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Scoprendo Curt

By: Angelus82
folder Italian › Movies
Rating: Adult ++
Chapters: 1
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Disclaimer: I do not own the movie(s) this fanfiction is written for, nor any of the characters from it. I do not make any money from the writing of this story.

Scoprendo Curt

Fuori stava nevicando, non che fosse una cosa strana per l’Inghilterra, ma la figura che stava guardando i piccoli fiocchi bianchi ricoprire tutto si comportava come se fosse la prima volta in vita sua che vedeva uno spettacolo del genere.
Scosse la testa facendo muovere i lunghi capelli biondi.
Gli mancava casa sua.
Era da quando aveva lasciato New York che non vedeva uno spettacolo del genere anche se gli sembrava che anche la neve fosse diversa in quella città che non era ancora riuscito a capire, ad amare.
Se avesse potuto avrebbe preso il primo aereo per tornarsene in America, ma questo avrebbe voluto dire non rivederlo più. al diavolo il contratto che aveva firmato e tutte le stronzate di quel genere; la sola cosa che poteva sopportare meno della follia in cui lo avevano trascinato era la sola idea di passare un minuto senza di lui.

Brian guardava Curt, la schiena perfetta leggermente curvata in avanti, come se guardare la neve che fioccava gli procurasse piccoli brividi di freddo nonostante la temperatura quasi insopportabile che c’era nella stanza.
Era passato solo un mese da quando lo aveva convinto a seguirlo, e la frenesia della vita che aveva scelto per lui non era ancora cominciata veramente.
Avrebbe pagato il suo peso in oro per sapere a che cosa stesse pensando l’americano in quel momento.
Nessuno era mai riuscito ad interessarlo in quel modo.
Ricordava il primo giorno che lo aveva presentato agli altri.
Aveva convinto Curt a trasferirsi da lui immediatamente, e quella mattina aveva fatto la prima scoperta interessante. Non importava a che ora l’americano andasse a letto, la mattina si svegliava presto.
Lo aveva visto girare per casa studiandola, come se non si fidasse e lo aveva seguito, come un perfetto idiota, e si era maledetto per il suo comportamento. Era dannatamente troppo presto per sentirsi così possessivo nei confronti di una persona.
La casa era ancora silenziosa e Brian ne aveva approfittato per studiare quella strana creatura.
Lo aveva visto trangugiare la prima tazza di caffé, senza latte né zucchero e bere la seconda con più calma. Aveva scoperto che adorava la frutta, soprattutto pesche e mele e che non mangiava uova.
Sorrise tra sé. Quella di Curt si era rivelata essere una dieta assai strana.
Non avevano parlato molto, si erano limitati a guardarsi, ad esplorarsi. Tutto era precipitato quando anche gli altri avevano cominciato a svegliarsi e a raggiungere la cucina.
Brian si era accorto con sollievo che Curt poteva estraniarsi dalle conversazioni anche se lo riguardavano e soprattutto aveva notato che quando il primo chitarrista della sua band era entrato nella stanza l’americano si era semplicemente ritirato come un riccio.
Solo a lui aveva mostrato un certo interesse.
In quel momento aveva capito che se avesse giocato bene le sue carte sarebbe riuscito ad incuriosire e sedurre quella creatura selvaggia dal temperamento di un pazzo e dall’ingenuità di un bambino.
“Perché non vieni a sederti?”
Non ce la faceva più a vederlo immobile davanti alla finestra, lo voleva accanto, come sempre!
Mandy sorrise complice al marito mentre l’americano si avvicinava lentamente e prendeva posto sul divano accanto alla stella del glamour.
La donna aveva saputo dalla prima volta che Brian aveva visto l’altro cantare che sarebbero finiti in una situazione del genere e la cosa non le dispiaceva affatto. Anche lei aveva i suoi modi per passare il tempo, e poi Curt le piaceva, le piaceva immaginare il suo corpo avvinghiato a quello di Brian, uniti in un amplesso che sarebbe sicuramente stato il più appagante delle loro vite, ma i suoi sogni si infrangevano ogni volta contro lo strano comportamento di Brian che non aveva ancora fatto la prima mossa.

Curt tremò.
Non si era accorto che guardare la neve gli aveva fatto venire freddo.
Eppure a New York c’erano stati periodi, in inverni passati che sembravano troppo lontani nella sua mente per essere stati veramente vissuti, che era stato senza riscaldamento, e non si era mai trasformato in un ghiacciolo.
L’americano notò appena che Mandy si era alzata e stava raggiungendo la porta. Li salutò prima di lasciare la stanza.
Era stato sorpreso di scoprire che Brian era sposato, non capiva come potesse comportarsi come… semplicemente come Brian e non spezzarle il cuore, poi l’aveva conosciuta e aveva capito, o almeno aveva capito qualcosa.
“A che cosa pensi?”
Niente in particolare, come accadeva spesso.
Scosse la testa per rispondere a Brian, che ormai aveva cominciato a capire che cosa si nascondesse dietro i silenzi e i gesti dell’altro.
Lo stesso Jerry si era meravigliato di come era riuscito ad attirarsi la simpatia e in qualche piccolissima misura la fiducia di quello che agli occhi di tutti poteva semplicemente apparire come un folle che non aveva niente da offrire alla comunità.

Brian passò un braccio intorno alle spalle di Curt, attirandolo a sé, era un gesto che faceva spesso, che per la naturalezza con cui veniva fatto non attirava l’attenzione e non faceva pensare al fatto che potesse esserci qualcosa dietro.
“Che programmi hai per capodanno Mister Slade?”
Brian sorrise, all’inizio aveva pensato che quello fosse un modo di mettere delle barriere tra di loro, ma aveva capito che era solo un modo scherzoso con cui Curt cercava di abbattere quelle che tutti cercavano di mettere tra di loro.
Oltre Mandy non erano in molti quelli che vedevano di buon occhio la presenza di Curt al suo fianco, ma a lui non interessava; che il suo manager e quella ragazzina inesperta della sua costumista pensassero quello che volevano. Curt era lì e sarebbe rimasto, molto, molto, molto a lungo, almeno sperava.
“Abbiamo una cena a cui non possiamo esimerci dal partecipare, al Plaza, al Ritz o da qualche parte del genere, dove ovviamente interverrà la stampa e farà migliaia di domande su che cosa succede veramente tra noi… il solito insomma. Dopo la cena, con l’aiuto della mia mogliettina pensavo che ce ne potremmo andare senza essere visti e passare un po’ di tempo da soli, magari a scrivere qualcosa…”
aspettava una reazione dell’americano.
“Bene…”
Non che avesse fatto i salti di gioia, ma almeno aveva accettato la prima parte della sua proposta.
“Mandy ha una casa in campagna… adesso deve essere completamente ricoperta di neve… uno spettacolo che ti piacerà ne sono certo. Potremmo andare lì per qualche giorno…”
Curt lo guardava perplesso, non si era aspettato la proposta di passare qualche giorno da solo con Brian, anche se ci aveva sperato.
“Nessuno sa dove sia esattamente la casa e Mandy non ha il minimo interesse a parlare, dunque saremo solo io, te e la tua Gibson visto che sembra impossibile separarvi!”
L’americano sorrise a quel commento. Brian non sapeva neppure quanto vero fosse, non sapeva che c’erano state volte a New York in cui si era addormentato stringendo la sua chitarra.
“Quale padre abbandonerebbe la sua bambina Brian?”
“Non ti ci vedo a fare il padre di un bambino vero, ma con la tua piccola sei veramente premuroso, questo devo ammetterlo!”
“Solo con lei, non riusciresti a credere quante chitarre ho fracassato nel corso della mia vita… ma lei ha sempre avuto un posto particolare nel mio cuore!”
Brian sperò di riuscire a guadagnarsi un posticino accanto alla Gibson un giorno.
“Devo dedurre che la mia idea va bene?”
Curt annuì mentre si stringeva di più a lui, gran cosa che non riuscisse a sopportare il freddo di quella città.

“Allora come è andata?”
Mandy lo aveva assalito con quella domanda non appena aveva sentito la porta della loro camera aprirsi.
“Verrà in campagna con me…”
La donna lo guardò esasperata.
“Vuoi dire che non avete parlato di altro? Che non avete fatto altro?”
Non poteva credere che quello fosse veramente Brian.
“Maledizione Mandy, lui non è una delle mie fan, non è qualcosa di carino da scopare una volta e gettare via…”
Questo lo aveva capito anche lei, dalla prima volta che lo aveva visto aveva saputo che quel pazzo in pantaloni di pelle sarebbe diventato tutto per Brian, ma proprio per questo non riusciva a capire che cosa frenasse l’altro.
“Hai paura di un suo rifiuto?”
La donna aveva colpito nel segno e a Brian non restò che annuire piano.
“Lo sai anche tu che non ti rifiuterà. Maledizione, ma non hai mai visto che ti guarda con gli stessi occhi di Shannon? Solo che lui è molto meno appiccicoso!”
Mandy non sopportava la nuova costumista e neppure Brian era così sicuro che quella ragazzina c’entrasse qualcosa nella sua vita. Troppo servizievole, troppo imbarazzata e innocente fino alla nausea nella maniera sbagliata.
“Non lo so Mandy, ho paura di rovinare tutto se solo faccio una mossa sbagliata, ho paura di vederlo scappare da me!”
Mandy si sistemò meglio sul letto, invitando Brian a sedere accanto a lei. Era da molto che non affrontavano una discussione seria e la donna aveva la sensazione che da quella chiacchierata sarebbero dipese molte cose.
“Tesoro, hai sentito anche tu quello che si racconta di Curt… hai visto in che stato lo abbiamo trovato… io non so che cosa ci sia nel suo passato, ma vedo una fragilità in lui che cerca di nascondere dietro mille maschere. Immagino che sia stato ferito molte volte… ma la paura di ferirlo ancora non può impedirti di cercare di sedurlo, di conquistarlo… rischi di perdere una delle poche cosa belle che la vita ti offre, una cosa che potrebbe essere tua e tua soltanto!”
“Sei mai stata innamorata Mandy?”
“Sì, ma mi sono fatta scappare la mia opportunità. Non fare il mio stesso errore Brian, non te lo perdoneresti mai!”

La mattina dopo Brian si svegliò tardi, tanto che quando riuscì ad emergere dalle nebbie del sonno si rese conto non solo che Mandy non era più accanto a lui, e anche da molto a giudicare dalla freddezza delle lenzuola, ma anche del fatto che tutti gli altri si stavano muovendo per casa con la grazia di ippopotami.
Si preparò il più velocemente possibile e si diresse verso il salone.
Erano tutti lì, e appena entrò gli occhi di tutti si girarono verso si lui come se fosse un re che offre ai suoi sudditi l’onore di poter essere visto. Il solo che rimase concentrato su una tazza di caffé e un piatto di frutta era Curt.
Jerry non gli dette neppure il tempo di sedersi a tavola che subito cominciò a parlare come una macchinetta.
“Stasera dobbiamo essere al Ritz per le sette, i vostri abiti saranno portati nelle camere di ognuno per le cinque. Truccatori e parrucchieri saranno qui dal primo pomeriggio. Qualunque cosa vi crei problemi ditela subito… e non fate niente di cui potreste pentirvi domani, all’uscita delle edizioni speciali dei giornali che ho invitato!”
aveva parlato guardando Curt, ma l’americano non aveva dato segni di essersi accorto della cosa.
Quel giorno aveva altro a cui pensare. Andare via per qualche giorno con Brian era una cosa che desiderava, ma sapeva anche che era rischioso. Senza tutta quella gente intorno avrebbe potuto fare una cazzata come rivelargli che cosa sentiva per lui o cose del genere.
Dita eleganti gli portarono via una fetta di pesca dal piatto, dovette ricordarsi di respirare mentre vedeva la polpa dolce sparire tra le labbra perfette di Brian che gli sorrideva.
A nessuno era sfuggito il gesto e certo non era piaciuto né a Shannon né a Jerry.
Il loro preziosissimo Brian non doveva fare l’errore di mischiarsi ad un folle che non valeva niente come Curt…

Poco dopo l’ora di pranzo la casa cominciò a riempirsi fino all’inverosimile. Curt aveva cercato rifugio in camera sua, ma quella pace apparente era stata infranta molto presto quando Mandy, seguita da un uomo e una donna aveva fatto irruzione costringendolo ad alzarsi dal letto e a cominciare a prepararsi.
“A te oggi ci penso io Curt… vediamo se riusciamo a far venire un infarto al mio maritino…”
La donna ghignò ai due sconosciuti che si misero subito al lavoro, mentre lei prendeva posto ai piedi del letto pronta a godersi la scena. Non avrebbe permesso a quella piccola arpia di Shannon di mettersi tra i piedi quella volta.
L’uomo cominciò a tirare fuori dalla borsa i ferri del mestiere, mettendo shampoo e lozioni sulla scrivania in parte ingombra delle carte di Curt, mentre la ragazza preparò pennelli e trucchi che sarebbero serviti non appena l’altro avesse finito il proprio lavoro.
In poco più di un’ora i capelli di Curt furono colorati nuovamente, lavati, tagliati e perfettamente acconciati; Mandy era soddisfatta della riuscita della prima parte del suo piano. Adesso mancavano solo il trucco e i vestiti e poi Brian non avrebbe potuto fare altro che cadere ai piedi di Curt, che era quello che volevano entrambi se riusciva ancora a leggere le espressioni negli occhi delle persone.
Come Jerry aveva predetto i vestiti arrivarono alle cinque precise e Curt ringraziò di essere stato truccato, altrimenti era certo che a nessuno nella stanza sarebbe sfuggito il suo cambio di colore da pallido a rosso pomodoro.
Quello che avrebbe dovuto indossare era composto da un paio di pantaloni di pelle talmente stretti che avrebbe dovuto ungersi per entrarci, una camicia di raso nera che avrebbe lasciato ben poco all’immaginazione e un lungo cappotto che ad occhio e croce gli avrebbe accarezzato le ginocchia una volta indossato.
“E questo cosa…?”
“A quanto pare Jerry per una volta ha capito che cosa doveva fare con gli abiti!”
Mandy era decisamente soddisfatta della scelta, adesso sarebbe bastato convincere Curt a vestirsi e a restare in camera fino al momento di andare affinché la sorpresa per il suo maritino fosse perfetta.
“Cambiati, così vediamo se è tutto perfetto come sembra!”
Curt sembrava fin troppo imbarazzato all’idea di spogliarsi davanti a lei e la cosa era strana visto che non era mai andato in giro abbigliato in maniera troppo coperta.
“Qualcosa non va?”
Scosse la testa, ma non riuscì a farsi credere neppure per un momento.
“Curt, qualcosa non va?”
“Non…non mi piace spogliarmi davanti a qualcuno se c’è troppa luce…”
“Ma sei completamente pazzo? Hai un corpo che farebbe perdere la vocazione anche ad un Santo e non ti va di spogliarti se altri possono vederti?”
Curt sapeva che non sarebbe servito a niente cercare di spiegare a parole, non sapeva neppure da dove cominciare a fare una cosa del genere;
si sganciò la camicia che portava e la fece scorrere lungo le spalle.
Mandy dovette mettersi una mano davanti alla bocca per evitare di urlare. Uno dei suoi difetti era che non riusciva a controllarsi davanti a ciò che non poteva comprendere.
Il petto di Curt sembrava una cartina topografica. Piccoli segni chiari deturpavano la sua bellezza. Cicatrici di ferite autoinferte che non erano mai sparite del tutto.
“Cosa…cosa sono quelle?”
“Anni fa, uscito dall’ospedale, a volte non riuscivo a ricordare se ero vivo oppure morto… mi tagliavo per vedere se le mie ferite sanguinavano… per vedere se ero ancora io oppure se il mio corpo si muovesse senza una ragione apparente. Non sono mai riuscito a capire se fossi io oppure no… ma se le ferite sanguinavano forse voleva dire che ero vivo, dopotutto…”
Mandy non aveva mai sentito tanta tristezza nelle parole di qualcuno, ma la naturalezza con cui l’altro aveva parlato l’aveva lasciata ancora più perplessa e spaventata. Aveva parlato come se non importasse quello che era successo, come se lui stesso non avesse la minima importanza.
Si vestì in fretta e alla donna non sfuggì il tremito leggero delle dita che cercavano di agganciare i bottoni della camicia.
Guardò criticamente i pantaloni e seppe che se veramente voleva entrarci avrebbe dovuto rinunciare alla biancheria intima, e visto il sorrisetto compiaciuto di Mandy anche lei doveva averlo capito.
Non parlarono più di quello che era stato detto nella stanza poco prima, aspettarono semplicemente che arrivasse l’ora per scendere.

Brian era già pronto da un po’ e si guardava intorno cercando Curt, il fatto che all’appello mancasse anche Mandy non lo lasciava per niente tranquillo. Jerry poi ci metteva del suo a cercare di fargli perdere i pochi nervi che gli erano rimasti.
Andava su e giù per la stanza, imprecando a mezza voce sul fatto che l’americano sicuramente sarebbe stato in ritardo, e che avrebbe combinato qualche casino, e che tutto il suo lavoro sarebbe stato mandato al diavolo…
“Adesso smettila!”
Tutti nella stanza si zittirono. Era rarissimo sentire Brian alzare la voce, soprattutto con il suo manager.
Anche le due figure che stavano scendendo le scale rimasero perplesse.
Mandy era fasciata in un abito lungo fino alle caviglie, color argento, luccicante come se fosse fatto proprio di quel materiale, i capelli erano coperti da una parrucca biondo platino e ai piedi aveva delle scarpe con il tacco talmente alto che lei stessa non riusciva a capire come riuscisse a starci in equilibrio, ma l’attenzione di tutti era irrimediabilmente concentrata su Curt.
Sembrava più tranquillo del solito, anche fasciato in abiti che non avrebbe certo indossato se avesse potuto scegliere; troppo tranquillo per i gusti di Brian.
Curt aiutò Mandy a finire di scendere le scale, poi fu letteralmente rapito di Brisan che lo condusse velocemente verso la macchina che li avrebbe portati a destinazione. Per volere di Jerry i due sarebbero arrivati da soli, e al loro arrivo tutti gli altri si sarebbero già dovuti trovare nella sala dei ricevimenti.
Aspettarono almeno venti minuti, in silenzio, seduti uno accanto all’altro prima che l’autista si decidesse a metter finalmente in moto.
Curt continuò a tenere quello strano comportamento per tutto il viaggio e l’inglese non poté fare a meno di capire che c’era qualcosa di dannatamente sbagliato in lui quella sera.

I flash rischiarono di accecare letteralmente Curt.
Non appena avevano messo piede fuori dalla macchina una ventina di fotografi avevano cominciato a bersagliarli, e una volta che erano riusciti ad entrare non era cero andata meglio.
Jerry aveva fratto le cose in grande e gli scatti aumentarono addirittura quando Brian, accortosi dello sconforto dell’altro lo aveva afferrato per una mano tirandolo a sé e facendosi nello stesso tempo largo tra la folla di giornalisti.
Una volta al riparo nella grande sala addobbata per la festa di fine anno Brian non lo lasciò andare, anzi serrò ancora la presa sulle dita ghiacce dell’altro, cercando di trasmettergli un po’ del suo calore.
Andava a fuoco, solo per quel piccolo contatto. Si dette mentalmente dell’idiota, ma non poteva farci niente. Curt Wild aveva quel potere su di lui, che gli piacesse o meno.
Lentamente gli altri partecipanti alla festa cominciarono a circondarli, eleggendoli fulcro della festa.
Sarebbero stata la coppia più chiacchierata ed invidiata dell’intera serata, e questo era esattamente quello che Jerry aveva programmato.
Bevvero champagne, parlarono con tutti quelli che ponevano loro domande, flirtarono con donne imbellettate e uomini talmente efebici che a volte per Curt era difficile distinguerli dalle loro accompagnatrici. Tutto era all’eccesso, tutto era consentito quella sera, e per la prima volta in vita sua Brian non era felice di vedere l’ambiente in cui aveva imparato a vivere da re.
Cercava lo sguardo di Curt, il solo che non lo guardava. Cercava di sfiorarlo, quando tutti in quella stanza avrebbero pagato oro per poter toccare lui, ma l’americano sembrava sempre pronto ad allontanarsi da lui.
Stava cominciando a perdere la pazienza quando labbra calde e gentili si appoggiarono sul suo orecchio. Avrebbe riconosciuto tra mille il corpo di Mandy, appoggiato contro la sua schiena.
“Seducilo…conquistalo davanti a loro, fagli capire che per te non è solo un gioco…”
Avrebbe voluto girarsi, chiederle spiegazioni, ma così come era arrivata la donna era già scomparsa tra la folla.

Curt stava cercando di liberarsi da un paio di giornalisti particolarmente fastidiosi quando un bicchiere di cristallo fu posto davanti a lui, sorretto da dita lunghe e affusolate. Non poté fare a meno di sfiorarle per prendere ciò che gli veniva offerto. Un braccio si appoggiò possessivo alla sua vita, accarezzandolo e cingendolo allo stesso tempo.
I giornalisti sui scambiarono occhiate perplesse e ammiccanti. Tutti sapevano che stava succedendo qualcosa sotto i loro occhi, ma non riuscivano a capire che cosa fosse.
Curt era rigido in quello strano abbraccio, avrebbe voluto lasciarsi andare, ma era troppo spaventato per permettersi di agire senza pensare come accadeva spesso. L’istinto era una gran cosa, ma in quel momento preferiva negarlo, meno problemi e soprattutto meno dolore, almeno sperava.
La mano che non era ferma sul suo corpo gli sollevò il mento. Non aveva mai visto gli occhi di Brian brillare in quel modo, accesi da una luce che non riusciva a riconoscere.
“Ce ne andiamo?”
Una domanda soffiata sulle sue labbra, che fece scorrere brividi lungo la schiena dell’americano. Avrebbe voluto divincolarsi, scappare da quel calore che rischiava di intrappolarlo per sempre, più intossicante di tutte le droghe che aveva provato, ma non poté fare altro che rispondere di sì, che andava bene scappare, anche se avrebbe voluto significare farlo davanti a tutti quegli sciacalli.
Brian lo condusse verso la porta, senza fare troppa attenzione a quello che gli altri sussurravano o chiedevano. La sola cosa a cui faceva attenzione era non lasciare andare Curt. Lo stringeva come a volerlo nascondere agli occhi di quelli sconosciuti, che non avrebbero mai capito la sua complessità.
Voleva allontanarlo da tutto e tutti, per averlo solo per sé, come uno splendido gioiello che si desiderava tenere in cassaforte, affinché nessun ladro possa toccarlo.
Curt era sorpreso e confuso. Nessuno si era mai comportato in quel modo con lui, non era abituato ad essere trattato come qualcosa che avesse valore; non sapeva che cosa fare, così lasciò che fosse l’altro a fare tutto.
Si lasciò portare fuori dall’albergo, fino alla macchina che li stava aspettando. Non fece caso al fatto che Brian scambiasse qualche parola con l’autista prima che questi si allontanasse.
Si mise lui stesso alla guida, mentre l’americano prendeva posto accanto a lui, senza domandare niente.
Per la prima volta si sentiva al sicuro, non gli importava che l’altro gli dicesse dove stavano andando, sapeva che non gli avrebbe fatto del male, e questo era molto di più di quanto si fosse aspettato a quel punto della vita.

Non passarono da casa, Brian prese l’autostrada e continuò a guidare per ore, tranquillo, mentre il silenzio che li aveva accompagnati fin dalla partenza si tramutava sotto i suoi occhi da freddo e imbarazzato a rilassato e tranquillo.
Avevano tutto il tempo del mondo per parlare, lontani dai riflettori, dal gruppo e da tutti coloro che sembravano impazzire tutte le volte che loro cercavano un po’ di pace, da soli.
Il paesaggio cambiava velocemente sotto gli occhi di Curt. Dalla città erano passati alla periferia, piena di case troppo alte e grigie per essere belle, poi ancora erano passati da una zona ricca di villette a schiera, tutte uguali tra di loro, fin troppo pulite all’esterno per non nascondere qualcosa.
Il bello di Londra era che sotto la neve appariva quasi pulita.
Avevano lasciato anche quella zona per ritrovarsi in aperta campagna. La neve che ricopriva il niente più assoluto e poche case, lontane tra loro, con le finestre accese e le luci natalizie ancora visibili erano l’emblema della calma.
Sì, decisamente Brian aveva ragione quello spettacolo gli piaceva, lo rendeva tranquillo.

La casa di Mandy era in mezzo ad un bosco, gli alberi carichi di neve minacciavano di spezzarsi, ma Curt sapeva che non sarebbe successo, tutto era silenzioso, l’unico rumore era creato dai loro passi che affondavano nella neve fresca.
Brian aprì la porta del piccolo chalet e Curt fu sorpreso nel sentire un piacevole tepore.
Nel camino di quello che doveva essere il salotto il fuoco era acceso.
Brian chiuse la porta alle loro spalle, lasciando fuori da quel luogo la tempesta che presto si sarebbe scatenata. Fortunatamente era riuscito a guidare in maniera abbastanza veloce, l’idea di passare la notte in macchina in mezzo ad una tormenta non lo entusiasmava più di tanto.
“Mandy ha chiesto ad un vicino di accendere il fuoco… altrimenti saremmo congelati qui dentro!”
Curt si tolse la giacca che aveva addosso e dopo averla abbandonata sul divano si sedette davanti al camino, tendendo le mani verso le fiamme.
Brian lo raggiunse dopo qualche tempo, con in mano due tazze fumanti.
L’odore della cannella e dei chiodi di garofano ben presto riempì la stanza.
Bevvero in silenzio, aspettando che il vino caldo e il fuoco cancellassero dalle loro ossa il freddo e la stanchezza.
Curt non aveva mai pensato che la stampa potesse essere stancante, ma da quando aveva seguito Brian si era dovuto ricredere, stare ventiquattro ore su ventiquattro sotto i loro occhi poteva essere una tortura.
Il tappeto su cui erano seduti era spesso, e comodo, e diventava sempre più invitante, mano a meno che l’alcool già bevuto si univa con quello che ancora stava bevendo. Posò la tazza e si stiracchiò come un grosso gatto, per poi sdraiarsi, con la testa sorretta da una mano.
Guardava Brian guardarlo, poi sorrise e lo invitò a fare altrettanto, non sapeva se era il vino a trasmettergli quella pace, ma forse era solo la presenza di Brian.

L’inglese si distese accanto a Curt dopo aver afferrato il plaid che era stato abbandonato sul divano.
Gli occhi di Curt erano belli, e le labbra piegate in un lieve sorriso invocavano di essere baciate.
Lo fece, senza pensare ad altro. Si piegò verso il biondo e lo baciò. In un primo momento non sentì risposta, poi le labbra di Curt si schiusero, permettendo alla sua lingua di esplorarle e di immergersi poi nella bocca dell’altro. Assaggiò il sapore del vino aromatizzato e dello champagne che aveva bevuto, e dietro questi sapori assaggiò per la prima volta il sapore di Curt.
La lingua dell’americano era morbida e dolce, maliziosa nel suo lappare quella di Brian e ritirarsi prima che l’inglese potesse approfondire quel contatto.
Brian fece scorrere una mano ad accarezzare il petto di Curt, voleva disperatamente sentire il calore della sua pelle.
Cercò di sollevare i lembi della camicia che l’altro indossava ancora, ma quando stava per raggiungere la sua carne Curt scattò come una molla e in meno di un secondo fu in piedi, ad una distanza di sicurezza da Brian che lo fissava allibito.
“Scusami io non volevo… non so che cosa…”
Curt lo guardava con occhi sbarrati.
Sapeva che sarebbe successa una cosa del genere, che se fossero stati soli sarebbe stato inevitabile, ma solo quando aveva sentito la mano di Brian cercare l’accesso al suo petto si era reso conto che avrebbe dovuto rivelare cose che voleva disperatamente tenere per sé, perché se l’altro le avesse sapute se ne sarebbe andato via schifato e lui sarebbe rimasto nuovamente da solo, e non sapeva più se era in grado di vivere in quel modo.
Brian si era alzato a sua volta e lentamente lo stava raggiungendo. Vedeva che Curt tremava e sperava di non aver rovinato tutto.
“Che cosa succede Curt? Che cosa c’è che non va?”
L’americano guardava lui e la stanza, facendo vagare lo sguardo ovunque, come un animale in trappola che non si arrende all’idea di essere perduto e cerca disperatamente una via di fuga inesistente.
Brian si fermò a pochi passi da lui, aspettando una risposta.
Curt non sapeva che cosa fare, non riusciva a capire perché lo sguardo di Brian fosse preoccupato e non riusciva neppure a capire se stesso, perché sapeva che avrebbe parlato, sapeva che avrebbe aperto la bocca e avrebbe detto tutto.

“Io… ci sono cose che devi sapere prima… prima di tutto…”
Brian annuì piano, pronto ad ascoltarlo.
Lo vide camminare nuovamente verso il camino e sedersi davanti alle fiamme scoppiettanti.
Brian lo fissava quasi stranito, in quella figura che aveva portato le ginocchia al petto e le aveva strette con le braccia non riconosceva il Curt Wild che saltava sul palco come un folle, ma forse per la prima volta riusciva a intravedere il Curt che era stato e che adesso veniva tenuto nascosto per non essere più ferito.
Si sedette accanto a lui e aspettò che l’altro fosse abbastanza a suo agio per parlare.

“Che cosa sai di me Brian?”
L’inglese rimase un istante perplesso prima di rispondere.
“So quello che si dice in giro, che… che sei stato sottoposto ad elettroshock, che te ne sei andato di casa presto e che hai condotto una vita abbastanza selvaggia, fatta di sesso e droghe… e ovviamente so che sei uno dei migliori artisti che mi sia mai capitato di sentire…”
“Dunque non sai un paio delle cose più importanti Brian, cose che non ti piaceranno, che ti faranno scappare via da qui non appena le avrai sentite!”
“Non è così facile impressionarmi Curt… e prima di dire che cosa farò mettimi almeno alla prova, dammi una possibilità di dimostrarti che a te ci tengo veramente, che non mi importa di che cosa sia successo prima…”
Sembrava sincero, ma Curt aveva imparato a sue spese che molto spesso l’apparenza inganna.
“Sono andato via di casa presto, ma se fossi stato furbo lo avrei fatto molto prima. Io sono nato per errore Brian, mio fratello maggiore aveva sedici anni quando sono nato e i miei genitori non hanno mai fatto mistero di questa cosa. Non mi volevano e me lo hanno pienamente dimostrato, chi con l’indifferenza, chi con maniere molto più spicce e segni molto più evidenti…”
Brian tremò in attimo. La sua vita non era stata entusiasmante, ma nessuno in casa sua aveva mai osato alzare una mano contro di lui.
“Poi il loro adorato e perfetto figlio cominciò a comportarsi in maniera strana. Non accettava che qualcuno mi si avvicinasse e per mia madre questo fu un sollievo, non sarebbe stata costretta a perdere tempo con me. Mi affidò a lui completamente, dimenticandosi della mia esistenza. Solo che Aaron non era perfetto come loro credevano. Si infilava nel mio letto, mi toccava in maniera strana e tutte le volte che ero sotto la doccia trovava una scusa per entrare in bagno o per essere presente tutte le volte che mi cambiavo, nella camera che dividevamo. Il giorno del mio dodicesimo compleanno mi dimostrò pienamente che in casa c’era almeno una persona che mi amava, e credimi, avrei fatto volentieri a meno di una dimostrazione del genere. Lui era un fottuto adulto ed io un ragazzino che non aveva mai neppure giocato con il proprio corpo. Fece dannatamente male, dall’inizio alla fine, e fece dannatamente schifo. Quando nostra madre scoprì quello che succedeva in camera non fece discorsi, decise che era colpa mia, non poteva essere altrimenti, e d’accordo con il medico mi fece rinchiudere in un manicomio, in attesa di essere sottoposto ad un ciclo di elettroshock. Non ricordo neppure quanti dovevano essere all’inizio. La sola cosa che ricordo è che Aaron era lì quando l’infermiera cominciò a prepararmi la prima volta. Mi ricordo che avevo paura, ero letteralmente terrorizzato…”
Il tremore del suo corpo era aumentato, mentre le lacrime scorrevano sul suo viso senza tregua.
Brian avrebbe voluto urlare, prenderlo tra le braccia e cullarlo fino a ché tutto il dolore e la paura che doveva aver provato non trovassero un modo per abbandonare il suo corpo. Non fece niente, continuò ad ascoltarlo, mentre il cuore minacciava di spezzarglisi sotto il peso di quelle parole.
“Quando misero gli elettrodi mi immobilizzai, come se avessi realizzato solo in quel momento che stava accadendo davvero, che non era un incubo dal quale mi sarei svegliato. Gridai, nonostante il bavaglio che avevo e il cloroformio che mi avevano dato per farmi addormentare. Gridai così tanto che credetti non sarei più riuscito a parlare. Tu…tu non puoi immaginare il dolore che si prova, diverso da tutti gli altri… e loro erano lì, e mi guardavano… e non facevano niente per fermare quello che stava succedendo…”
Stava singhiozzando, ma non poteva fermarsi adesso, non ora che gli argini dentro cui aveva tenuto il suo passato si erano rotti.
Questa volta Brian non riuscì a stare fermo. Lo attirò a sé, lo strinse tra le braccia e lo cullò, facendogli sentire la sua presenza.
Curt si attaccò a lui come se fosse il solo modo che aveva per non essere sommerso dai ricordi.
Stettero in silenzio a lungo, mentre Curt cercava di trovare il modo per riprendere un minimo di controllo e poter continuare a parlare.
“Mi dimisero dopo diciotto mesi…non volevo tornare a casa, ma tutto era meglio di quell’ospedale. A casa ho…ho cominciato a… a…”
Ancora una volta non riusciva a trovare le parole per spiegare i tagli e le ferite che si era inferto.
Sempre sostenuto da Brian si sganciò i primi bottoni della camicia e spostò la stoffa in modo che l’altro potesse vedere quello che lui non aveva parole per descrivere.
Sentì che Brian tratteneva il fiato e si aspettava che lo lasciasse, che lo scansasse in modo tale da poter alzarsi e andarsene, ma tutto quello che accadde fu che la stretta di Brian divenne ancora più serrata.
“Era… era per vedere se ero ancora vivo, a volte non riuscivo a ricordarlo… non sentivo più niente, non provavo più niente. Né rabbia per quello che mi era stato fatto, né odio nei confronti di una madre che non mi aveva mai amato o di un padre che mi aveva sempre toccato solo per massacrarmi. Non riuscivo più neppure a provare ribrezzo per quello che mi faceva Aaron…”
Brian piangeva liberamente adesso.
“Me ne sono andato e ho cominciato a vivere come un cane randagio… quello che guadagnavo con la musica lo spendevo in droga… scoprii che era il solo modo per non pensare alla mia vita e mi persi in quelle sensazioni che poteva regalarmi. Non me ne fregava niente se erano finte, se mi distruggevo tutte le volte che mi infilavo un ago in vena. Non me ne fregava niente. Andava bene così…”
Non si era mai sentito così stanco in tutta la sua vita.
Non riusciva neppure a credere di aver parlato così tanto della sua infanzia, di tutto quello che era successo in una casa americana come tante, con il giardino e la sua bella facciata di rispettabilità.
Sentì le labbra di Brian sulla fronte e si sentì nuovamente un bambino, ma non abusato, per la prima volta si sentì un bambino felice.
“Non permetterò che la merda che c’è nel tuo passato ti finisca addosso un’altra volta… io non sono bravo a mantenere le promesse, ma questa volta farò di tutte perché le cose vadano diversamente.”
Gli occhi grigi di Curt, arrossati dalle lacrime, lo fissavano come se fosse la prima volta che lo vedevano.
“Se me lo permetti cercherò di amarti… non ti prometto che sarà sempre facile, con me niente lo è, ma voglio provare a renderti felice…”
Curt sorrise.
Davvero Brian non sapeva che lo stava già facendo? Che il solo essere rimasto lì per lui lo rendeva indispensabile?
Annuì lo stesso quando si rese conto che l’altro comunque aspettava una risposta da parte sua, e vide il viso di Brian illuminarsi mentre gli sorrideva.
Aveva un sorriso bellissimo in quel momento, vero, non come quelli che regalava alla stampa o alle sue ammiratrici, quel sorriso era solo per lui e Curt lo avrebbe conservato tra i ricordi belli, quelli che non avrebbe mai ceduto, per niente al mondo.
Il calore delle braccia di Brian ancora strette intorno al suo corpo, il fuoco che ardeva nel camino e il plaid che Brian aveva ripreso si unirono presto alla spossatezza di Curt. Gli occhi gli si fecero pesanti, come se le sue palpebre fossero state fatte di piombo. Si rannicchiò ancora di più, come a voler scomparire nel calore del corpo di Brian e si addormentò, mentre l’altro lo cullava.

Alcuni raggi di un timido sole entrarono dalla finestra davanti alla quale nessuno la sera precedente aveva tirato le tende.
Curt cercò di ignorarli, ma alla fine si decise ad aprire gli occhi. L’aria intorno a lui era più fresca di come la ricordava, la legna che ardeva nel camino doveva essersi consumata durante la notte.
Improvvisamente tutto quello che era successo la sera precedente gli tornò alla mente. Si girò di scatto, sicuro che avrebbe trovato il niente accanto a lui, ma fu accolto da due occhi caldi che lo guardavano con dolcezza.
“Buongiorno!”
Curt si stropicciò gli occhi prima di rispondere, nella stessa maniera in cui avrebbe fatto un bambino.
“Buongiorno…sei ancora qui dopo tutto…”
Brian aveva capito che avrebbe sempre dovuto fare i conti con l’insicurezza di Curt e sorrise più a se stesso che all’americano.
“Non c’è altro posto in cui vorrei essere mio splendido folle!”
questa volta fu il turno di Curt di sorridere, possibile che quell’inglese pieno di sé fosse la sola persona che riusciva a rendere la parola folle dolce come il miele? E possibile che fosse stato proprio lui a fare un pensiero del genere?
“Che vuoi per colazione? Mandy si è accertata che non morissimo di fame per tutto il tempo che decideremo di restare qui…”
“Forse non moriremo di fame, ma se ti metti ai fornelli rischiamo l’avvelenamento!”
Brian mise un finto broncio che fece impazzire Curt.
“Facciamo così, tu mi dici che cosa vuoi e io preparo!”
Curt se la cavava sicuramente meglio di lui ai fornelli, probabilmente anche in virtù del fatto che aveva dovuto cavarsela da solo per buona parte della sua vita mentre lui era stato servito e riverito anche quando non era una star famosa a livello mondiale.
“Dove hai imparato?”
“In giro, non mi ricordo esattamente dove. So solo che se volevo mangiare me lo dovevo preparare…”
Curt mise nel piatto di Brian quello che aveva preparato e una ciotola con della frutta tagliata.
L’inglese all’inizio sembrò perplesso, ma fu piacevolmente colpito nello scoprire che in fin dei conti il sapore era veramente buono.
Gli sorrise e l’altro fece lo stesso. Era la prima volta che cucinava per un'altra persona e non aveva la più pallida idea di come uno come Brian avrebbe risposto alla sua cucina che non era certo raffinata.

Immediatamente dopo colazione Brian mise in mano a Curt la sua chitarra.
“Suonami qualcosa Curt, qualcosa che non ho mai sentito…”
“Come fai a sapere che c’è qualcosa di me che non hai mai sentito?”
La sola risposta fu un sorriso enigmatico.
Cominciò a suonare qualcosa che risaliva a molto tempo prima, alla prima volta che i suoi occhi si erano posati su un ragazzo vestito in maniera strana, con lunghissimi capelli castani e una bellezza talmente femminile che faceva sparire tutti quelli che gli stavano intorno.
Non aveva mai detto a Brian che si ricordava di quella notte, era una cosa strana anche per lui, che non succedeva spesso, ricordarsi di una persona con cui non aveva mai neppure parlato.
Brian lo ascoltava rapito e dette mille e mille volte dell’idiota a Jerry, non aveva la più pallida idea di che cosa avesse per le mani, lui che si vantava di poter scovare del talento anche in una pietra.
Quando Curt finì di suonare Brian rimase in silenzio. Non succedeva spesso che la musica di un altro lo rapisse in quel modo, ma l’americano sembrava conoscere ogni suo punto debole e il modo in cui aveva modulato la voce lo aveva eccitato talmente tanto che adesso tutto quello che voleva era riprendere il controllo su se stesso. Possibile che l’altro non si rendesse conto del suo potere? Lui, Brian Slade, abituato ad avere tutti ai suoi piedi, si trasformava in una ragazzina senza spina dorsale tutte le volte che Curt era presente. Poteva distruggerlo, distruggere tutto quello per cui aveva lottato per cui non aveva esitato a ferire se stesso e le persone che avevano avuto la sfortuna di stragli accanto, e non se ne rendeva neppure conto. Non aveva mai conosciuto una persona naif come Curt, e adesso cominciava a credere che non ne esistessero altre sulla faccia della terra, ad eccezione forse dei bambini.

Si riprese da quelle considerazioni e gli dedicò uno dei suoi rari sorrisi, di quelli veri, che Curt stava cominciando ad amare.
Gli porse la mano e lo aiutò ad alzarsi da terra. Buffo constatare come non avessero ancora usato una sedia o i divani, ma avessero sempre preferito i caldi tappeti.
“Che ne dici di un bagno caldo?”
Curt lo guardò sospettoso.
“Mandy adora trattarsi bene. Questo è il suo santuario, e siamo stati fortunati che abbia deciso di cedercelo per un po’…”
“Fai strada…”
A parte la cucina e il salotto non aveva la più pallida idea di come muoversi in quello chalet, fatto in maniera così diversa dalle baite di montagna americane.
Il bagno non era tanto grande, ma ci si poteva stare comodamente in due, e la vasca sembrava decisamente invitante.
“L’acqua la preferisci molto calda o tiepida?”
“Molto calda… io ho sempre freddo, dovresti saperlo!”
Era vero, Curt era capace di stare vestito anche sotto le coperte a volte, come se il suo corpo non riuscisse mai ad abituarsi.
Brian fece scorrere l’acqua e aspettò che la vasca si riempisse prima di cominciare a spogliarsi.
Curt sembrava titubante a fare altrettanto, ma ormai non aveva più niente da nascondere, se non ricordava male la sera precedente aveva fatto vedere a Brian il suo petto. Lasciò che la camicia cadesse ai suoi piedi a creare una pozza di seta nera e presto la fece raggiungere anche dai pantaloni.
Brian ghignò quando si rese conto che l’altro non indossava niente sotto la pelle.
“Sembra che a te non dispiaccia avere la pelle a contatto con la pelle…”
“Io adoro il contatto di pelle e pelle…”
Non riusciva a capire neppure lui da dove gli fosse venuto il tono malizioso con cui aveva pronunciato quelle parole.
Brian guardava Curt, il suo corpo, così diverso dal suo, maschile e fragile allo stesso tempo. Pensò per un istante a tutto il male che doveva essergli stato fatto, a mani cattive che lo ferivano e dita falsamente dolci che spargevano sale su quelle ferite.
Nessuno, nessuno mai avrebbe più dovuto fargli del male.
Curt guardava Brian, il suo corpo, emblema di una bellezza che aveva letto solo nei libri, delicato e forte allo stesso tempo, trasudante un fuoco che a volte forse non riusciva a trattenere, così tanta voglia di vivere che a volte Curt se ne sentiva contagiato.
Si sorrisero ed entrarono nella vasca prima che l’acqua diventasse troppa.
Brian appoggiò la schiena al bordo, accogliendo Curt tra le sue gambe, la schiena dell’americano premuta contro il suo petto e la testa bionda appoggiata ad una sua spalla.
L’acqua calda arrossava leggermente la pelle pallida di Curt, mentre un gemito di piacere sfuggiva dalle sue labbra socchiuse. Con gli occhi chiusi e la testa leggermente reclinata all’indietro era la cosa più bella che Brian ricordasse di aver mai visto, e probabilmente Curt neppure se ne rendeva conto.
“Sei bello sai?”
Curt non aprì neppure gli occhi, non ci credeva affatto, tra loro era Brian ad essere bello, era quello che doveva esserlo, a lui non importava, ma trovava carino che l’altro gli avesse detto una cosa del genere, decisamente non era abituato a ricevere dei complimenti.

Dovette aprire gli occhi quando sentì mani delicate, ricoperte di qualcosa di morbido cominciare ad accarezzargli il petto, un forte odore di muschio bianco percepibile nell’aria.
Vide le mani di Brian scorre sul suo petto, lasciando una scia di schiuma profumata.
Brian lavò e accarezzo ogni centimetro di pelle che riusciva a raggiungere. Il petto, le braccia, il collo, niente fu tralasciato.
Curt cominciò a spingersi indietro, muovendosi lentamente contro il petto di Brian, come se gli fosse impossibile restare fermo sotto quelle carezze delicate come ali di farfalla.

Curt lo stava facendo impazzire, il suo spingersi contro il suo corpo, il suo fare le fusa come un gatto contento, non, non contento, deliziato delle attenzioni ricevute, la pelle liscia e calda che si tendeva sotto le sue carezze per poi rilassarsi, tutto gli stava facendo perdere il controllo. Sentiva il suo sesso risvegliarsi, e anche se aveva paura di andare troppo veloce, di spaventare Curt non poteva fare niente per evitarlo. Tutto quello a cui riusciva a pensare era quanto bella fosse la sensazione di avere Curt tra le braccia e questo non faceva che aumentare il fuoco che sentiva divampare dentro di lui.

Curt sentiva chiaramente che Brian si stava eccitando, sentiva il suo sesso farsi sempre più duro e premere contro le sue natiche.
Fece scorrere le dita ruvide a causa delle corde della sua chitarra lungo le gambe dell’altro che lo circondavano.
Si soffermò sulle caviglie sottili accarezzando e graffiando la pelle sensibile, ma l’attenzione maggiore fu riservata alle ginocchia, al loro retro, lo stuzzicò solleticandolo piano, ora solo con le unghie ora con i polpastrelli.

Brian fece scendere le mani sotto la superficie dell’acqua, fino al sesso di Curt, lo strinse e cominciò a muovere il pugno su e giù, velocemente, portandolo alla follia e poi rallentando, facendolo impazzire.
Curt non era mai stato oggetto di così tante attenzioni, non riusciva più a capire se fosse il calore dell’acqua a farlo volare oppure la mano di Brian su di sé.
Girò la testa guardandolo negli occhi, chiedendo disperatamente un bacio che ricevette presto.
Le mani di Brian non ci misero molto a farlo venire.

Il respiro affannoso di Curt, il suo disperato tentativo di riottenere il controllo su se stesso non fecero altro che aumentare l’eccitazione di Brian. Le sue mani risalirono oltre la superficie dell’acqua, ne poggiò una sul petto di Curt, sul suo cuore e seppe che era stato lui a farlo battere così forte.
Curt aveva ancora la testa appoggiata alla sua spalla, le sue labbra, arrossate dal bacio appena condiviso erano invitanti come fragole mature.
“Fai… fai l’amore con me!”
Non riusciva neppure lui a capire da dove avesse tirato fuori quelle parole. Erano passati anni da quando il Curt Wild che avrebbe anche potuto parlare in quel modo, arrossire perfino, era morto, o almeno così aveva creduto fino a quel momento.

Brian lo abbracciò, lo tenne stretto a sé, non riusciva a capire che cosa quelle parole avevano risvegliato in lui, non si era mai sentito così, non aveva mai creduto che una richiesta così semplice, anche ingenua forse, sarebbe riuscito a togliergli la parola.
Portò ancora una volta le mani sotto l’acqua, accarezzò la vita di Curt, baciò il suo collo esposto, mordicchiandolo appena, succhiò uno dei suoi lobi quando una delle sue mani raggiunse il sedere dell’altro.
Accarezzò quella parte sconosciuta di lui, con attenzione, mordendosi le labbra quando sentì gemiti di incoraggiamento provenire dalla gola di Curt.
Scivolò nell’apertura tra i suoi glutei sodi, fino a raggiungere la sua entrata. Non sentì alcuna resistenza da parte di Curt, ma si prese ugualmente il suo tempo per imprimersi nella mente la sensazione di essere così vicino a Curt anche fisicamente e non solo musicalmente.
Lo penetrò piano, con un solo dito, e seppe di aver fatto la scelta giusta quando sentì l’altro muoversi a disagio. Cercò di fare attenzione, di massaggiare i muscoli a lungo prima di aggiungere un secondo dito.
Curt sembrava apprezzare quello che gli stava facendo.
Lo stava accarezzando da alcuni minuti ormai e si sorprese di scoprire che con Curt era piacevole anche fare una cosa del genere. Con nessun altro dei suoi amanti aveva mai perso tanto tempo, e non lo aveva mai rimpianto, come non lo rimpiangeva adesso. Quello che stava provando era così dannatamente diverso da tutto quello che aveva sperimentato prima che quello strano americano completamente folle entrasse nella sua vita.
Solo quando Curt lo pregò per avere di più decise che per quanto piacevole era arrivato il momento di smettere quella tortura.
Aiutò l’altro a sollevarsi appena, ad appoggiarsi meglio contro il suo petto, per avere supporto, e si spinse lentamente in lui, aiutato dall’acqua.
Curt gridò, ma non c’era dolore nella sua voce, solo piacere e lussuria allo stato puro.
Afferrò il bordo della vasca disperatamente mentre Brian si spingeva in lui, ritmicamente, dentro e fuori, dentro e fuori, in una danza che lo stava conducendo verso la pazzia vera, quella dalla quale nona avrebbe mai voluto guarire.
Solo quando venne nel corpo di Curt, si rese conto che anche l’altro aveva fatto lo stesso.

Curt non si era mai sentito così vivo come in quel momento, con Brian ancora dentro di lui, appoggiato alla sua schiena, il suo turno di cercare di riprendere il controllo.
Lo sentì uscire lentamente, come se rimpiangesse di doverlo fare, e sicuramente Curt lo rimpiangeva, il non poter stare così per sempre.

L’acqua ormai si stava raffreddando e Brian aiutò Curt ad uscire dalla vasca, coprendolo con un grande asciugamano, prima che il freddo avesse la meglio su di lui, e l’americano fu piacevolmente colpito nel constatare che l’altro faceva di tutto per toccarlo, sfiorarlo, ogni singolo istante, anche quando non aveva il minimo motivo per farlo.

Dopo essersi vestiti si sedettero ancora davanti al camino, e parlarono di tutto e di niente per ore.
La rivelazione di Curt, il loro fare l’amore, dolcemente, lentamente, come nessuno dei due aveva mai fatto prima, li aveva avvicinati.
Li aveva resi due corpi che condividono una sola anima, separati sarebbero come morti, ma insieme erano perfetti.
Brian pensò che doveva assolutamente ricordarsi di ringraziare Mandy, e non solo per la baita, mentre abbracciava Curt e gli accarezzava i capelli impassibilmente morbidi e aspettava che il sonno avesse la meglio su entrambi.

FINE