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zoo de roma

By: heidiesse
folder Italian › Originals
Rating: Adult +
Chapters: 10
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Disclaimer: This is a work of fiction. Any resemblance of characters to person(s) living or dead, is purely coincidental. The author holds exclusive rights to the work.
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"grondo sangue come i quarti di bue sui ganci."


[1] "grondo sangue come i quarti di bue sui ganci."

la mattinata trascorreva tranquilla. paralizzato su di una sghemba sedia in legno, nell'ampio atrio del tribunale minorile, immaginavo di dissanguarmi. se solo mi fossi azzardato ad abbandonare quella posizione la testa mi si sarebbe certamente riempita di sangue coagulato ed avrebbe cominciato a gonfiarsi sempre più, fino al cruciale raggiungimento del limite, per poi scoppiare in mille carnosi frammentini sanguinolenti, imbrattando pareti e finestre con le mie unte e viscose cervella. "scusa, hai un secondo?" un tizio pallido e smunto mi si era fatto vicino e continuava a fissarmi con fare insistente affinchè io rispondessi al suo richiamo. preso com'ero dalle mie allucinazioni non mi ero precedentemente accorto della sua presenza, così mi affrettai a replicargli: "scusa, non vedi che sto spacciando?" lui, facendo finta di non sentire, attaccò spedito un soporifero monologo a proposito dei diritti animali e continuò inarrestabile a blaterare i suoi biechi propositi, in quella febbrile maniera, per un'abbondante decina di minuti, finchè fece il proprio ingresso nella sala una donna, che cominciò anch'essa a parlare, facendo si che il mio cervello smettesse automaticamente di registrare dati, come spesso mi accadeva in simili casi. non appena se ne fu andata interruppi il tizio dicendo:"sai una cosa? non mi hai convinto" quello si zittì all'istante mutando in un batter d'occhio il proprio atteggiamento. forse per aver riconosciuto il mio volto dalle foto appese ai muri, dedussi, invece costui mi si avvicinò ancor più alla cavità uditiva farfugliandomi di aver aver cambiato idea e di desiderare un pò d'erba. sapevo che il mio sacchetto di roba era prudentemente nascosto sotto quello destinato al cestino per l'immondizia, al gianicolense, lontano da occhi indiscreti, alchè decisi di rimandare l'incontro per quel pomeriggio, gesticolandogli veloce le mie intenzioni. avevo ancora troppo timore per alzarmi dalla sedia. lui si dimostrò sorprendentemente concorde, difatti, oltrepassando l'uscita, voltò la propria scheletrica mano in segno di saluto verso la mia direzione. io trascorsi ancora un paio d'ore nel sanguinolento limbo del panico, senza osare muovermi da lì, attendendo impaziente che l'acido esaurisse il proprio allucinogeno effetto. poi udii l'inconfondibile scoppiettare intermittente e balordo della motoretta truccata di sciotto e fui costretto a sollevarmi di peso, arrancando con le mani i braccioli. muovendo qualche incerto passo riuscii a trascinarmi all'esterno, verso il parcheggio, con estrema lentezza. una volta raggiunta la sterminata selva di auto assopite sollevai cauto le braccia intorpidite al cielo ed affondai le macchiate unghie tra i miei mossi e sporchi capelli castani, incredulo. non mi era successo niente.


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