crescere, ma l’Alessandro ragazzo stava velocemente scomparendo per lasciare posto al re e all’imperatore.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione stava contemplando la vita di Babilonia dal terrazzo delle sue stanze, una vita di cui ormai non faceva più parte da anni, ma che lo affascinava e incuriosiva ogni volta.
Il vento del deserto gli portava le parole e i suoni delle strade, e più di una volta aveva sentito il popolo parlare del nuovo re, più di una volta aveva sentito la versione persiana del suo nome sulle labbra delle persone più disparate, commercianti e schiavi, servitori e soldati, tutti sembravano avere un motivo per parlare di Alessandro.
Sentì mani calde, segnate dall’uso della spada e della lancia accarezzare la pelle esposta delle sue spalle e salire poi lungo il collo.
Si girò verso di lui sorridendo.
“Tutta Babilonia parla di te…”
“E che cosa dice di me la tua Babilonia?”
“Non lo sai? Non lo vedi nei loro occhi, nei loro gesti, nel modo in cui ti porgono doni e lanciano fiori al tuo passaggio?”
Alessandro si allontanò da lui e si lasciò cadere sui morbidi tappeti all’interno della stanza, porgendo poi una mano ad Efestione che lo raggiunse chiudendo i tendaggi che separavano la stanza vera e propria dalla grande terrazza, lasciando fuori i rumori e la vita.
Si inginocchiò dietro di lui e fece scorrere la veste che indossava oltre le sue spalle, scoprendogli la schiena.
In breve un forte odore di rosa si liberò nell’aria e quando le mani di Efestione tornarono a toccarlo Alessandro ne seppe il motivo.
Efestione cominciò a massaggiarlo, le sue mani scivolavano sui muscoli in tensione, mentre l’olio agiva come un emolliente.
Alessandro piegò il collo mentre le dita esperte di Efestione cercavano di scacciare l’ansia, e in quel momento apparve bellissimo agli occhi di Efestione.
Giacquero insieme tra i profumi e le sete, ma Efestione non era fragile, ed Alessandro non era gentile. Il suo fuoco, quella passione mai sperimentata prima, la crudeltà inconscia che a tratti emergeva nel fare l’amore del re macedone stregavano Efestione, lo spingevano a chiedere di più, a dimenticare in ogni istante passato tra le braccia di Alessandro quello che era stato, il modo che aveva avuto di amare e di essere a sua volta amato.
Tutte le volte che giaceva con Alessandro, che il suo seme marchiava il suo corpo, facendolo gridare di piacere, Efestione dimenticava una parte di Dario.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Alessandro e i suoi generali sarebbero presto partiti per il Nord. Le tribù di Barbari che abitavano quelle zone erano pericolose. I capi non avrebbero accettato il dominio del re straniero se prima non avessero avuto una prova della sua reale forza. Per quello che ne sapevano il re dagli strani capelli poteva anche aver comprato gli uomini persiani perché tradissero il loro precedente sovrano.
Ma non era quella la sola ragione per la quale voleva intraprendere quella nuova campagna.
Babilonia stava indebolendo il suo esercito. I suoi profumi stavano rendendo gli uomini privi di forze, e i piaceri che poteva regalare li stava ammaliando.
Li avrebbe fatti combattere, avrebbe ricordato loro che erano soldati e non cortigiani; e lo avrebbe ricordato anche a se stesso.
“Dunque partiremo in una settimana!”
Clito era in piedi, davanti al suo trono.
“Sì, è quello che faremo!”
“Sarà una spedizione strana. Sai che non puoi impedire agli uomini di portare con loro ciò che qui hanno trovato e che non intendono lasciare!”
“Nessuna donna, amante o prostituta verrà in questa spedizione. Il loro desiderio di tornare ai piaceri che qui attenderanno sarà che ciò che spingerà gli uomini a combattere bene e velocemente!”
Clito fu colpito da tanta determinazione.
Forse Filippo si era sbagliato, forse accanto al poeta c’era anche il guerriero, lo stratega attento che sa quando è il momento per premiare gli uomini e quando invece arriva il momento di metterli alla prova ancora, perché non si rammolliscano.
“Questo vuol dire che anche tu lascerai qui il tuo piacere!”
Alessandro alzò finalmente gli occhi dalle carte che stava studiando.
“Certo che lo farò. Che uomo sarei se privassi gli altri di qualcosa e non me stesso? Che re sarei se facessi una cosa del genere?”
“Uno stolto Alessandro e un re che non merita la sua carica!”
“Pensavi questo di me Clito?”
“L’importante non è ciò che io potessi o meno pensare, la sola cosa importante è che tu riesca a dimostrare a tutti il contrario!”
I preparativi per la partenza furono portati a termine in breve tempo.
Tutti i greci sembravano essere fin troppo desiderosi di tornare a Babilonia nel minor tempo possibile.
Alessandro stesso era preda di una battaglia interiore che mai prima di allora aveva vissuto.
Voleva allontanarsi da Babilonia, cercare di capire se quello che stava provando per Efestione fosse solo lussuria o se ci fosse altro, qualcosa che non aveva mai sperimentato e che era arrivato a credere che gli dei gli avrebbero negato per sempre. Doveva sapere se la sua fosse solo un’ossessione, la conferma della sua vittoria su Dario, oppure se si stesse veramente innamorando di lui.
Contemporaneamente però la sola idea di lasciare Efestione era inconcepibile.
“Sembra che la tua anima sia lacerata Alessandro!”
Tolomeo, il suo amico d’infanzia, colui che non parlava mai se non quando era strettamente necessario e che più di tutti gli uomini del suo esercito osservava.
“Lo è Tolomeo, e non ne conosco il motivo!”
“Clito una sera ha parlato di qualcuno che potrebbe aver stregato il tuo cuore, una creatura misteriosa che vive segregata in una torre e che sembra abbia il potere di rubare il cuore a tutti coloro che siedono sul trono di Persia!”
“E’ più di questo. Efestione è qualcosa che non ho mai incontrato nella mia vita. All’inizio ho pensato che fosse uno schiavo, chiamato con un nome diverso, altisonante, ma sempre uno schiavo, e invece mi sono trovato davanti un giovane uomo, volitivo e orgoglioso, che non si è piegato a me solo per il mio titolo. Ho trovato qualcuno che sa ascoltare e capire meglio di consiglieri allenati da anni di prove a questo mestiere…”
“E in tutto questo hai anche trovato qualcuno che capisca il vero Alessandro? Che abbia capito come domare il tuo spirito?”
Alessandro non voleva rispondere a quella domanda, ma sapeva che non poteva negare niente a quell’uomo, colui del quale non era mai diventato amante solo per non rovinare quello che si era instaurato tra loro fin dal primo istante.
“Io…io credo di sì Tolomeo!”
“Allora non permettere che questa creatura ti scappi tra le dita come sabbia Alessandro. Trattalo come un tuo pari se sei sicuro che sia questo, e stai pronto a ricevere attacchi e critiche da coloro che non capiranno il tuo bisogno di averlo accanto!”
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione dormiva quando finalmente Alessandro trovò il tempo di recarsi nelle sue stanze prima della partenza.
Rimase immobile, senza fare il minimo rumore, non voleva svegliarlo e rompere quella magia.
Era la prima volta che aveva la possibilità di vederlo rilassato, privo delle barriere che aveva imparato ad erigere negli anni, probabilmente per non impazzire in quell’isolamento dorato.
Il suo viso era più simile a quello di un fanciullo che non a quello di un giovane uomo, e nel sonno un sorriso dolce gli piegava gli angoli della bocca.
Alessandro si chiese che cosa stesse sognando.
Magari nei suoi sogni era ancora lo sposo di Dario, niente era cambiato, e la sua presenza solo una minaccia lontana, come una nube carica di pioggia che non ha ancora scatenato la sua furia.
Si scoprì geloso di quella possibilità, anche se non poteva essere convinto che fosse la verità, anche se l’altro poteva semplicemente star sognando la sua infanzia o qualunque atra cosa.
Si sedette accanto a lui cautamente, non era ancora pronto per svegliarlo, per dovergli parlare della sua partenza, anche se sapeva che l’altro ne fosse a conoscenza.
E improvvisamente, mentre lo guardava dormire, ebbe paura.
Non la stessa che aveva provato quando era improvvisamente divenuto re, non quella colma di orrore che aveva provato quando aveva saputo cosa sua madre aveva fatto ad Euridice e al figlio.
Ebbe paura di poter perdere qualcosa che non era neppure sicuro di aver ancora ottenuto.
Ebbe paura dei sentimenti provati per il giovane uomo che stava guardando.
Lasciò la stanza senza svegliarlo, scappò come un ladro spaventato dai primi raggi del sole e pregò gli dei affinché la lontananza da Efestione lo aiutassero a capire che cosa fare.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
L’esercito si fermò solo quando i cavalli erano allo stremo. Le regioni montuose non offrivano riparo per un esercito in marcia e la minaccia di imboscate era sempre presente.
Alessandro non era stato sorpreso nel vedere alcune delle trappole che erano state preparate per loro.
Non ne aveva mai avuta la conferma fino a quel momento, ma aveva sempre pensato che qualcosa accomunasse tutti gli abitanti di territori impervi.
Quelli che abitavano le zone che stavano percorrendo si erano dimostrati crudeli e rudi come gli Illiri prima di loro.
Batterli non era stato difficile, almeno nelle prime schermaglie che si erano compiute fino a quel momento. Il loro modo di combattere era rozzo, quasi primitivo, e le loro pelli sovrapposte non potevano funzionare come scudi contro le sarisse del suo esercito, ma ancora non c’era stata una battaglia campale, tutto era da decidere.
Più di una volta, durante le lunghe ore di veglia il suo pensiero era andato ad Efestione, alla sua fuga degna di un vigliacco, davanti alla sua figura addormentata.
Anche in quel momento stava pensando a tutte le parole non dette quella notte, a quello che avrebbe voluto dirgli, e le sue stesse parole suonavano così sciocche ripetute all’infinito nella mente.
Si sentiva ancora una volta un fanciullo imbarazzato del continuo esame di suo padre. Si sentì ancora una volta impotente, come era stato anni prima, quando aveva visto suo padre cercare di violentare e uccidere sua madre, e aveva gridato di non farlo, ma la sola cosa che aveva ottenuto era stata una spalla lussata.
“Che cosa turba le tue notti mio re?”
“La mia vigliaccheria Tolomeo!”
“Non hai fatto niente che possa giustificare le tue parole in questa spedizione, anzi sei stato il migliore di tutti noi, come sempre… dunque suppongo che ti riferisca al giovane che attende a Babilonia il tuo ritorno!”
“Lo attende veramente? Che cosa sono io per lui Tolomeo… l’uomo che ha ucciso il suo sposo? Un usurpatore che siede su un trono che non gli appartiene?”
“Queste sono domande che devi porre a lui, non a me o a te stesso Alessandro. Non torturati in questo modo!”
“Non so che cosa fare. Tutte le volte che penso a lui, che sono con lui la sola cosa che riesco a mostrargli è la mia codardia!”
“Sei troppo severo con te stesso, come sempre. Tu sei il re dell’Asia adesso, sei il re di Macedonia, dello stato che ha guidato la Grecia intera contro la Persia e che ha vinto una volta per tutte le guerra che Atene non è stata in grado di portare a termine. La fortuna aiuta gli audaci Alessandro, e se tu fossi stato veramente un codardo gli dei ti avrebbero voltato le spalle molto tempo fa!”
La battaglia che tutti aspettavano scoppiò tre giorni dopo. Le tribù avevano trovato un capo da cui farsi guidare.
Un satrapo che più di una volta aveva tramato contro lo stesso Dario. Besso, il cui nome evocava la parola tradimento.
Gli uomini sotto la sua guida aveva trovato un buon modo di disporsi sul terreno a loro più noto, ma questo non bastò a fermare la carica di Alessandro.
Le perdite furono ragionevoli, soprattutto visto che avevano definitivamente annientato il nemico. I pochi che rimasero in vita accettarono di stipulare la pace alle condizione del nuovo re, riconoscendo la sua autorità su tutte le terre che erano appartenute alla dinastia degli Achemenidi e dei Codomano.
Alessandro non aveva nessuna intenzione di mischiare il sangue macedone con quello delle tribù appena sconfitte, così decise per un rapido ritorno a Babilonia, fugando le paure di quelli tra i generali più anziani che aveva temuto di veder ripetere per quella gente lo stesso trattamento di favore che era stato riservato ai babilonesi.
La marcia di ritorno fu più tranquilla, ma non per questo più lenta. Senza il timore di nuove imboscate e conoscendo la strada da percorrere tornare a Babilonia fu un sogno che diventa realtà e che si ottiene senza sforzo.
La città apparve ai loro occhi all’alba, regalando a tutti uno spettacolo mai visto, ma Alessandro non era in grado di godere di quella bellezza. La sola cosa che desiderava in quel momento era Efestione. Vedere i suoi occhi, guardare nelle loro profondità e scoprire che cosa nascondevano, quale anima celavano.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
le voci della folla svegliarono Efestione.
Poteva sentire distintamente voci miste, dialetti più o meno duri che si accavallavano, tutti per dire una sola cosa; il re era tornato.
Si alzò dal suo letto e si preparò, sperava che almeno al suo ritorno Alessandro sarebbe passato dalle sue stanze, sperava che il re gli avrebbe parlato delle terre da cui era stato costretto a passare per raggiungere i suoi nemici, sperava di poter capire una volta per tutte che cosa aveva provato una mattina quando svegliatosi si era reso conto che il re e il suo esercito erano partiti.
Alessandro non gli doveva niente, ma mai Dario si era allontanato dalla reggia senza prima parlargli almeno.
Era dunque solo uno dei suoi schiavi per il nuovo re? Si era forse ingannato tutte le volte che aveva letto un’altra verità in quegli occhi?
Scosse la testa cercando di allontanare quei pensieri. Tutti quelli che si erano formato durante il tempo che Alessandro era stato assente.
Solo una persona poteva fare chiarezza e quella persona stava velocemente salendo le scale che lo avrebbero portato alle sue stanze se riusciva ancora a riconoscere i passi di un uomo.
I suoi servi si affrettarono ad accogliere il re, ad accompagnarlo da lui, che lo stava aspettando in una stanza appartata, arredata con un piccolo tavolo e delle sedie imbottite di seta.
Anche quella stanza i tappeti ornavano il pavimento, in modo tale che ad Efestione fosse permesso camminare a piedi scalzi, cosa che sembrava adorare.
Alessandro entrò nella stanza come se fosse stato inseguito dalle Furie, non degnò nessuno di uno sguardo, solo una cosa era importante per lui in quel momento, vederlo, sentirlo tra le sue braccia.
Efestione sapeva che qualcosa era accaduto tra le montagne, lo vedeva negli occhi del suo re, in quello sguardo solitamente gentile e quasi timido che mostrava invece una determinazione degna del campo di battaglia e non di quelle stanze.
Erano immobili, uno davanti all’altro, in attesa che qualcuno rompesse quella tensione.
Efestione non si era mai sentito così nervoso, neppure quando era stato allontanato dalla sua casa per raggiungere il tempio dove era divenuto lo sposo di Dario.
Per la prima volta era davanti ad un uomo che era anche un dio agli occhi di tutti. Per la prima volta era davanti ad un uomo che poteva diventare un baluardo per l’umanità e saper di dover essere giudicato da lui era la prova più difficile che si fosse mai trovato a d affrontare.
Se non lo avesse accettato, se lo avesse considerato solo uno schiavo, come ve ne erano molti negli harem, allora tutta la sua vita sarebbe finita.
Non poteva sopportare a lungo quel silenzio, stava per perdere la calma che lo aveva sempre contraddistinto, ma quando stava per cedere Alessandro si mosse verso di lui, stringendolo tra le braccia come il proprio compagno, come un uomo da amare e rispettare, ma non da celare agli occhi di tutti per paura che si potesse sporcare o rompere.
Dario era stato un folle a chiuderlo in quella gabbia dorata, solo per paura di poterlo altrimenti perdere.
Lui non avrebbe commesso lo stesso errore, tutti i suoi uomini lo avrebbero visto. Davanti a tutto il popolo di Babilonia e dell’Asia la loro storia sarebbe divenuta leggenda e il loro amore qualcosa da sussurrare la notte, alla luna e al vento perché tutti alla fine la conoscessero.
Aveva detto a Clito che avrebbe continuato a tenerlo nascosto, come aveva fatto il suo predecessore, e solo in quel momento, mentre lo stringeva tra le braccia come amante e suo pari capiva che quelle parole le aveva pronunciate per paura.
Paura che quella strana creatura, quasi magica, potesse scegliere un altro, paura che potesse preferirgli uno dei suoi uomini.
Efestione capiva che in qual bacio c’era qualcosa di diverso, sapeva che quell’uomo avrebbe cambiato per sempre la sua vita ed era pronto ad affrontare tutti i cambi che Alessandro avesse voluto apportare, tutto pur di restare al suo fianco. Tutto pur di poter un giorno essere amato da lui.
Lo sollevò tra le braccia come se fosse stato una fanciulla alla sua prima notte di nozze, ma questo pensiero non disturbò la mente di Efestione, né offese il suo orgoglio, un orgoglio che più volte Dario aveva definito greco.
Lo prese come non aveva mia fatto.
Per la prima volta si unì a lui come se fosse veramente il suo sposo, come se ci fosse stato lui e non Dario a sancire quell’unione davanti agli dei.
Lo amò come sentiva di non aver mai amato nessuno in vita sua, sentì che quegli occhi azzurri si erano sostituiti senza che lui se ne rendesse conto a tutto quello che aveva imparato a conoscere e ad amare nella sua breve vita.
Avrebbe rinunciato a tutto per poter un giorno essere amato da quella creatura.
Prima che il momento della verità fosse arrivato, prima che Alessandro potesse dire ad Efestione quello che aveva nel cuore un preoccupatissimo Clito, seguito dalla guardia personale di Alessandro bussò alla porta che nessuno avrebbe potuto oltrepassare.
Le notizie che il generale portava non erano delle migliori.
Un satrapo, imparentato con la famiglia reale, aveva organizzato una congiura contro il nuovo Re dei Re durante la sua assenza.
Molti nobili babilonesi erano coinvolti.
La situazione era delicata; Alessandro non poteva punire tutti con la pena capitale o le famiglie avrebbero preteso un giorno o l’altro vendetta, ma allo stesso tempo non poteva neppure dimostrarsi caritatevole e fare salva la vita a tutti.
“Vai Alessandro. Dimostra ai nobili quello che il popolo già sa. Dimostra che se siedi sul Trono di Dario e Ciro è perché è lì che appartieni!”
Alessandro sparì alla vista di Efestione, seguito e protetto dal suo seguito.
Nella concitazione del momento la porta non era stata chiusa.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Nella sala del trono dodici nobili e un satrapo aspettavano in ginocchio che un barbaro che aveva la presunzione di sedere sul trono che era appartenuto a re invincibili, decidesse delle loro vite.
L’entrata di Alessandro fu accompagnata da suoni e voci. Le vesti degli schiavi che si inginocchiavano, i sandali dei soldati che scattavano sull’attenti, il clangore delle spade che venivano mosse per proteggere il re e non per attentare alla sua vita come invece gli uomini inginocchiati avevano sperato.
Il Re prese posto sul trono che aveva guadagnato con il sangue suo e dei suoi soldati e fisso uno ad uno gli uomini che avevano tramato contro di lui mentre lui era assente, occupato ad inseguire il vero assassino di Dario.
“Che cosa avete da dire? Quali parole userete per avere salva la vita? Questa è la vostra unica opportunità, sfruttatela bene se vorrete vedere il sole che sorge domani!”
nessuno parlò.
Alessandro poteva leggere l’insicurezza sulle facce di quelli che aveva davanti, non si fidavano delle sue parole, sapevano che ovunque la loro colpa sarebbe stata punita con la morte, solo che non sapevano sotto che forma sarebbe arrivata per loro.
Alessandro pose un’altra volta la domanda.
Voleva una risposta e per gli dei l’avrebbe avuta. Voleva sapere se era veramente così rischioso per lui lasciare Babilonia, anche se per breve tempo. Doveva sapere se il suo potere sulla città era solo nominale oppure reale.
“Lo abbiamo fatto, Macedone, perché nessuno di noi riconoscerà mai un usurpatore come Re. Lo abbiamo fatto perché abbiamo deciso di dare voce a tutti coloro che tra i nobili non hanno il coraggio di parlare, ma che la pensano alla stessa maniera. Tu non sarai mai il Re dei Re per noi, puoi esserlo per gli straccioni che vivono nelle strade di Babilonia, ma per noi, che siamo nati tra gli ori e i ricordi del più grande impero esistente tu non sarai mai nulla di più di un invasore sulle cui mani non ricade solo il sangue del nostro re, ma anche e soprattutto quello di suo padre!”
Prima che Alessandro potesse alzarsi dal trono e sguainare la spada una voce melodiosa e possente allo stesso tempo immobilizzò la stanza.
“Come osi tu satrapo, parlare così al Re dei Re?”
Tutti si girarono verso la voce e videro un giovane vestito di seta bianca, dalla presenza sconvolgente.
Nei suoi occhi azzurri ardeva un fuoco mai visto prima, e tutti seppero che era bellissimo, anche se la parte inferiore del viso era coperta da un velo dello stesso colore e materiale delle vesti.
L’oro e l’argento intrecciati tra i suoi capelli rendevano la sua figura simile ad un’apparizione circondata di luce.
“Come osi parlare a nome di coloro che sono nati in seno alla nostra cultura? Io stesso sono nato in grembo ad una delle famiglie più importanti di Persia. In una famiglia che ha servito più di uno dei re che si sono avvicendati sul trono che hai insultato. Tu non puoi parlare a mio nome o a nome di nessuno che non sia presente in questo momento. Accontentati di parlare per te stesso, se la tua colpa veramente non ha reso muta la tua lingua!”
“Chi sei tu per parlare? Vestito come una concubina, Chi sei tu per dirmi che ho offeso il trono che invece cerco di proteggere?”
La figura fece qualche altro passo verso il centro della stanza.
“Io sono colui che non deve essere guardato. Sono colui che fu unito al Re dei Re nel buio di un tempio, nel segreto di un rito che nessuno deve conoscere. Sono lo sposo che il potente signore di queste terre ha preteso e che come tutto ciò che gli è appartenuto è passato di diritto al nuovo signore e padrone di Persia, ma soprattutto sono colui che ti chiede… vuoi veramente proteggere questo trono o semplicemente lo vuoi per te?”
La testa del satrapo, che non si era abbassata neppure davanti ad Alessandro si abbassò di scatto non appena ebbe capito chi aveva davanti veramente.
Solo allora Alessandro capì quanto importante fosse stato il ruolo di Efestione nella vita politica di Babilonia, e quanto ancora potesse esserlo.
Senza scomporsi Alessandro porse la mano ad Efestione e lo guidò fino al trono, più piccolo posto alla sua destra, il trono che sarebbe in altre circostanze appartenuto ad una regina e che invece era di diritto dello sposo reale.
I lunghi capelli cadevano davanti agli occhi di Efestione. Nessuno aveva ancora avuto la possibilità di vederlo veramente e il ragazzo agiva come se fosse stato in qualche modo impressionato dalle sue stesse azioni.
Sapeva che cosa Dario aveva fatto alle poche persone che si erano azzardate a cercare di guardare il suo viso, ma non sapeva come avrebbe reagito Alessandro alla sua presa di posizione.
Aveva fatto la più grossa follia della sua vita. Erano anni che non usciva dalle sue stanza., ma non aveva potuto fermarsi quando aveva capito che cosa era successo, che la minaccia per il nuovo Re dei Re era più grossa di quanto lui e i suoi uomini potessero immaginare.
La sentenza fu prigione a vita per tutti coloro che avevano partecipato alla congiura, tranne che per colui che l’aveva organizzata.
Mentre gli altri ricevettero l’assicurazione che le loro famiglie non sarebbero state toccate, il satrapo vide morire sua madre, sua moglie e i suoi figli, prima di venire lui stesso giustiziato dalle guardie di Alessandro.
Efestione rimase accanto ad Alessandro per tutto il tempo, ma il Re dei re era consapevole dell’imbarazzo che emanava dal suo amante; forse era per questo che lo schermava con il suo corpo, o forse era perché aveva finalmente capito che cosa aveva portato Dario a rinchiuderlo in una torre inaccessibile.
Bastava che Alessandro guardasse gli occhi di Clito, di colui di cui si fidava come di un padre per vedere che cosa Efestione poteva scatenare negli animi. Non ricordava di aver mai visto gli occhi di Clito scuriti dal desiderio, se non in una sola occasione, una delle ultime volte che aveva avuto modo di vederlo interagire con Filippo, il giorno in cui aveva capito finalmente perché Olimpiade fosse così follemente gelose di lui.
Non volle guardare gli altri suo uomini mentre lasciava il piazzale delle esecuzione, non volle incontrare lo sguardo di Tolomeo o di Cassandro perché sapeva che non sarebbe stato in grado di mantenere la sua rabbia se avesse visto la lussuria in quegli occhi, ma allo stesso tempo sapeva che non poteva biasimarli. Lui stesso era rimasto vittima della bellezza di Efestione, ancora prima di conoscerlo, ancora prima di scoprire che cosa si nascondesse dietro una bellezza così totale.
Ricondusse Efestione nella torre, rassicurando con gesti e parole calme i servi che ormai non aspettavano che la morte.
“voglio che tu sieda al mio fianco Efestione durante le sedute pubbliche, nei momenti in cui incontrerò i nobili della tua terra o coloro che chiederanno udienza al re dei re!”
Efestione che a sua volta aveva temuto l’ira di Alessandro per aver infranto le tradizioni non riusciva a comprendere il perché di qual cambiamento; poi improvvisamente l paura che quella fosse solo una maniera gentile per essere abbandonato si fece strada nel suo cuore, ma come poteva dargli torto? Aveva infranto le regole, aveva lasciato che altri occhi si posassero su di lui, che altri uomini lo desiderassero, era impuro e non importava per quale motivo lo fosse diventato, la sola cosa che importava è che adesso non era diverso dai giovani che vivevano nell’harem.
Alessandro lesse sul suo volto tutta quella serie di emozioni, e seppe che doveva dare una spiegazione ad Efestione, prima che i suoi dubbi divenissero paure vere e proprie.
“Ho bisogno di te, di ciò che rappresenti, della tua comprensione e conoscenza degli usi e costumi di questa terra, ma allo stesso tempo non posso dividerti con gli altri. Sarebbe stato facile per me portarti nelle mie stanze, lasciare che servitori e servitrici proveniente dagli harem si prendessero cura del tuo corpo e della tua persona, ma semplicemente non posso tollerare che altri possano parlare con te, che altri possano attirare la tua attenzione. Tu non consoci la passione che spinge un uomo a prendere ciò che vuole con la forza, non conosci il sangue che scorre nelle vene di uomini che provengono dalle montagne e che sono abituati a combattere per tutto. Hai avuto con me il primo incontro di questo genere, e nonostante gli anni passati con Dario sono riuscito a ferirti, a farti del male. I miei uomini non sono malvagi Efestione, ma ho visto che cosa il tuo corpo ha acceso in loro. Non posso e non voglio essere costretto ad alzare le mani contro i compagni che mi sono stati accanto fin dall’infanzia, ma non potrei starmene immobile e lasciar correre se uno di loro ti toccasse, per questo ti chiedo perdono, ma preferisco che le cose non mutino, almeno per il momento!”
Efestione lo baciò con un trasporto a cui non era abituato e di cui accusava quel sangue greco risvegliato dall’incontro con Alessandro. Ogni suo dubbio era stato fugato dalle parole del re e ogni sua paura almeno per il momento allontanata.
Sì, avrebbe fatto quello che il suo re chiedeva, avrebbe partecipato agli incontri con la gente del suo popolo, ma lo avrebbe fatto con il volto coperto, come era giusto che fosse e soprattutto avrebbe fatto in modo che mai gli uomini di Alessandro potessero fraintendere i suoi comportamenti.
Lui non era un giovane degli harem, non era la sua vita quella di servire decine e decine di uomini diversi.
Lui era nato per servire solo il Re dei Re e così sarebbe stato per tutta la vita.
“Io vi appartengo mio Signore. Farò ciò che mi avete chiesto, vi avvicinerò, per quanto possibile, agli usi e ai costumi della mia terra. Sarò al tuo fianco quando ne avrai bisogno, ma mai alla luce del sole, mai con il volto scoperto.
Sono solo tuo Alessandro, mai finché avrò vita altri occhi si specchieranno nei miei, mai altri uomini conosceranno il mio corpo, il mio sapore. Questo è ciò che ti prometto Alessandro, davanti agli Dei che dal cielo ci guardano, comunque tu voglia chiamarli, davanti a chiunque tu voglia che questo voto sia sciolto!”
“Io accetto il tuo voto, e davanti agli Dei, a Zeus e alla sua sposa, a Dioniso al quale mia madre è così legata e ad Apollo con il quale puoi competere in bellezza giuro che mai ti recherò offesa, mai permetterò ad altri di vederti, di sciogliere il mistero che aleggia intorno alla tua figura. Ti chiedo di stare con me è vero, ma ogni notte tornerai a questa torre che così bene ti nasconde da sguardi indiscreti, che ti protegge da un mondo esterno che a malincuore dovrà ancora una volta rinunciare a te.
Queste stanza saranno il nostro mondo, saranno un’oasi di pace dove verrò ad abbeverarmi. Le tue braccia saranno per me un porto tranquillo, al riparo da ogni tempesta. Ti amo Efestione, ma ti giuro che tenterò con tutte le mie forze di non farti del male, di andare contro le parole di mio padre. Ti prego solo di perdonarmi fin da adesso per i momenti in cui non riuscirò ad impedirlo, per i momenti in cui ferirti sarà per me inevitabile!”
Efestione non rispose si limitò ad accoglierlo tra le braccia, e mentre Alessandro appoggiava la testa al suo petto, in silenzio, per ascoltare il battito del suo cuore seppe che per la prima volta aveva avuto modo di scegliere della sua vita.
Aveva amato Dario, ma era stato solo un ragazzo quando era stato scelto da lui e nessuno aveva mai chiesto se fosse o meno d’accordo a quell’unione, ma Alessandro, con lui era stato diverso. Lo amava e aveva scelto lui di farlo, nonostante la loro prima volta. Non si sentiva più prigioniero di quella torre, ma un suo libero abitante. Non temeva più di essere soffocato da quelle sete e dai profumi, ma considerava anche lui quel luogo come un’oasi, da dividere con Alessandro, come tutta la sua vita da qual momento a quando gli Dei lo avrebbero voluto.
Una tenda di pesante velluto venne richiusa velocemente, mentre la figura che stava assistendo alla scena dall’alto della torre si accasciava a terra e piangeva, non per la sua sorte, ma per quella dell’uomo che aveva grandemente amato e che sapeva non avrebbe più rivisto.
La reggia che adesso era di Alessandro presentava meraviglie agli occhi del suo nuovo padrone. Lo ammaliava con invitanti profumi, giovani donne dai corpi sinuosi e splendidi ragazzi dagli occhi truccati. Aveva visto l’harem, i giardini delle delizie come erano soliti chiamarli in quelle terre. Aveva visto i suoi uomini lasciarsi sedurre dai sensi, e come dare loro torto? Dopo mesi di battaglie, privi di qualunque forma di piacere come poteva rimproverarli ora se tanta bellezza faceva perdere loro la testa? Lui stesso non ne era immune.
Aveva conosciuto la figlia primogenita di Dario, l’aveva trattata con rispetto, come una principessa merita, e i suoi occhi si erano posati su più e più corpi che promettevano l’accesso ai campi Elisi, ma qualcosa gli diceva che non era ancora giunto il momento di riposare, di cercare il riposo e l’oblio dei sensi in quel luogo.
Statira era ancora ferma davanti a lui. Con i grandi occhi neri, così simili a quelli di Dario che lo guardavano, come se avesse altro da dire, ma non sapesse da che parete cominciare. Il suo interprete aveva gli occhi fissi a terra, come se sapesse che cosa la ragazza doveva ancora comunicare.
“Grande re Alessandro. Nella torre più alta dell’harem, si trova colui il cui volto non può essere visto da nessuno se non dallo stesso Re.”
Alessandro non aveva mai sentito parlare di una simile persona. Nessuno dei dignitari giunti a Pella nella sua infanzia aveva mai accennato a una cosa del genere.
“Lo Sposo Reale, il giovane che rubò il cuore a Dario, istruito alle più fini arti del piacere, alla musica e alla poesia… adesso vi appartiene come tutto ciò che è stato di Dario!”
“Cosa intendete dire con Sposo Reale?”
“Un giovane, di nobilissima nascita…intatto…vergine fino al giorno in cui il Re non lo reclamò come proprio. Fu unito a lui con una cerimonia svoltasi davanti al Dio, e da allora nessuno ha più potuto vederlo, pena la morte.”
“Dario aveva dunque sposato un uomo?”
“Sì, aveva amanti, come tu stesso puoi vedere, molti dei quali dalla bellezza indescrivibile, ma solo il suo sposo era amato, e si dice che la sua bellezza superi di gran lunga quella di tutti gli ospiti di questo luogo di piacere.”
“Se nessuno lo può vedere e nessuno può entrare nella sua stanza chi si prende cura di lui?”
“Servi che Dario scelse personalmente, eunuchi a cui fece tagliare la lingua, affinché non rivelassero mai quello che vedevano nelle stanze che servivano e servono tutt’ora!”
La curiosità ebbe la meglio su Alessandro, sebbene Clito lo mettesse in guardia dall’eventuale pericolo.
“Accompagnatemi alla torre, che io veda con i miei stessi occhi se questi racconti sono veri o fasulli.”
Statira precedette Alessandro, e al loro passaggio tutti chinarono la testa in segno di rispetto.
La principessa lasciò Alessandro davanti alla porta finemente lavorata che celava l’entrata alla stanza dello sposo di Dario. Neppure le camere della regina erano così ben sorvegliate.
Le guardie si inchinarono davanti al nuovo signore e aprirono le porte senza fare la minima resistenza. Lo stesso successe con gli eunuchi che lo attendevano appena oltre la porta, per farlo accomodare in quei luoghi mille e mille volte più belli dell’harem che il Re aveva appena lasciato.
Il silenzio in quella stanza era quasi irreale. I passi erano attutiti dai folti tappeti, perché niente disturbasse la creatura quasi divina che abitava quei luoghi misteriosi.
Morbide tende di seta leggera furono spostate davanti ad Alessandro, e finalmente la parte più interna delle stanze si mostrò ai suoi occhi, e con essa lui.
Era seduto su grandi cuscini, la tunica leggera lasciava intravedere il petto quel tanto che bastava per accendere il desiderio ma non per placarlo. I lunghi capelli erano morbidamente acconciati e tutto quello sarebbe stato comunque cancellato dalla bellezza del volto dove occhi azzurri come il cielo che incontra il mare splendevano attenti.
Era il ritratto della bellezza.
Non conosceva neppure il suo nome, ma Alessandro già sapeva che quel giovane doveva essere suo a tutti i costi.
“Parli la mia lingua?”
Alessandro si era rivolto a lui senza aspettare altro tempo, voleva ascoltare che voce potesse uscire da quelle labbra perfette, voleva sentire se sarebbe stata musicale e irreale come quella di un demone ingannatore… e lo fu…oh se lo fu.
“Parlo la vostra lingua… Re dei Re. Sono stato educato allo studio del greco quando ero ancora un fanciullo, in casa di mio padre!”
La follia che sempre lo coglieva in battaglia, la sentiva crescere nel suo cuore mentre i suoi occhi non potevano fare a meno di guardare quel corpo.
“Sai che sono il Re dei Re. Dunque sai anche che mi appartieni…”
“Sono stato lo Sposo Reale di Dario. So che adesso avete tutto quello che è stato suo…”
“Si dice che tu sia stato l’unico amato da Dario. Sei la cosa più preziosa che avesse. Più preziosa dell’oro e dell’argento, delle gemme e dei profumi che la tua terra regala…”
“Si dicono molte cose di me Re Adesso, ma vorrei che adesso foste voi a dirmi qualcosa. Che cosa avete intenzione di fare con me? Quale sarà la mia sorte Re dei Re?”
Sperava, sperava con tutto se stesso che lo avrebbe ucciso, che avrebbe immerso il suo pugnale nella tenera carne della sua gola e lo ricongiungesse in quel modo a Dario, al suo amore perduto, ma sapeva riconoscere il desiderio e la lussuria negli occhi degli uomini quando li vedeva, e Alessandro era accecato da quei sentimenti.
Pregò i suoi Dei di riuscire a sopportare un’umiliazione così grande come quella che avrebbe provato se solo quello straniero avesse osato sfiorare la sua pelle, quella pelle che conosceva il tocco delicato di una sola persona.
“Sei stato lo Sposo di Dario, adesso sei il mio. Non è così difficile da capire. La tua vita non cambierà molto da quella di adesso, solo saranno le mie visite che attenderai in queste stanze. Imparerai a conoscere il mio corpo, ciò che amo fare a letto, imparerai ad apprezzare tutto quello che ti verrà da me, e credimi alla fine non sarai più in grado di farne a meno. Da questo momento tu mi appartieni.”
Il ragazzo serrò gli occhi per un istante. Le parole che aveva temuto di sentire alla fine erano uscite dalla bocca dell’uomo che aveva ancora addosso il sangue di Dario e di tanti della sua gente.
Come, come potevano gli dei credere che si sarebbe abbassato a tanto? Come poteva quell’uomo pretendere qualcosa che non avrebbe mai e poi mai dovuto essere di altri se non del legittimo re di Persia? Alessandro poteva aver vinto la guerra, ma ai suoi occhi sarebbe stato sempre solo e soltanto un usurpatore.
Lo vide avvicinarsi, ma cercò di controllare quell’istinto che gli gridava di allontanarsi da lui.
Sentì le sue dita sollevargli il volto, prive di qualunque dolcezza. Un uomo rude, così diverso da ciò a cui era abituato, dal piacere che il semplice tocco delle dita lisce di Dario poteva trasmettere.
Un brivido attraversò la sua pelle e fece sorridere Alessandro.
“Ti abituerai presto… mio sposo!”
Avrebbe voluto gridare, rispondere a quel pazzo che pensava di potere tutto che lui non era il suo sposo, che non lo sarebbe mai stato. Lui non sapeva niente del vero significato del rito che aveva legato lui e Dario, di ciò che si era consumato nel ventre freddo del tempio, quando per la prima volta aveva conosciuto il suo signore.
“Il tuo nome… voglio conoscerlo prima di prenderti, prima di perdere la ragione nel tuo corpo. Voglio gridarlo quando mi riverserò in te…”
Quelle parole gli fecero abbassare lo sguardo. Non potevano appartenere ad un re, ad un soldato semplice, alle truppe sì, ma non ad un generale e sovrano, poi ricordò che lui non era un persiano, ma un barbaro venuto dalla Grecia per distruggere tutto quello che conosceva.
Non avrebbe aspettato allora, non gli avrebbe permesso di piangere il suo Sposo, l’unico che avrebbe mai voluto nella vita.
Una bestia, solo quello era il nuovo re ai suo occhi.
“Efestione…”
Alessandro sembrò stupito.
“Un nome greco?”
“Mia madre era greca, e volle che mi fosse messo il nome di suo padre…”
Alessandro non rispose, sembrò non aver neppure sentito le parole uscite dalle labbra del giovane.
Lo osservò per qualche altro istante prima di afferrarlo e caricarselo in spalla, come se fosse stato solo un oggetto.
Sapeva dove si trovava il letto, lo aveva visto di sfuggita celato da altre tende, appena scostate, di velluto, affinché nessuno osasse disturbare i giochi che Dario e Efestione dovevano aver condiviso.
Gli eunuchi che videro la scena si affettarono a chinare la testa, mai la creatura che servivano era stata trattata in quel modo.
Lui e Dario avevano giocato, sperimentato cose che non da tutti sarebbero state accettate, ma mai Efestione era stato considerato un oggetto o trattato come tale.
Efestione tremò quando il suo corpo toccò il letto, quello stesso oggetto che lo aveva visto felice e che adesso sarebbe stato testimone della sua umiliazione.
Quando Alessandro allontanò le mani da lui cercò di rialzarsi, non avrebbe reso facile all’assassino di Dario il possederlo.
“Bene, vedo che non sei una fanciulla indifesa allora…”
Efestione lo guardò con attenzione, e solo allora vide che il suo gesto non aveva scatenato la rabbia dell’uomo come invece aveva pensato; aveva acceso i suoi sensi la consapevolezza che il piacere di quel corpo non gli sarebbe stato donato senza combattere, che non avrebbe giaciuto con uno splendido oggetto, ma con un uomo dotato di volontà, un uomo che non riconosceva la nuova autorità che si era guadagnato sul campo di battaglia.
Efestione indietreggiava, mentre Alessandro, dopo aver agilmente superato il letto si avvicinava a lui lentamente.
Efestione aveva il corpo sinuoso e i suoi movimenti, senza mai perdere la grazia potevano essere rapidi come quelli di un serpente che attacca la sua preda.
Fu allora, mentre Alessandro osservava quel corpo che un bagliore attrasse la sua attenzione e fece esplodere la rabbia.
Un pugnale, Efestione stringeva un pugnale, e fu pronto ad attaccare Alessandro. Lottarono, e Alessandro fu sorpreso dalla bravura del giovane, ma la sua inesperienza ebbe presto la meglio sulla determinazione.
Alessandro gli afferrò il polso, stringendolo e piegandolo all’indietro fino a ché il giovane non fu costretto a lasciar cadere l’arma, ma la presa non si allentò.
“Imparerai che per quanto io possa amare avere nel mio letto qualcuno dotato di personalità, non permetto a nessuno di alzare un’arma contro di me!”
“Sei un assassino, e temi che qualcuno possa assassinare te?”
“Ho sconfitto Dario lealmente, sul campo di battaglia, non ho mandato sicari nella sua tenda, non ho pagato assassini affinché lo finissero, come invece lui ha fatto con mio padre e ha tentato di fare con me!”
Efestione lo guardò con rabbia. Come si permetteva quell’uomo di mentire così su Dario. Il precedente Re era stato un uomo d’onore, non un bugiardo come quello che lo fronteggiava in quel momento.
“Taci… stai mentendo. Dario non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Dario non avrebbe mai pagato per l’uccisione di tuo padre. Altre mani sono sporche di quel sangue. Mani che tu conosci bene si dice!”
Le voci del complotto organizzato a Pella erano giunte a Babilonia molto tempo prima, e con le voci anche il nome di colei che aveva organizzato tutto. Olimpiade, prima moglie di Filippo e madre di Alessandro, la strega dell’Epiro, dedita a riti che il solo nominare faceva accapponare la pelle a coloro che temono gli Dei.
Lo colpì violentemente al volto per tacitarlo. Efestione portò una mano alla guancia ferita; mai nessuno lo aveva toccato in quel modo, mai nessuno aveva osato sollevare una mano su di lui.
“Sta zitto Efestione! Non parlare di ciò che non sai… non sei stato generato per interessarti di politica, solo per il piacere!”
“Io non sono uno schiavo nobile Alessandro, se cerchi uno di loro l’harem ne è pieno. Io ero lo sposo di Dario, il suo confidente e consigliere, ma non pretendo che tu possa capire che cosa sto dicendo!”
“Osa pronunciare un’altra volta il nome di Dario Efestione, e pagherai un prezzo molto alto. Adesso è a me che appartieni, ogni altro nome che uscirà dalle tue labbra sarà considerato un tradimento della mia persona e punita come tutti i tradimenti meritano!”
Efestione sperò ancora una volta nella morte.
“E non sarà la morte la punizione che ti aspetta. Sarebbe un dono al mio nemico ucciderti e ricongiungerti a lui. Imparerai come un greco coglie il proprio piacere, come arriva ad amare il proprio compagno. Dimentica le mollezze a cui sei abituato. Sei un uomo, non un eunuco, e sarai trattato come tale.”
Non capiva di che cosa stesse parlando il Re, ma ben presto tutti i suoi dubbi furono fugati, a tutte le sue domande fu data risposta.
Sentì le mani di Alessandro afferrare la veste che indossava e udì il rumore della stoffa che viene strappata.
La sua nudità venne scoperta, la sua pelle chiara mostrata a quell’uomo che non ne aveva il diritto.
Sollevò le gambe, cercando di proteggersi, ma Alessandro era ovunque, e ben presto, senza riuscire veramente a capire quando, tutte le sue mosse furono bloccate dal peso del Re.
Alessandro era sopra di lui, lo teneva fermo, stringendo i suoi polsi in una morsa ferrea, ai lati della testa.
Efestione sentì l’eccitazione dell’uomo e tremò, non si era mai trovato in una situazione del genere.
Alessandro tenne fermi i polsi di Efestione con una sola mano, mentre con l’altra si sciolse la cintura che teneva ferma la sua veste.
“Cosa…cosa vuoi fare?”
Alessandro non rispose, si limitò a sorridere mentre legava i polsi di Efestione.
Contemporaneamente si privò della veste ormai aperta.
Il giovane non poté fare a meno di guardare quel corpo che aveva davanti, non poteva credere a quanto diverso fosse da quello di Dario. Mille cicatrice segnavano quella pelle chiara, anche se era stata a lungo baciata dal sole di Persia non aveva che assunto una sfumatura dorata che non serviva altro che a confermare le voci che lo volevano figlio di Zeus.
Non poteva negare a se stesso che era bello, di una bellezza così rara e maschile che mai i suoi occhi avevano potuto vedere.
“A quanto sembra quello che vedi è di tuo gradimento!”
Lo schernì, mentre Efestione serrava gli occhi e voltava la testa dalla parte opposta, affinché non potesse vedere il rossore che era certo gli avesse macchiato il volto, segno evidente che le sue parole erano vere.
Alesando gli afferrò il mento, costringendolo a voltarsi, e fu allora che le sue labbra incontrarono quelle di Efestione per la prima volta. Mai aveva accarezzato una pelle tanto morbida, liscia come seta e dolce come un frutto maturo.
Violò la sua bocca, immergendovi la lingua quando il giovane non fu più in grado di tenere le labbra serrate. Esplorò ogni millimetro di quel calore intossicante, accarezzando più e più volte la lingua di Efestione, quella lingua che sapeva essere velenosa, ma che racchiudeva tutta la dolcezza degli harem in quel momento.
Sebbene combattesse contro se stesso pur di non rispondere Efestione non poteva dimenticare tutto quello che gli era stato insegnato. Tutti i giochi sottili che aveva appreso per compiacere il proprio signore. Non poteva dimenticare se stesso.
Alessandro esultò quando sentì quel muscolo immoto cominciare a sua volta ad accarezzarlo, afferrò la lingua di Efestione con i denti, serrandoli appena, solo per avvertire il ragazzo di quello che poteva accadere. La succhiò come se da essa dipendesse la sua vita. Si staccò da lui solo quando il bisogno di respirare fu incontenibile, e ciò che vide lo deliziò; il petto di Efestione si alzava e abbassava freneticamente, le labbra erano turgide e bagnate della sua saliva, mentre un delizioso rossore adesso più evidente che mai tingeva quella pelle altrimenti candida.
Scese a baciare il collo, assaggiando il sapore della pelle. Dolce come neppure il succo dell’uva appena spremuta aromatizzato con miele poteva essere. Lo accarezzò con la lingua, stuzzicando il punto in cui sentiva il sangue pulsare velocemente. Mordicchiò la carne che ricopriva la vena e si inebriò dei piccoli gemiti che cominciavano a sfuggire dalle labbra del ragazzo, sebbene cercasse disperatamente di tenerle serrate.
Scese a dedicare le stesse attenzioni al petto, soffermandosi a lungo a giocare con i suoi capezzoli, arrivando a morderli crudelmente quando si accorse che Efestione aveva afferrato il suo labbro inferiore con i denti per impedire che i suoi gemiti riempissero l’aria.
“Voglio sentirti gridare Efestione…”
Il ragazzo mosse la testa da una parte all’altra, non fidandosi della sua voce era quello il solo modo in cui poteva dire di no. Non avrebbe mai dato quella soddisfazione al barbaro che era con lui in un letto che non gli apparteneva.
“Lo farai credimi… tutti sentiranno la tua voce… tutti sapranno quando diventerai mio…”
Stava ansimando, mai nella sua vita aveva conosciuto una desiderio così grande e doloroso.
Le parole di suo padre sulla passione e il desiderio tornarono improvvisamente alla sua mente, ma Filippo non sapeva di cosa parlava, Filippo non aveva mai provato quello che stava provando lui in quel momento.
Forse sua madre durante l’estasi e l’abbandono che la coglievano nei riti che praticava poteva aver provato qualcosa che si avvicinasse ai sentimenti che lo sconvolgevano in quel momento.
Coprì ancora una volta quella bocca che sapeva di miele, affondandovi la lingua, assaporandolo ancora e ancora, scoprendo che il suo sapore non lo saziava, che non lo avrebbe mai saziato.
Efestione si dimenava sotto di lui, consapevole di quello che sarebbe presto accaduto, sentendo l’eccitazione dell’uomo crescere, il suo sesso diventare duro ed eretto.
Lo sentì bloccarlo, farsi strada tra le sue cosce, posizionarsi tra esse e fermarsi.
Improvvisamente il tempo sembrò arrestarsi. Alessandro era immobile, sdraiato sul suo nuovo possesso, lo fissava negli occhi, specchiandosi in quell’oceano.
Efestione guardava il suo nuovo padrone, perdendosi in quegli occhi stranieri, così diversi da tutto quello che conosceva e scoprì che il suo animo desiderava sapere quali tempeste si nascondevano dietro la loro freddezza.
Gridò, come non gli era successo neppure quando Dario aveva preso la sua verginità.
Alessandro era entrato in lui con una sola spinta, scivolando nel suo corpo, costringendolo ad aprirsi per lui; non gli aveva dato tempo per abituarsi a qualcosa che non conosceva, al suo sesso che si faceva strada in lui, al peso sconosciuto che lo costringeva in un letto che aveva accolto solo Dario, al suo odore che gli riempiva le narici, stordendolo, drogandolo, al suo sapore…
Alessandro lo domava come se stesse montando un puledro recalcitrante, perdendosi nel suo calore, nella morbidezza delle sue cosce. Voleva cancellare tutto quello che Efestione aveva conosciuto fino a quel momento.
Il piacere saliva nel suo corpo, con ogni spinta dei suoi fianchi, con ogni sfregamento del suo bacino contro il corpo di Efestione, con ogni involontaria contrazione dei muscoli di Efestione che massaggiavano il suo sesso.
Il ragazzo stava piangendo, mentre il dolore che aveva ghermito il suo cuore superava quello del suo corpo.
Stava tradendo il suo vero signore, stava dando piacere al suo nemico, a colui che lo aveva ucciso, nelle stanze che lo avevano visto felice, nel letto che lo aveva accolto amato e protetto.
Alessandro si riversò in lui e il suo seme sembrò bruciare, marchiarlo definitivamente come un suo dominio.
Si lasciò cadere sul corpo di Efestione, come se l’orgasmo lo avesse privato di ogni forza.
Il ragazzo cominciò a singhiozzare, privo di qualunque vergogna.
Alessandro, disteso adesso sulla schiena, voltò la testa e lo fissò senza fare niente, anche se il primo istinto era stato quello di abbracciarlo.
“Piangi pure Efestione…per l’ultima volta piangi per quello che hai lasciato… ti do questa sola opportunità!”
Il ragazzo spalancò gli occhi, quanta freddezza in quelle parole, in quell’ordine impartito senza ripensamenti.
Aveva il regno di Dario, e così come aveva preteso che i suoi sudditi si dimenticassero del loro antico padrone, lo stesso pretendeva da colui che era stato lo sposo del re dei Re.
Alessandro si alzò e dopo essersi gettato sulle spalle la veste che aveva lasciato a terra uscì dalla stanza per raggiungere i propri appartamenti.
C’erano altre cose da fare, altre popolazioni da piegare, non poteva permettere che Efestione lo distraesse troppo dai suoi compiti.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Clito lo aspettava davanti alle porte delle sue stanze.
“Dalla tua espressione devo dedurre che il ragazzo è una vera bellezza?”
“Non ha paragone con niente di quello che abbiamo visto nella nostra vita Clito, amico mio…”
Il generale lo guardava cercando di capire il vero significato delle sue parole.
“Che cosa ne farai? Continuerai a tenerlo segregato in quelle stanze oppure lo porterai qui?”
“E’ tradizione che nessuno a parte il Re possa vedere il suo viso…”
“Vuoi che sia per te quello che è stato per Dario?”
“E’ il modo migliore per far capire a questo popolo che non siamo qui per cancellare la loro cultura, ma per unirla semplicemente alla nostra. Sarà il mio sposo, manterrà intatti i suoi privilegi e la sua posizione!”
“La sola cosa che cambierà sarà l’uomo da soddisfare a quanto ho capito… la principessa Statira è preoccupata per lui, crede che tu non gli abbia dato abbastanza tempo per abituarsi a questo cambiamento!”
“Statira non si deve preoccupare per Efestione… è solo affar mio!”
“Efestione… è un bel nome, un nome greco, un segno che gli dei non ti hanno abbandonato nonostante la distanza che hai messo tra te e loro!”
Alessandro sorrise a quelle parole.
Gli dei non lo avrebbero mai abbandonato, ma forse Efestione era veramente un segno… un dono per fargli capire che quello che aveva intrapreso era una cosa giusta!”
Entrarono nelle stanze che erano state di Dario e Clito si sorprese del lusso che racchiudevano.
Come poteva un uomo abituato a tante mollezze essere in grado di governare una nazione grande come la Persia?
Sperava che Alessandro non perdesse se stesso tra le sete pregiate e i profumi rari.
“I generali si aspettano che questa sera tu cominci con le ripartizioni del bottino di Dario!”
“Avranno quello che spetta loro, tutti avranno onori e denaro Clito. Vorrei solo che si rendessero conto che non è per l’oro e l’argento che ho cominciato questa guerra, vorrei solo che si rendessero conto che c’è altro al mondo, che tutti noi abbiamo la possibilità di fare qualcosa di grande, qualcosa che mai prima d’ora è stata ritenuta possibile!”
Clito sospirò, anche lui aveva un desiderio. Sperava che Alessandro si rendesse conto che gli uomini bramano sopra ogni cosa il potere e la ricchezza, sperava che comprendesse che il suo sogno non era qualcosa che si potesse dividere con gli altri, neppure con i suoi amici più cari.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione intanto aveva dato ordine ai suoi servi di preparargli il bagno e di cambiare le lenzuola tra le quali aveva giaciuto per la prima volta con Alessandro.
Sperava solo che l’acqua calda cancellasse la sensazione del corpo dell’altro ancora pressato contro il suo.
Lo sentiva ancora dentro di lui ad ogni passo che si costringeva a fare, sentiva il suo sapore tra le labbra, ancora gonfie per i baci e i morsi.
Il suo bagno durò più a lungo di quanto avesse previsto, ma la sua mente era troppo concentrata su quello che era appena acceduto per fare caso all’acqua che si raffreddava via via che il tempo passava.
Non aveva mai vissuto un’esperienza così intensa in tutti gli anni che aveva passato al fianco di Dario.
Alessandro era rude come il suo amore era stato gentile, privo del minimo freno durante la passione così come Dario era stato controllato e attento.
Dario non lo aveva mai ferito, Alessandro non aveva avuto esitazioni a prenderlo come si fa con un uomo, non con una statua di cristallo che rischia di rompersi se la si tratta con poca attenzione.
Tremò quando si rese conto di quello che aveva appena pensato e cercò di capire se fosse del tutto impazzito o il suo comportamento fosse solo dovuto a tutto quello che era successo negli ultimi giorni.
Non aveva mai pensato che Dario lo avesse trattato troppo delicatamente, era così che doveva essere, era a quello che da sempre era stato abituato.
Uscì dall’acqua senza curarsi di coprire la sua nudità o del liquido che cadde sul pavimento di marmo bianco.
Non si era mai comportato in quel modo, ma tutto era cambiato e niente sarebbe più stato come prima.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Alessandro era nella sala del trono, circondato dai suoi amici e dai generali che sotto il suo comando avevano reso possibile la vittoria contro il sovrano di Persia, ma la sua mente era ancora nella stanza in cima alla grande torre bianca.
Per quanto si sforzasse non era in grado di non pensare ad Efestione, al suo corpo, ma soprattutto ai suoi occhi.
Efestione non era uno schiavo o una puttana, Efestione era dotato di un cervello, di un’intelligenza che avrebbe piacevolmente colpito anche Aristotele, e soprattutto aveva coraggio da vendere se aveva osato combatterlo invece di cedere ai suoi voleri come tutti i sudditi che lo avevano accolto in Babilonia.
Guardava i suoi uomini, i greci che, si ritenevano tanto superiori al popolo che avevano appena sottomesso e che non pensavano ad altro se non a fare i conti di quante delle ricchezze della Persia sarebbero toccate loro.
Se Filippo fosse stato in quella stanza in quel momento si sarebbe comportato esattamente come loro.
Non riusciva più a capire a che tipo di vita appartenesse. Era greco, ma non vedeva nella Persia solo un territorio da depredare, e certo non la vedeva come tappa finale del viaggio che aveva intrapreso. Voleva andare oltre, spingersi fino ai confini del mondo, arrivare dove nessun uomo prima di lui aveva sperato di poter giungere.
Guardò un’altra volta i suoi amici e si rese conto che nessuno di loro avrebbe mai capito di che cosa aveva bisogno il suo animo, nessuno avrebbe mai capito la sua natura di sognatore.
Si alzò dal trono che occupava e lasciò la stanza sotto lo sguardo preoccupato di Clito
Il favorito di suo padre, che lo aveva visto crescere e trasformarsi da ragazzino spaventato a uomo troppo in fretta, e che adesso aveva definitivamente smesso di capire che cosa sconvolgesse la sua vita e la sua anima.
Prostitute, amanti e giovani bellissimi arrivarono poco dopo, mentre i servi portavano il vino e dolci speziati ai nuovi padroni.
Alessandro sentì la musica arrivare dalla sala che aveva appena lasciato, e seppe che cosa stava per accadere.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione sedeva sui cuscini come quella mattina, minimamente interessato al cibo che i suoi servi gli portavano, sperando che volesse mangiare qualcosa, almeno della frutta.
Sentì chiaramente la porta che veniva aperta e sollevò la testa nel momento in cui il Re entrava in quella zona dei suoi appartamenti.
Si fissarono in silenzio per un po’, poi Efestione fece cenno ad uno degli eunuchi di portare del vino per il suo signore.
Alessandro si sedete davanti a lui e aspettò che il servo tornasse.
Prese la coppa che gli veniva porta e mangiò un po’ della frutta che Efestione gli aveva messo davanti.
“Sembrate turbato Re dei Re.”
“Sono semplicemente consapevole che i miei uomini non hanno la più pallida idea del perché io abbia intrapreso questa impresa!”
Efestione stette in silenzio un attimo, poi parlò ancora.
“I tuoi uomini non lo hanno capito solo perché tu non lo hai detto neppure a te stesso. Rispondi alla mia domanda adesso Signore di Persia: perché hai cominciato questo viaggio? Perché hai lasciato la sicurezza della tua casa portando centinaia di migliaia di uomini lontani dalle loro spose?”
“Era ciò che doveva essere fatto. E’ la nostra natura di greci che ci spinge a cercare l’oriente!”
“E’ la tua natura di greco che ti spinge a farlo, a nessun altro dei tuoi uomini sarebbe mai venuto in mente di intraprendere un viaggio così lungo, verso una terra di cui si è solo sentito parlare ma che non si conosce!”
“La Grecia ha bisogno di quello che la tua terra può offrire!”
“Da che cosa state fuggendo? Tu che puoi affrontare un esercito tre volte più grande del tuo, di che cosa hai così paura da non poter restare nella tua patria?”
Alessandro serrò inconsapevolmente la mano che reggeva la coppa, causando la fuoriuscita del liquido rosso.
Possibile che quel ragazzo, conosciuto da poche ore, fosse riuscito a capire così bene la sua anima?
“Io non scappo da niente Efestione. Non ho paura di niente. Da quando ho memoria mia madre non ha fatto altro che ripetermi che non Filippo ma Zeus era il mio vero padre. Come può il figlio del Signore degli dei essere spaventato da qualcosa?”
Il ragazzo lo osservava attentamente e non gli era sfuggita l’espressione di dolore che aveva visto nei suoi occhi anche se solo per un momento.
“Il figlio di Zeus Ammone non deve temere niente, disonorerebbe suo padre altrimenti, ma il figlio di Filippo sarebbe semplicemente umano se avesse delle paure. Tutto sta a decidere che cosa siete Re dei Re, che cosa siete per voi, non per vostra madre o per il vostro popolo o per il vostro esercito. Che cosa sei per te stesso Alessandro, come ti consideri?”
Alessandro scosse la testa.
“Non lo so, io non lo so Efestione. A volte vorrei veramente credere a mia madre, farebbe molto meno male, a volte invece vorrei semplicemente essere il figlio del re di Macedonia, il suo erede legittimo, non un usurpatore che potrebbe anche aver tramato contro il suo predecessore!”
Efestione adesso poteva vedere chiaramente una piccola parte delle tempeste che sconvolgevano il cuore del suo nuovo padrone e senza sapersi spiegare il motivo seppe che voleva disperatamente trovare un modo per alleviare almeno un po’ il suo dolore.
Si sollevò con grazia dal posto che occupava e si inginocchio davanti ad Alessandro, prendendogli il volto tra le mani.
“Allora in queste stanze sarai ciò che il tuo cuore desidera Alessandro, figlio di Filippo…”
Alessandro lo baciò, e si sorprese quando sentì le labbra di Efestione schiudersi come un bocciolo carnoso davanti ai raggi del sole. Fu grato agli dei per questo dono. Non voleva combattere, desiderava solo sentire il calore di Efestione, desiderava solo essere amato, anche se sarebbe stata solo l’ennesima illusione della sua vita.
Lo spinse sui cuscini, mentre la veste di Efestione si apriva, scivolando sulle spalle perfette, coprendolo senza schiacciarlo.
Lo amò tra la seta e i colori, mentre il profumo d’incenso inebriava i suoi sensi facendo apparire tutto quanto come uno splendido sogno dal quale Alessandro desiderava non svegliarsi mai.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
“Sei stato ancora da lui a quanto pare…”
Clito lo aveva aspettato a lungo, davanti alle sua stanze, solo per vederlo comparire da uno dei grandi corridoi; la sua reazione la sera precedente il suo fuggire davanti allo spettacolo dei suoi uomini che si comportavano come bestie, accecati dal vino e dalla lussuria che la guerra aveva fatto dimenticare loro per troppo tempo, non era piaciuta al generale.
“Non puoi biasimare i tuoi uomini se si sono abbandonati ai loro sensi. Tu sai che cosa vuol dire combattere una guerra, stare lontani dai propri compagni o dalle proprie spose. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che abbiamo potuto giacere con qualcuno per un’intera notte, senza rubare un piacere amaro e troppo veloce prima di un consiglio di guerra?”
“Non sto biasimando nessuno Clito. Io stesso ho giaciuto con qualcuno finita la guerra, la sola cosa che non capisco è come si possa ridurre tutto a contare monete e abbandonarsi tra le braccia di donne e ragazzi di cui non si capisce la lingua, di cui non si arriva neppure a sapere il nome.”
“Tuo padre ti ha sempre accusato di essere un poeta e non un soldato. Hai dimostrato di saper combattere, smentendo una parte di quello che diceva, ma su una cosa non sbagliava. Il tuo cuore è troppo tenero Alessandro. Non commettere l’errore di paragonare i tuoi uomini con coloro che hai conquistato, che sono tuoi schiavi. Ricorda sempre di tendere una linea tra i tuoi pari e tutti gli altri. Tra i greci e tutti gli altri!”
“E’ questo che nessuno di voi capisce Clito. Non c’è differenza tra voi e loro, tra noi e loro. Il loro popolo è più antico del nostro, le loro usanze risalgono a secoli prima che noi imparassimo anche semplicemente a codificare la nostra lingua in una scrittura. Non siamo superiori a loro, siamo debitori in questa terra!”
“Prego gli dei che ti facciano tornare la ragione Alessandro!”
Clito guardava il suo re come se lo vedesse per la prima volta. Era dunque stata così forte l’influenza della strega Epirota?
“E io prego che alla fine possiate vedere quello che per adesso sembrate far finta di ignorare. Non ci guadagneremo niente a sottomettere e saccheggiare la Persia, se riusciamo ad unirla a noi, creeremo il regno più grande che mai uomo abbia potuto immaginare!”
Clito scosse la testa.
“Tu sei pazzo Alessandro. Non era scritto che dovessi diventare re dell’Asia, e adesso parli addirittura di unificare queste terre con la Grecia… creare un impero Alessandro, è dunque questo quello che vuoi? E a che prezzo giovane re? Quanto sangue chiederai ancora alla tua gente?”
Alessandro stava cominciando a perdere la pazienza. Sebbene Clito fosse la cosa più vicina ad un padre che gli fosse rimasta non accettava che gli parlasse in quel modo.
“Se hai qualcosa da obiettare sul mio modo di gestire i mio regno e il mio popolo Clito, fallo presente al prossimo consiglio, dove tutti voi avete sempre avuto libertà di parola, ma sii anche pronto a pagare le conseguenze delle tue azioni…”
Non aveva mai usato un tono così freddo con quell’uomo che lo aveva visto crescere, ma l’Alessandro ragazzo stava velocemente scomparendo per lasciare posto al re e all’imperatore.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione stava contemplando la vita di Babilonia dal terrazzo delle sue stanze, una vita di cui ormai non faceva più parte da anni, ma che lo affascinava e incuriosiva ogni volta.
Il vento del deserto gli portava le parole e i suoni delle strade, e più di una volta aveva sentito il popolo parlare del nuovo re, più di una volta aveva sentito la versione persiana del suo nome sulle labbra delle persone più disparate, commercianti e schiavi, servitori e soldati, tutti sembravano avere un motivo per parlare di Alessandro.
Sentì mani calde, segnate dall’uso della spada e della lancia accarezzare la pelle esposta delle sue spalle e salire poi lungo il collo.
Si girò verso di lui sorridendo.
“Tutta Babilonia parla di te…”
“E che cosa dice di me la tua Babilonia?”
“Non lo sai? Non lo vedi nei loro occhi, nei loro gesti, nel modo in cui ti porgono doni e lanciano fiori al tuo passaggio?”
Alessandro si allontanò da lui e si lasciò cadere sui morbidi tappeti all’interno della stanza, porgendo poi una mano ad Efestione che lo raggiunse chiudendo i tendaggi che separavano la stanza vera e propria dalla grande terrazza, lasciando fuori i rumori e la vita.
Si inginocchiò dietro di lui e fece scorrere la veste che indossava oltre le sue spalle, scoprendogli la schiena.
In breve un forte odore di rosa si liberò nell’aria e quando le mani di Efestione tornarono a toccarlo Alessandro ne seppe il motivo.
Efestione cominciò a massaggiarlo, le sue mani scivolavano sui muscoli in tensione, mentre l’olio agiva come un emolliente.
Alessandro piegò il collo mentre le dita esperte di Efestione cercavano di scacciare l’ansia, e in quel momento apparve bellissimo agli occhi di Efestione.
Giacquero insieme tra i profumi e le sete, ma Efestione non era fragile, ed Alessandro non era gentile. Il suo fuoco, quella passione mai sperimentata prima, la crudeltà inconscia che a tratti emergeva nel fare l’amore del re macedone stregavano Efestione, lo spingevano a chiedere di più, a dimenticare in ogni istante passato tra le braccia di Alessandro quello che era stato, il modo che aveva avuto di amare e di essere a sua volta amato.
Tutte le volte che giaceva con Alessandro, che il suo seme marchiava il suo corpo, facendolo gridare di piacere, Efestione dimenticava una parte di Dario.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Alessandro e i suoi generali sarebbero presto partiti per il Nord. Le tribù di Barbari che abitavano quelle zone erano pericolose. I capi non avrebbero accettato il dominio del re straniero se prima non avessero avuto una prova della sua reale forza. Per quello che ne sapevano il re dagli strani capelli poteva anche aver comprato gli uomini persiani perché tradissero il loro precedente sovrano.
Ma non era quella la sola ragione per la quale voleva intraprendere quella nuova campagna.
Babilonia stava indebolendo il suo esercito. I suoi profumi stavano rendendo gli uomini privi di forze, e i piaceri che poteva regalare li stava ammaliando.
Li avrebbe fatti combattere, avrebbe ricordato loro che erano soldati e non cortigiani; e lo avrebbe ricordato anche a se stesso.
“Dunque partiremo in una settimana!”
Clito era in piedi, davanti al suo trono.
“Sì, è quello che faremo!”
“Sarà una spedizione strana. Sai che non puoi impedire agli uomini di portare con loro ciò che qui hanno trovato e che non intendono lasciare!”
“Nessuna donna, amante o prostituta verrà in questa spedizione. Il loro desiderio di tornare ai piaceri che qui attenderanno sarà che ciò che spingerà gli uomini a combattere bene e velocemente!”
Clito fu colpito da tanta determinazione.
Forse Filippo si era sbagliato, forse accanto al poeta c’era anche il guerriero, lo stratega attento che sa quando è il momento per premiare gli uomini e quando invece arriva il momento di metterli alla prova ancora, perché non si rammolliscano.
“Questo vuol dire che anche tu lascerai qui il tuo piacere!”
Alessandro alzò finalmente gli occhi dalle carte che stava studiando.
“Certo che lo farò. Che uomo sarei se privassi gli altri di qualcosa e non me stesso? Che re sarei se facessi una cosa del genere?”
“Uno stolto Alessandro e un re che non merita la sua carica!”
“Pensavi questo di me Clito?”
“L’importante non è ciò che io potessi o meno pensare, la sola cosa importante è che tu riesca a dimostrare a tutti il contrario!”
I preparativi per la partenza furono portati a termine in breve tempo.
Tutti i greci sembravano essere fin troppo desiderosi di tornare a Babilonia nel minor tempo possibile.
Alessandro stesso era preda di una battaglia interiore che mai prima di allora aveva vissuto.
Voleva allontanarsi da Babilonia, cercare di capire se quello che stava provando per Efestione fosse solo lussuria o se ci fosse altro, qualcosa che non aveva mai sperimentato e che era arrivato a credere che gli dei gli avrebbero negato per sempre. Doveva sapere se la sua fosse solo un’ossessione, la conferma della sua vittoria su Dario, oppure se si stesse veramente innamorando di lui.
Contemporaneamente però la sola idea di lasciare Efestione era inconcepibile.
“Sembra che la tua anima sia lacerata Alessandro!”
Tolomeo, il suo amico d’infanzia, colui che non parlava mai se non quando era strettamente necessario e che più di tutti gli uomini del suo esercito osservava.
“Lo è Tolomeo, e non ne conosco il motivo!”
“Clito una sera ha parlato di qualcuno che potrebbe aver stregato il tuo cuore, una creatura misteriosa che vive segregata in una torre e che sembra abbia il potere di rubare il cuore a tutti coloro che siedono sul trono di Persia!”
“E’ più di questo. Efestione è qualcosa che non ho mai incontrato nella mia vita. All’inizio ho pensato che fosse uno schiavo, chiamato con un nome diverso, altisonante, ma sempre uno schiavo, e invece mi sono trovato davanti un giovane uomo, volitivo e orgoglioso, che non si è piegato a me solo per il mio titolo. Ho trovato qualcuno che sa ascoltare e capire meglio di consiglieri allenati da anni di prove a questo mestiere…”
“E in tutto questo hai anche trovato qualcuno che capisca il vero Alessandro? Che abbia capito come domare il tuo spirito?”
Alessandro non voleva rispondere a quella domanda, ma sapeva che non poteva negare niente a quell’uomo, colui del quale non era mai diventato amante solo per non rovinare quello che si era instaurato tra loro fin dal primo istante.
“Io…io credo di sì Tolomeo!”
“Allora non permettere che questa creatura ti scappi tra le dita come sabbia Alessandro. Trattalo come un tuo pari se sei sicuro che sia questo, e stai pronto a ricevere attacchi e critiche da coloro che non capiranno il tuo bisogno di averlo accanto!”
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Efestione dormiva quando finalmente Alessandro trovò il tempo di recarsi nelle sue stanze prima della partenza.
Rimase immobile, senza fare il minimo rumore, non voleva svegliarlo e rompere quella magia.
Era la prima volta che aveva la possibilità di vederlo rilassato, privo delle barriere che aveva imparato ad erigere negli anni, probabilmente per non impazzire in quell’isolamento dorato.
Il suo viso era più simile a quello di un fanciullo che non a quello di un giovane uomo, e nel sonno un sorriso dolce gli piegava gli angoli della bocca.
Alessandro si chiese che cosa stesse sognando.
Magari nei suoi sogni era ancora lo sposo di Dario, niente era cambiato, e la sua presenza solo una minaccia lontana, come una nube carica di pioggia che non ha ancora scatenato la sua furia.
Si scoprì geloso di quella possibilità, anche se non poteva essere convinto che fosse la verità, anche se l’altro poteva semplicemente star sognando la sua infanzia o qualunque atra cosa.
Si sedette accanto a lui cautamente, non era ancora pronto per svegliarlo, per dovergli parlare della sua partenza, anche se sapeva che l’altro ne fosse a conoscenza.
E improvvisamente, mentre lo guardava dormire, ebbe paura.
Non la stessa che aveva provato quando era improvvisamente divenuto re, non quella colma di orrore che aveva provato quando aveva saputo cosa sua madre aveva fatto ad Euridice e al figlio.
Ebbe paura di poter perdere qualcosa che non era neppure sicuro di aver ancora ottenuto.
Ebbe paura dei sentimenti provati per il giovane uomo che stava guardando.
Lasciò la stanza senza svegliarlo, scappò come un ladro spaventato dai primi raggi del sole e pregò gli dei affinché la lontananza da Efestione lo aiutassero a capire che cosa fare.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
L’esercito si fermò solo quando i cavalli erano allo stremo. Le regioni montuose non offrivano riparo per un esercito in marcia e la minaccia di imboscate era sempre presente.
Alessandro non era stato sorpreso nel vedere alcune delle trappole che erano state preparate per loro.
Non ne aveva mai avuta la conferma fino a quel momento, ma aveva sempre pensato che qualcosa accomunasse tutti gli abitanti di territori impervi.
Quelli che abitavano le zone che stavano percorrendo si erano dimostrati crudeli e rudi come gli Illiri prima di loro.
Batterli non era stato difficile, almeno nelle prime schermaglie che si erano compiute fino a quel momento. Il loro modo di combattere era rozzo, quasi primitivo, e le loro pelli sovrapposte non potevano funzionare come scudi contro le sarisse del suo esercito, ma ancora non c’era stata una battaglia campale, tutto era da decidere.
Più di una volta, durante le lunghe ore di veglia il suo pensiero era andato ad Efestione, alla sua fuga degna di un vigliacco, davanti alla sua figura addormentata.
Anche in quel momento stava pensando a tutte le parole non dette quella notte, a quello che avrebbe voluto dirgli, e le sue stesse parole suonavano così sciocche ripetute all’infinito nella mente.
Si sentiva ancora una volta un fanciullo imbarazzato del continuo esame di suo padre. Si sentì ancora una volta impotente, come era stato anni prima, quando aveva visto suo padre cercare di violentare e uccidere sua madre, e aveva gridato di non farlo, ma la sola cosa che aveva ottenuto era stata una spalla lussata.
“Che cosa turba le tue notti mio re?”
“La mia vigliaccheria Tolomeo!”
“Non hai fatto niente che possa giustificare le tue parole in questa spedizione, anzi sei stato il migliore di tutti noi, come sempre… dunque suppongo che ti riferisca al giovane che attende a Babilonia il tuo ritorno!”
“Lo attende veramente? Che cosa sono io per lui Tolomeo… l’uomo che ha ucciso il suo sposo? Un usurpatore che siede su un trono che non gli appartiene?”
“Queste sono domande che devi porre a lui, non a me o a te stesso Alessandro. Non torturati in questo modo!”
“Non so che cosa fare. Tutte le volte che penso a lui, che sono con lui la sola cosa che riesco a mostrargli è la mia codardia!”
“Sei troppo severo con te stesso, come sempre. Tu sei il re dell’Asia adesso, sei il re di Macedonia, dello stato che ha guidato la Grecia intera contro la Persia e che ha vinto una volta per tutte le guerra che Atene non è stata in grado di portare a termine. La fortuna aiuta gli audaci Alessandro, e se tu fossi stato veramente un codardo gli dei ti avrebbero voltato le spalle molto tempo fa!”
La battaglia che tutti aspettavano scoppiò tre giorni dopo. Le tribù avevano trovato un capo da cui farsi guidare.
Un satrapo che più di una volta aveva tramato contro lo stesso Dario. Besso, il cui nome evocava la parola tradimento.
Gli uomini sotto la sua guida aveva trovato un buon modo di disporsi sul terreno a loro più noto, ma questo non bastò a fermare la carica di Alessandro.
Le perdite furono ragionevoli, soprattutto visto che avevano definitivamente annientato il nemico. I pochi che rimasero in vita accettarono di stipulare la pace alle condizione del nuovo re, riconoscendo la sua autorità su tutte le terre che erano appartenute alla dinastia degli Achemenidi e dei Codomano.
Alessandro non aveva nessuna intenzione di mischiare il sangue macedone con quello delle tribù appena sconfitte, così decise per un rapido ritorno a Babilonia, fugando le paure di quelli tra i generali più anziani che aveva temuto di veder ripetere per quella gente lo stesso trattamento di favore che era stato riservato ai babilonesi.
La marcia di ritorno fu più tranquilla, ma non per questo più lenta. Senza il timore di nuove imboscate e conoscendo la strada da percorrere tornare a Babilonia fu un sogno che diventa realtà e che si ottiene senza sforzo.
La città apparve ai loro occhi all’alba, regalando a tutti uno spettacolo mai visto, ma Alessandro non era in grado di godere di quella bellezza. La sola cosa che desiderava in quel momento era Efestione. Vedere i suoi occhi, guardare nelle loro profondità e scoprire che cosa nascondevano, quale anima celavano.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
le voci della folla svegliarono Efestione.
Poteva sentire distintamente voci miste, dialetti più o meno duri che si accavallavano, tutti per dire una sola cosa; il re era tornato.
Si alzò dal suo letto e si preparò, sperava che almeno al suo ritorno Alessandro sarebbe passato dalle sue stanze, sperava che il re gli avrebbe parlato delle terre da cui era stato costretto a passare per raggiungere i suoi nemici, sperava di poter capire una volta per tutte che cosa aveva provato una mattina quando svegliatosi si era reso conto che il re e il suo esercito erano partiti.
Alessandro non gli doveva niente, ma mai Dario si era allontanato dalla reggia senza prima parlargli almeno.
Era dunque solo uno dei suoi schiavi per il nuovo re? Si era forse ingannato tutte le volte che aveva letto un’altra verità in quegli occhi?
Scosse la testa cercando di allontanare quei pensieri. Tutti quelli che si erano formato durante il tempo che Alessandro era stato assente.
Solo una persona poteva fare chiarezza e quella persona stava velocemente salendo le scale che lo avrebbero portato alle sue stanze se riusciva ancora a riconoscere i passi di un uomo.
I suoi servi si affrettarono ad accogliere il re, ad accompagnarlo da lui, che lo stava aspettando in una stanza appartata, arredata con un piccolo tavolo e delle sedie imbottite di seta.
Anche quella stanza i tappeti ornavano il pavimento, in modo tale che ad Efestione fosse permesso camminare a piedi scalzi, cosa che sembrava adorare.
Alessandro entrò nella stanza come se fosse stato inseguito dalle Furie, non degnò nessuno di uno sguardo, solo una cosa era importante per lui in quel momento, vederlo, sentirlo tra le sue braccia.
Efestione sapeva che qualcosa era accaduto tra le montagne, lo vedeva negli occhi del suo re, in quello sguardo solitamente gentile e quasi timido che mostrava invece una determinazione degna del campo di battaglia e non di quelle stanze.
Erano immobili, uno davanti all’altro, in attesa che qualcuno rompesse quella tensione.
Efestione non si era mai sentito così nervoso, neppure quando era stato allontanato dalla sua casa per raggiungere il tempio dove era divenuto lo sposo di Dario.
Per la prima volta era davanti ad un uomo che era anche un dio agli occhi di tutti. Per la prima volta era davanti ad un uomo che poteva diventare un baluardo per l’umanità e saper di dover essere giudicato da lui era la prova più difficile che si fosse mai trovato a d affrontare.
Se non lo avesse accettato, se lo avesse considerato solo uno schiavo, come ve ne erano molti negli harem, allora tutta la sua vita sarebbe finita.
Non poteva sopportare a lungo quel silenzio, stava per perdere la calma che lo aveva sempre contraddistinto, ma quando stava per cedere Alessandro si mosse verso di lui, stringendolo tra le braccia come il proprio compagno, come un uomo da amare e rispettare, ma non da celare agli occhi di tutti per paura che si potesse sporcare o rompere.
Dario era stato un folle a chiuderlo in quella gabbia dorata, solo per paura di poterlo altrimenti perdere.
Lui non avrebbe commesso lo stesso errore, tutti i suoi uomini lo avrebbero visto. Davanti a tutto il popolo di Babilonia e dell’Asia la loro storia sarebbe divenuta leggenda e il loro amore qualcosa da sussurrare la notte, alla luna e al vento perché tutti alla fine la conoscessero.
Aveva detto a Clito che avrebbe continuato a tenerlo nascosto, come aveva fatto il suo predecessore, e solo in quel momento, mentre lo stringeva tra le braccia come amante e suo pari capiva che quelle parole le aveva pronunciate per paura.
Paura che quella strana creatura, quasi magica, potesse scegliere un altro, paura che potesse preferirgli uno dei suoi uomini.
Efestione capiva che in qual bacio c’era qualcosa di diverso, sapeva che quell’uomo avrebbe cambiato per sempre la sua vita ed era pronto ad affrontare tutti i cambi che Alessandro avesse voluto apportare, tutto pur di restare al suo fianco. Tutto pur di poter un giorno essere amato da lui.
Lo sollevò tra le braccia come se fosse stato una fanciulla alla sua prima notte di nozze, ma questo pensiero non disturbò la mente di Efestione, né offese il suo orgoglio, un orgoglio che più volte Dario aveva definito greco.
Lo prese come non aveva mia fatto.
Per la prima volta si unì a lui come se fosse veramente il suo sposo, come se ci fosse stato lui e non Dario a sancire quell’unione davanti agli dei.
Lo amò come sentiva di non aver mai amato nessuno in vita sua, sentì che quegli occhi azzurri si erano sostituiti senza che lui se ne rendesse conto a tutto quello che aveva imparato a conoscere e ad amare nella sua breve vita.
Avrebbe rinunciato a tutto per poter un giorno essere amato da quella creatura.
Prima che il momento della verità fosse arrivato, prima che Alessandro potesse dire ad Efestione quello che aveva nel cuore un preoccupatissimo Clito, seguito dalla guardia personale di Alessandro bussò alla porta che nessuno avrebbe potuto oltrepassare.
Le notizie che il generale portava non erano delle migliori.
Un satrapo, imparentato con la famiglia reale, aveva organizzato una congiura contro il nuovo Re dei Re durante la sua assenza.
Molti nobili babilonesi erano coinvolti.
La situazione era delicata; Alessandro non poteva punire tutti con la pena capitale o le famiglie avrebbero preteso un giorno o l’altro vendetta, ma allo stesso tempo non poteva neppure dimostrarsi caritatevole e fare salva la vita a tutti.
“Vai Alessandro. Dimostra ai nobili quello che il popolo già sa. Dimostra che se siedi sul Trono di Dario e Ciro è perché è lì che appartieni!”
Alessandro sparì alla vista di Efestione, seguito e protetto dal suo seguito.
Nella concitazione del momento la porta non era stata chiusa.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Nella sala del trono dodici nobili e un satrapo aspettavano in ginocchio che un barbaro che aveva la presunzione di sedere sul trono che era appartenuto a re invincibili, decidesse delle loro vite.
L’entrata di Alessandro fu accompagnata da suoni e voci. Le vesti degli schiavi che si inginocchiavano, i sandali dei soldati che scattavano sull’attenti, il clangore delle spade che venivano mosse per proteggere il re e non per attentare alla sua vita come invece gli uomini inginocchiati avevano sperato.
Il Re prese posto sul trono che aveva guadagnato con il sangue suo e dei suoi soldati e fisso uno ad uno gli uomini che avevano tramato contro di lui mentre lui era assente, occupato ad inseguire il vero assassino di Dario.
“Che cosa avete da dire? Quali parole userete per avere salva la vita? Questa è la vostra unica opportunità, sfruttatela bene se vorrete vedere il sole che sorge domani!”
nessuno parlò.
Alessandro poteva leggere l’insicurezza sulle facce di quelli che aveva davanti, non si fidavano delle sue parole, sapevano che ovunque la loro colpa sarebbe stata punita con la morte, solo che non sapevano sotto che forma sarebbe arrivata per loro.
Alessandro pose un’altra volta la domanda.
Voleva una risposta e per gli dei l’avrebbe avuta. Voleva sapere se era veramente così rischioso per lui lasciare Babilonia, anche se per breve tempo. Doveva sapere se il suo potere sulla città era solo nominale oppure reale.
“Lo abbiamo fatto, Macedone, perché nessuno di noi riconoscerà mai un usurpatore come Re. Lo abbiamo fatto perché abbiamo deciso di dare voce a tutti coloro che tra i nobili non hanno il coraggio di parlare, ma che la pensano alla stessa maniera. Tu non sarai mai il Re dei Re per noi, puoi esserlo per gli straccioni che vivono nelle strade di Babilonia, ma per noi, che siamo nati tra gli ori e i ricordi del più grande impero esistente tu non sarai mai nulla di più di un invasore sulle cui mani non ricade solo il sangue del nostro re, ma anche e soprattutto quello di suo padre!”
Prima che Alessandro potesse alzarsi dal trono e sguainare la spada una voce melodiosa e possente allo stesso tempo immobilizzò la stanza.
“Come osi tu satrapo, parlare così al Re dei Re?”
Tutti si girarono verso la voce e videro un giovane vestito di seta bianca, dalla presenza sconvolgente.
Nei suoi occhi azzurri ardeva un fuoco mai visto prima, e tutti seppero che era bellissimo, anche se la parte inferiore del viso era coperta da un velo dello stesso colore e materiale delle vesti.
L’oro e l’argento intrecciati tra i suoi capelli rendevano la sua figura simile ad un’apparizione circondata di luce.
“Come osi parlare a nome di coloro che sono nati in seno alla nostra cultura? Io stesso sono nato in grembo ad una delle famiglie più importanti di Persia. In una famiglia che ha servito più di uno dei re che si sono avvicendati sul trono che hai insultato. Tu non puoi parlare a mio nome o a nome di nessuno che non sia presente in questo momento. Accontentati di parlare per te stesso, se la tua colpa veramente non ha reso muta la tua lingua!”
“Chi sei tu per parlare? Vestito come una concubina, Chi sei tu per dirmi che ho offeso il trono che invece cerco di proteggere?”
La figura fece qualche altro passo verso il centro della stanza.
“Io sono colui che non deve essere guardato. Sono colui che fu unito al Re dei Re nel buio di un tempio, nel segreto di un rito che nessuno deve conoscere. Sono lo sposo che il potente signore di queste terre ha preteso e che come tutto ciò che gli è appartenuto è passato di diritto al nuovo signore e padrone di Persia, ma soprattutto sono colui che ti chiede… vuoi veramente proteggere questo trono o semplicemente lo vuoi per te?”
La testa del satrapo, che non si era abbassata neppure davanti ad Alessandro si abbassò di scatto non appena ebbe capito chi aveva davanti veramente.
Solo allora Alessandro capì quanto importante fosse stato il ruolo di Efestione nella vita politica di Babilonia, e quanto ancora potesse esserlo.
Senza scomporsi Alessandro porse la mano ad Efestione e lo guidò fino al trono, più piccolo posto alla sua destra, il trono che sarebbe in altre circostanze appartenuto ad una regina e che invece era di diritto dello sposo reale.
I lunghi capelli cadevano davanti agli occhi di Efestione. Nessuno aveva ancora avuto la possibilità di vederlo veramente e il ragazzo agiva come se fosse stato in qualche modo impressionato dalle sue stesse azioni.
Sapeva che cosa Dario aveva fatto alle poche persone che si erano azzardate a cercare di guardare il suo viso, ma non sapeva come avrebbe reagito Alessandro alla sua presa di posizione.
Aveva fatto la più grossa follia della sua vita. Erano anni che non usciva dalle sue stanza., ma non aveva potuto fermarsi quando aveva capito che cosa era successo, che la minaccia per il nuovo Re dei Re era più grossa di quanto lui e i suoi uomini potessero immaginare.
La sentenza fu prigione a vita per tutti coloro che avevano partecipato alla congiura, tranne che per colui che l’aveva organizzata.
Mentre gli altri ricevettero l’assicurazione che le loro famiglie non sarebbero state toccate, il satrapo vide morire sua madre, sua moglie e i suoi figli, prima di venire lui stesso giustiziato dalle guardie di Alessandro.
Efestione rimase accanto ad Alessandro per tutto il tempo, ma il Re dei re era consapevole dell’imbarazzo che emanava dal suo amante; forse era per questo che lo schermava con il suo corpo, o forse era perché aveva finalmente capito che cosa aveva portato Dario a rinchiuderlo in una torre inaccessibile.
Bastava che Alessandro guardasse gli occhi di Clito, di colui di cui si fidava come di un padre per vedere che cosa Efestione poteva scatenare negli animi. Non ricordava di aver mai visto gli occhi di Clito scuriti dal desiderio, se non in una sola occasione, una delle ultime volte che aveva avuto modo di vederlo interagire con Filippo, il giorno in cui aveva capito finalmente perché Olimpiade fosse così follemente gelose di lui.
Non volle guardare gli altri suo uomini mentre lasciava il piazzale delle esecuzione, non volle incontrare lo sguardo di Tolomeo o di Cassandro perché sapeva che non sarebbe stato in grado di mantenere la sua rabbia se avesse visto la lussuria in quegli occhi, ma allo stesso tempo sapeva che non poteva biasimarli. Lui stesso era rimasto vittima della bellezza di Efestione, ancora prima di conoscerlo, ancora prima di scoprire che cosa si nascondesse dietro una bellezza così totale.
Ricondusse Efestione nella torre, rassicurando con gesti e parole calme i servi che ormai non aspettavano che la morte.
“voglio che tu sieda al mio fianco Efestione durante le sedute pubbliche, nei momenti in cui incontrerò i nobili della tua terra o coloro che chiederanno udienza al re dei re!”
Efestione che a sua volta aveva temuto l’ira di Alessandro per aver infranto le tradizioni non riusciva a comprendere il perché di qual cambiamento; poi improvvisamente l paura che quella fosse solo una maniera gentile per essere abbandonato si fece strada nel suo cuore, ma come poteva dargli torto? Aveva infranto le regole, aveva lasciato che altri occhi si posassero su di lui, che altri uomini lo desiderassero, era impuro e non importava per quale motivo lo fosse diventato, la sola cosa che importava è che adesso non era diverso dai giovani che vivevano nell’harem.
Alessandro lesse sul suo volto tutta quella serie di emozioni, e seppe che doveva dare una spiegazione ad Efestione, prima che i suoi dubbi divenissero paure vere e proprie.
“Ho bisogno di te, di ciò che rappresenti, della tua comprensione e conoscenza degli usi e costumi di questa terra, ma allo stesso tempo non posso dividerti con gli altri. Sarebbe stato facile per me portarti nelle mie stanze, lasciare che servitori e servitrici proveniente dagli harem si prendessero cura del tuo corpo e della tua persona, ma semplicemente non posso tollerare che altri possano parlare con te, che altri possano attirare la tua attenzione. Tu non consoci la passione che spinge un uomo a prendere ciò che vuole con la forza, non conosci il sangue che scorre nelle vene di uomini che provengono dalle montagne e che sono abituati a combattere per tutto. Hai avuto con me il primo incontro di questo genere, e nonostante gli anni passati con Dario sono riuscito a ferirti, a farti del male. I miei uomini non sono malvagi Efestione, ma ho visto che cosa il tuo corpo ha acceso in loro. Non posso e non voglio essere costretto ad alzare le mani contro i compagni che mi sono stati accanto fin dall’infanzia, ma non potrei starmene immobile e lasciar correre se uno di loro ti toccasse, per questo ti chiedo perdono, ma preferisco che le cose non mutino, almeno per il momento!”
Efestione lo baciò con un trasporto a cui non era abituato e di cui accusava quel sangue greco risvegliato dall’incontro con Alessandro. Ogni suo dubbio era stato fugato dalle parole del re e ogni sua paura almeno per il momento allontanata.
Sì, avrebbe fatto quello che il suo re chiedeva, avrebbe partecipato agli incontri con la gente del suo popolo, ma lo avrebbe fatto con il volto coperto, come era giusto che fosse e soprattutto avrebbe fatto in modo che mai gli uomini di Alessandro potessero fraintendere i suoi comportamenti.
Lui non era un giovane degli harem, non era la sua vita quella di servire decine e decine di uomini diversi.
Lui era nato per servire solo il Re dei Re e così sarebbe stato per tutta la vita.
“Io vi appartengo mio Signore. Farò ciò che mi avete chiesto, vi avvicinerò, per quanto possibile, agli usi e ai costumi della mia terra. Sarò al tuo fianco quando ne avrai bisogno, ma mai alla luce del sole, mai con il volto scoperto.
Sono solo tuo Alessandro, mai finché avrò vita altri occhi si specchieranno nei miei, mai altri uomini conosceranno il mio corpo, il mio sapore. Questo è ciò che ti prometto Alessandro, davanti agli Dei che dal cielo ci guardano, comunque tu voglia chiamarli, davanti a chiunque tu voglia che questo voto sia sciolto!”
“Io accetto il tuo voto, e davanti agli Dei, a Zeus e alla sua sposa, a Dioniso al quale mia madre è così legata e ad Apollo con il quale puoi competere in bellezza giuro che mai ti recherò offesa, mai permetterò ad altri di vederti, di sciogliere il mistero che aleggia intorno alla tua figura. Ti chiedo di stare con me è vero, ma ogni notte tornerai a questa torre che così bene ti nasconde da sguardi indiscreti, che ti protegge da un mondo esterno che a malincuore dovrà ancora una volta rinunciare a te.
Queste stanza saranno il nostro mondo, saranno un’oasi di pace dove verrò ad abbeverarmi. Le tue braccia saranno per me un porto tranquillo, al riparo da ogni tempesta. Ti amo Efestione, ma ti giuro che tenterò con tutte le mie forze di non farti del male, di andare contro le parole di mio padre. Ti prego solo di perdonarmi fin da adesso per i momenti in cui non riuscirò ad impedirlo, per i momenti in cui ferirti sarà per me inevitabile!”
Efestione non rispose si limitò ad accoglierlo tra le braccia, e mentre Alessandro appoggiava la testa al suo petto, in silenzio, per ascoltare il battito del suo cuore seppe che per la prima volta aveva avuto modo di scegliere della sua vita.
Aveva amato Dario, ma era stato solo un ragazzo quando era stato scelto da lui e nessuno aveva mai chiesto se fosse o meno d’accordo a quell’unione, ma Alessandro, con lui era stato diverso. Lo amava e aveva scelto lui di farlo, nonostante la loro prima volta. Non si sentiva più prigioniero di quella torre, ma un suo libero abitante. Non temeva più di essere soffocato da quelle sete e dai profumi, ma considerava anche lui quel luogo come un’oasi, da dividere con Alessandro, come tutta la sua vita da qual momento a quando gli Dei lo avrebbero voluto.